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  Scheda  
21 Ottobre 2025


Per la Corte penale internazionale l’Italia ha violato gli obblighi di cooperazione per via della mancata consegna del libico Almasri all’Aia

International Criminal Court, Pre-Trial Chamber I, 17 ottobre 2025



1. Pochi giorni dopo la decisione della Camera dei deputati di negare l’autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro della giustizia Carlo Nordio, del Ministro dell’interno Matteo Piantedosi e del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Alfredo Mantovano, la Camera preliminare I della Corte penale internazionale (Cpi) ha ritenuto sussistente la violazione da parte dell’Italia degli obblighi internazionali di cooperazione sanciti dall’art. 87(7) Statuto di Roma (qui il testo del provvedimento). La Cpi ha invece rimandato ad un secondo momento la decisione sul deferimento dello Stato all’Assemblea degli Stati parte (Assembly of States Parties, ASP) ovvero al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (United Nations Security Council, UNSC), sempre ai sensi dell’art. 87(7) dello Statuto. La decisione si inserisce nel procedimento avviato nei confronti dell’Italia a seguito della mancata consegna di Osama Elmasry Njeem (anche noto come Almasri), arrestato a Torino il 19 gennaio 2025, in esecuzione di una red notice dell’Interpol e del mandato di arresto emesso dalla Cpi il giorno precedente. La Camera preliminare I della Cpi aveva infatti ritenuto sussistenti “ragionevoli motivi per ritenere”, secondo lo standard probatorio imposto dall’art. 58(1) Statuto di Roma, che Almasri avesse commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità a partire dal 15 febbraio 2015 nel centro di detenzione di Mitiga, vicino a Tripoli, all’epoca dei fatti sotto il suo controllo. Il 21 gennaio la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento della richiesta del Procuratore Generale, aveva dichiarato non luogo a provvedere sull’arresto di Almasri in quanto eseguito ‘irritualmente’, in assenza di previe interlocuzioni con il Ministro della Giustizia (sui profili di criticità della decisione si veda, ex multis, qui, qui, qui, qui e qui). Almasri era stato, quindi, immediatamente rimesso in libertà e rimpatriato, in quanto soggetto pericoloso.

 

2. Il 17 febbraio 2025 la Camera preliminare aveva invitato l’Italia a depositare le proprie osservazioni sulla mancata consegna di Almasri alla Corte, così attivando le consultazioni previste dalla Regola 109 delle Regole della Corte. Nel proprio provvedimento del 21 febbraio, il Procuratore della Cpi aveva chiesto alla Camera preliminare I di dichiarare la violazione da parte dell’Italia degli obblighi di cooperazione ai sensi dell’art. 87(7) Statuto di Roma, per la mancata esecuzione della richiesta sia di arresto e consegna di Almasri, sia di perquisizione e sequestro dei materiali trovati in suo possesso. Il 6 maggio, a seguito di due proroghe consecutive del termine per il deposito (inizialmente previsto per il 17 marzo), l’Italia aveva presentato alla Cpi le proprie osservazioni. A queste erano seguite le osservazioni conclusive del Procuratore (il 25 giugno) e quelle di replica dell’Italia (il 28 luglio).

 

3. Merita ricordare che il procedimento previsto dall’art. 87(7) Statuto di Roma viene instaurato a seguito   di una presunta violazione degli obblighi di cooperazione imposti agli Stati parte dagli artt. 86-102 Statuto di Roma. Gli Stati parte allo Statuto di Roma hanno, infatti, un obbligo generale di cooperazione con la Corte, che può avanzare richieste di consegna (artt. 89-90 Statuto di Roma), arresto e consegna (art. 91 Statuto di Roma), arresto provvisorio in casi di urgenza (art. 92 Statuto di Roma) e altre forme di cooperazione (art. 93 Statuto di Roma). In caso di mancato ottemperamento a tali richieste, la Cpi può dichiarare la violazione degli obblighi imposti dallo Statuto di Roma. Il giudizio ex art. 87(7) Statuto di Roma si compone di due condizioni cumulative: i) lo Stato deve avere mancato di ottemperare alla richiesta della Cpi; e ii) la mancata cooperazione deve essere sufficientemente grave da avere impedito alla Corte l’esercizio delle proprie funzioni e dei propri poteri. A fronte della condanna dello Stato per la violazione degli obblighi di cooperazione, la Cpi può quindi decidere se deferire la questione all’ASP ovvero all’UNSC, laddove la giurisdizione della Cpi sia stata attivata mediante referral di tale organismo al Procuratore della Cpi, come nel caso della Libia.

