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04 Febbraio 2021


Le Sezioni Unite sul deposito del ricorso per cassazione in sede cautelare: un’occasione per chiarire la corretta interpretazione dell’art. 311 c.p.p.

Cass., Sez. un., sent. 24 settembre 2020 (dep. 14 gennaio 2021), n. 1626, Pres. Cassano, est. Sarno, ric. Bottari



1. Con la pronuncia in allegato, le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono state chiamate a confrontarsi su una delicata quaestio iuris concernente l’applicabilità dell’art. 582, comma 2, c.p.p. alle modalità di presentazione del ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame ovvero, in caso di ricorso immediato, del giudice che ha emesso la misura. Tale questione, come si vedrà, era già stata similmente affrontata dalle Sezioni Unite ma con specifico riferimento alla richiesta di riesame e all’appello cautelare. A ben vedere, gli snodi argomentativi e le conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite con la decisione in esame si discostano da quanto invece affermato, in precedenza, per gli altri mezzi di impugnazione delle misure cautelari previsti dal nostro ordinamento.

Il quesito sottoposto alla Corte nell’ordinanza di rimessione (già pubblicata su questa Rivista) era il seguente: «se il ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame o, in caso di ricorso immediato, del giudice che ha emesso la misura debba essere presentato esclusivamente presso la cancelleria del tribunale o, comunque, dell’organo giudiziario che ha emesso il provvedimento impugnato ovvero possa essere presentato dal difensore dell’interessato anche presso le cancellerie degli organi giudiziari, o presso l’agente consolare, dei luoghi di cui all’art. 582, comma 2, c.p.p.».

In particolare, su tale quesito si fronteggiavano due orientamenti giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento, che definiremo “formalista”, si riteneva radicalmente inammissibile la presentazione del ricorso cautelare mediante deposito presso la cancelleria di un giudice diverso da quello che aveva emanato il provvedimento impugnato[1].

Un secondo indirizzo interpretativo, maggioritario e più “sostanzialista”, si affiancava al primo stabilendo che la presentazione del ricorso cautelare per cassazione presso un giudice diverso non costituisse, di per sé, causa di inammissibilità; allo stesso tempo, tale orientamento individuava la necessità che l’atto pervenisse nella cancelleria del giudice a quo nel termine descritto dall’art. 311 c.p.p. (dieci giorni)[2].

Con la sentenza annotata, le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto optando per il secondo orientamento, affermando il seguente principio di diritto: “il ricorso cautelare per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame o, in caso di ricorso immediato, del giudice che ha emesso la misura, deve essere presentato esclusivamente presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione o, nel caso indicato dall’art. 311, comma 2, cod. proc. pen., del giudice che ha emesso l’ordinanza, ponendosi a carico del ricorrente il rischio che l’impugnazione, presentata ad un ufficio diverso da quello indicato dalla legge, sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l’atto perviene all’ufficio competente a riceverlo”.

 

2. Ma procediamo, anzitutto, ripercorrendo brevemente la vicenda processuale.

In particolare, avverso il provvedimento del Tribunale del riesame, che aveva accolto solo parzialmente la richiesta presentata da M.B., la difesa proponeva ricorso per cassazione. Tuttavia, si rileva come tale ricorso venisse depositato presso la cancelleria del Tribunale di Locri anziché di Reggio Calabria, dinanzi al quale si era svolto il giudizio di riesame. Per di più, tale ricorso perveniva al giudice che aveva emesso il provvedimento solo dopo la scadenza del termine indicato dall’art. 311, comma 1, c.p.p.

Qui, di fatto, il “principio di contrasto interpretativo” rilevato dalla III Sezione della Corte di Cassazione, che riguardava, come anticipato, il luogo presso il quale doveva essere presentato il ricorso cautelare per cassazione.