 

4. In passato, la Cpi si è già confrontata con altri casi di mancata cooperazione nell’esecuzione delle richieste di consegna di soggetti attinti da mandato di arresto della Corte. Un esempio particolarmente significativo è costituito dalle numerose decisioni di condanna nei confronti di diversi Stati (tra i quali Giordania, Sudafrica, Ciad e Malawi) che si erano rifiutati di arrestare e consegnare l’ex presidente sudanese Omar al-Bashir, oggetto di due mandati di arresto per crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio. Più di recente, la Mongolia è stata ritenuta responsabile per il mancato arresto e la mancata consegna del presidente russo Vladimir Putin, sul quale pende un mandato di arresto della Cpi per crimini di guerra, e lo stesso è accaduto all’Ungheria nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ricercato dalla Corte per crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

 

5. La decisione della Camera preliminare I sulla violazione degli obblighi di cooperazione. – I giudici hanno ritenuto all’unanimità la condotta del governo italiano in violazione degli obblighi di cooperazione sanciti dall’art. 87(7) Statuto di Roma. La Camera preliminare ha, infatti, ricordato che l’Italia aveva ricevuto la richiesta di arresto provvisorio di Almasri già il 18 gennaio, attraverso i canali diplomatici designati. Nonostante la tempestiva esecuzione del mandato di arresto, la rimessione in libertà e il rimpatrio di Almasri avevano impedito alla Cpi l’esercizio del potere di assicurare la presenza del sospettato di fronte alla Corte, condizione peraltro necessaria per la prosecuzione del procedimento, quantomeno dopo la fase della conferma delle accuse (artt. 61 e 63 Statuto di Roma). L’Italia aveva poi omesso le necessarie consultazioni imposte dall’art. 97 Statuto di Roma nell’ipotesi di ostacoli all’esecuzione delle richieste della Corte, peraltro richieste dal Registro della Cpi tra il 19 e il 21 gennaio.

 

6. La Camera preliminare I ha quindi sottolineato il carattere contraddittorio delle ragioni addotte dall’Italia nelle proprie osservazioni. Quanto alla mancata previa interlocuzione con il Ministro della giustizia, i giudici hanno evidenziato che, ai sensi dell’art. 88 Statuto di Roma, gli Stati hanno la responsabilità di adottare procedure interne che consentano la cooperazione con la Cpi. Inoltre, la richiesta di arresto provvisorio era stata trasmessa ai canali diplomatici individuati dallo stesso Stato italiano e, ad ogni modo, inviata al Ministro della giustizia alla prima occasione possibile.

 

7. L’Italia aveva poi riferito di avere ricevuto una concorrente richiesta di estradizione dalla Libia nei confronti di Almasri e per le stesse condotte oggetto del mandato di arresto della Cpi. Sul punto, i giudici hanno ricordato che in caso di concorrenti richieste di estradizione, anche da parte di ordinamenti terzi allo Statuto di Roma, lo Stato è tenuto a notificare tempestivamente la Cpi (art. 90 Statuto di Roma). Al contrario, il governo italiano aveva sollevato tale evenienza solo il 7 maggio 2025, venendo meno anche in questo caso all’obbligo di consultazione con la Corte. Come notato dal collegio, inoltre, Almasri non era stato consegnato alle autorità libiche a seguito di una procedura di estradizione, ma aveva fatto ritorno in Libia in libertà.

 

8. Quanto ai presunti errori contenuti nel mandato di arresto, la Camera preliminare ha rilevato che si trattava di mere difformità tipografiche tra dispositivo e parte motiva, presenti nella prima versione del provvedimento ed emendate il 24 gennaio 2025. Non si trattava, invece, di errori sostanziali relativi ai crimini oggetto di imputazione né alla responsabilità individuale di Almasri, tali da inficiare la validità del mandato di arresto. La circostanza, poi, che vi fosse una opinione dissenziente al mandato, alla luce del fatto che la Cpi può prendere determinazioni a maggioranza, non poteva costituire una valida ragione per l’Italia per contestare la legittimità della decisione.