Appare opportuno evidenziare che, data la questione prospettata e il contrasto giurisprudenziale individuato, la III Sezione della Corte di Cassazione assumeva una posizione particolarmente critica nei confronti del “rigido formalismo” su cui si sono più e più volte orientati, in precedenza, gli Ermellini. Infatti, a fronte dei due orientamenti giurisprudenziali già richiamati (supra, §1), la posizione condivisa dalla III Sezione della Corte di Cassazione si poneva al di fuori di tali indirizzi, non ritenendo appunto appaganti tali approdi e proponendo «una diversa lettura sistemica della norma»[3] che, richiamando i principi del favor impugnationis, arrivava ad escludere il contenuto precettivo di cui al comma 3 dell’art. 311 c.p.p. Secondo tale interpretazione, di fatto, l’applicazione dell’art. 582 c.p.p. (che prevede la possibilità di presentare l’atto di impugnazione anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo dove le parti private e i difensori si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all’estero) non poteva essere confinata ai soli procedimenti di riesame e di appello cautelare, ma doveva, allo stesso modo, avere ad oggetto il ricorso per cassazione in materia de libertate. Più precisamente, si rilevava come il regime delle impugnazioni cautelari non potesse definirsi come autonomo o autosufficiente, e si escludeva pertanto che il mancato richiamo alle norme generali sulle impugnazioni di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p. potesse avere alcun significato preclusivo; la III Sezione della Corte di Cassazione individuava, peraltro, come in più occasioni gli stessi Ermellini avessero respinto «modalità di lettura basate sul solo criterio esegetico di tipo lessicale»[4], ed a fronte di tale principio si escludeva un’interpretazione dell’art. 311, comma 3, c.p.p. basata esclusivamente sul tenore letterale della norma. Tale interpretazione più restrittiva poteva, inoltre, rivelarsi «ingiustificatamente compressiva del diritto di difesa» e pertanto in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nonché «foriera di disparità di trattamento tra coloro i quali intendano impugnare un provvedimento cautelare in materia di libertà per saltum e coloro che, invece, si determinano per il riesame o l’appello cautelare» (in questo caso, infatti, le stesse Sezioni Unite si sono pronunciate a favore del deposito della richiesta di riesame e dell’atto di appello anche presso la cancelleria del luogo in cui si trovano, se diverso da quello nel quale il provvedimento fu emesso[5]).

A fronte, dunque, del contrasto giurisprudenziale emerso, ed aderendo ad un’opzione ermeneutica evidentemente ispirata al principio del favor rei e del favor impugnationis, la III Sezione della Corte di Cassazione rimetteva la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite.

 

3. Procedendo con ordine, appare necessario in questa sede ricostruire, sinteticamente, il quadro normativo di riferimento, al fine di comprendere le motivazioni della decisione ed il principio di diritto affermato. Proprio con questa premessa, infatti, si apre l’analisi condotta dai giudici di legittimità.

In particolare, l’”incertezza applicativa individuata nell’ordinanza di rimessione trova a fondamento un dibattuto coordinamento tra l’art. 582 c.p.p., norma generale sulle impugnazioni, e l’art. 311 c.p.p., che disciplina il ricorso cautelare per cassazione.

L’art. 582 c.p.p., come si è detto prima, prevede la possibilità, per le parti private ed i difensori, di presentare l’atto di impugnazione anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ed evidenzia inoltre che in tale caso l’atto dovrà immediatamente essere trasmesso alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Il seguente art. 583 c.p.p. aggiunge che le parti e i difensori possono proporre l’impugnazione con telegramma ovvero con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata (possibilità, tra l’altro, concessa dalla giurisprudenza anche in materia di misure cautelari per la richiesta di riesame[6]), stabilendo che l’impugnazione si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma.

L’art. 311 c.p.p., con riferimento al ricorso per cassazione avverso i provvedimenti in materia cautelare, dispone che le parti legittimate possono ricorrere entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento; entro gli stessi termini, l’imputato e il suo difensore possono proporre il ricorso per cassazione per saltum direttamente contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. In merito, invece, alla presentazione del ricorso, lo stesso art. 311, al comma 3, prevede che debba essere presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione, ovvero, in caso di ricorso diretto, in quella del giudice che ha emesso l’ordinanza[7].

 

4. La soluzione prospettata dalle Sezioni Unite rispetto a tale coordinamento fa capo alla seguente premessa: «la giurisprudenza della Corte è costante nel rimarcare l’autonomia delle modalità di presentazione dell’impugnazione indicate dall’art. 311 c.p.p. rispetto alla regola generale contenuta negli artt. 582 e 583 c.p.p.[8]». È, infatti, tale principio che porta le Sezioni Unite a disattendere, immediatamente, la diversa lettura dell’art. 311 c.p.p. proposta nell’ordinanza di rimessione.