 

9. Da ultimo, i giudici hanno evidenziato la contraddittorietà della decisione di espellere Almasri in Libia, stante la sua particolare pericolosità per la commissione di gravi crimini internazionali proprio nel paese. In questo senso, l’Italia aveva omesso di fornire alla Corte informazioni tempestive su tale decisione.

 

10. La Camera preliminare I ha, a maggioranza, posticipato la decisione sul deferimento dell’Italia all’ASP ovvero all’UNSC, invitando lo Stato a presentare entro il 31 ottobre 2025 informazioni circa l’esistenza e l’impatto di eventuali procedimenti interni. La Camera preliminare ha in primo luogo ricordato il carattere pienamente discrezionale della decisione, che costituisce un rimedio volto a rafforzare l’effettività del regime di cooperazione con la Cpi. Nel caso di specie, la maggioranza del collegio ha richiamato il procedimento instaurato di fronte al Tribunale dei Ministri nei confronti dei membri del governo sopra indicati e della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La Camera preliminare ha sul punto ricordato la propria decisione di non deferire il Sudafrica all’ASP o all’UNSC, nonostante la mancata consegna di al-Bashir, alla luce di una pronuncia della Suprema Corte d’Appello che sanciva la violazione da parte del governo degli obblighi di cooperazione con la Cpi.

 

11. Inoltre, i giudici hanno evidenziato la sussistenza di condizioni che, lungi dal giustificare la condotta dell’Italia, potevano essere tuttavia rilevanti nella determinazione dell’utilità di un suo deferimento alle istituzioni internazionali, quali il carattere repentino e complesso della situazione, la confusione creata dall’intervento di diversi organi e la circostanza che si trattava del primo caso di cooperazione con la Cpi.

 

12. Sul punto, la giudice Maria del Socorro Flores Liera ha depositato una opinione parzialmente dissenziente, ritenendo insussistenti ragioni idonee a ritardare il deferimento dell’Italia all’ASP. La giudice ha rigettato l’interpretazione “estremamente ampia” del collegio circa la natura discrezionale del provvedimento e ritenuto sussistenti nel caso di specie tutte le condizioni previste dall’art. 87(7) Statuto di Roma. In particolare, la gravità della condotta dell’Italia doveva desumersi dalle conseguenze della stessa sul procedimento instaurato di fronte alla Cpi e, in senso più ampio, sul mandato della Corte di porre fine alle impunità per i più gravi crimini di interesse della comunità internazionale. La serietà delle violazioni imputate allo Stato italiano era, inoltre, evidente dalla mancata assunzione di responsabilità e volontà a cooperare con la Cpi. Da ultimo, la giudice dissenziente ha evidenziato come una decisione di non deferire la questione all’ASP si porrebbe in contraddizione con la giurisprudenza della Cpi e con gli obiettivi del regime di cooperazione imposto dallo Statuto di Roma. Il deferimento all’ASP ovvero all’UNSC costituirebbe, invece, l’unico strumento appropriato per promuovere la cooperazione dell’Italia e, più in generale, degli Stati con la Cpi.

 

13. La decisione in esame rappresenta uno snodo fondamentale nel procedimento aperto nei confronti dell’Italia per la violazione degli obblighi di cooperazione con la Cpi. Se, da un lato, la Camera preliminare si è espressa all’unanimità in termini molto netti e severi sulla mancata consegna di Almasri alla Corte, la decisione di rinviare il deferimento all’ASP ovvero all’UNSC, dando ancora una volta all’Italia la possibilità di presentare osservazioni in proposito, solleva qualche dubbio. A margine di considerazioni circa l’assenza di rimedi effettivi per le ipotesi di mancata cooperazione con la Cpi, in un momento storico di particolare messa in discussione della Corte, ci si limita a ricordare che nell’ordinamento italiano non sono, allo stato, aperti procedimenti interni volti a valutare le eventuali responsabilità individuali per la vicenda Almasri. Basti sul punto richiamare la citata decisione della Camera dei deputati di negare l’autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro della giustizia, del Ministro dell’interno e del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, diversamente dalle conclusioni della relazione del Tribunale dei Ministri ai sensi dell'art. 96 Cost. Proprio la mancanza di rimedi interni esperibili ha fondato il ricorso di una delle vittime del generale libico alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha di recente superato il primo vaglio di ammissibilità.