Si richiama, anzitutto, l’art. 12 preleggi, il quale dispone l’impossibilità, nell’applicazione della legge, di «attribuire ad essa altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore». Come affermato da recente giurisprudenza[9], con riguardo al luogo di presentazione del ricorso cautelare il comma 3 dell’art. 311 c.p.p. rappresenta «un’autonoma disposizione il cui contenuto è solo in parte coincidente con la disposizione generale di cui all’art. 582 c.p.p. ». Ciò che dunque viene ribadito più volte dalle Sezioni Unite è l’evidente intento del legislatore di indicare autonome forme per la presentazione del ricorso cautelare, escludendo quindi intenzionalmente ed in maniera chiara l’applicazione della regola generale di cui all’art. 582 c.p.p., in considerazione dell’urgenza della trattazione delle questioni attinenti a tale profilo[10]. A conferma di tale intenzione, nella seconda parte del comma 3 si onera il giudice della cancelleria che riceve l’atto di curare che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente la quale trasmetterà, entro il giorno successivo, gli atti alla Corte di Cassazione.

Sempre al fine di discostarsi dall’orientamento condiviso nell’ordinanza di rimessione, le Sezioni Unite evidenziano come la scelta di aderire ad una tale lettura dell’art. 311 c.p.p. significherebbe privare la stessa norma di concreta utilità o comunque individuare una sua “non necessità” nel nostro sistema, in quanto, «nel silenzio della legge, sarebbero valsi comunque gli ordinari criteri che regolano le modalità di presentazione del ricorso in cassazione»[11]. Tale interpretazione, di fatto, renderebbe parzialmente ripetitiva la disposizione in esame, nonché priva di funzione precettiva o esplicativa, in pieno contrasto con il c.d. criterio di economicità dell’interpretazione[12].

Per quanto concerne, invece, il richiamo al principio del favor impugnationis, si afferma come tale principio non possa mai condurre ad un travalicamento dei limiti posti in essere dal legislatore, e dunque al di fuori dai «rigorosi limiti rappresentati dalla natura intrinseca del mezzo di impugnazione»[13]. Ne deriva, inevitabilmente, l’impossibilità di applicare i principi di cui all’art. 582 c.p.p. per quanto concerne il luogo della presentazione del ricorso cautelare per cassazione.

Rispetto invece alla possibile violazione degli artt. 3 e 24 Cost. e dell’art. 6 Cedu individuata nell’ordinanza di rimessione, rimarcata inoltre dalla presunta disparità di trattamento tra coloro che intendono impugnare il ricorso per saltum e coloro che invece scelgono il rimedio del riesame o dell’appello cautelare, le Sezioni Unite sottolineano come tale violazione sia esclusa a fronte della discrezionalità rimessa al legislatore in materia di modalità di presentazione dell’impugnazione. Come già affermato precedentemente, le scelte del legislatore rispetto alle specifiche ed autonome modalità di presentazione del ricorso cautelare per cassazione si riconoscono nelle ragioni di urgenza della trattazione delle questioni attinenti, e tali scelte rimangono insindacabili. La diversa disciplina della presentazione tra riesame e ricorso per cassazione non può effettivamente costituire una lesione ai principi costituzionali, rappresentando il ricorso per saltum «un’opzione aggiuntiva per la difesa, alternativa al riesame». Allo stesso modo, non è possibile ravvisare alcun contrasto con i principi del giusto processo individuati dalle fonti sovranazionali, in quanto la stessa Corte Edu riconosce ampia discrezionalità agli Stati sulle modalità di impugnazione, salvo che tali modalità non finiscano per pregiudicare il «diritto a un tribunale»[14]. Nella questione esaminata, tale compressione è senz’altro da escludere a fronte di un termine congruo che viene concesso per il ricorso cautelare per cassazione (dieci giorni).

 

5. Disattendendo e negando definitivamente validità alla posizione condivisa nell’ordinanza di rimessione, alle Sezioni Unite restava dunque la scelta di validare l’indirizzo interpretativo “formalista” oppure di propendere verso l’orientamento giurisprudenziale “sostanzialista”: in altre parole, si trattava di comprendere quale fosse la sorte dell’atto presentato presso un giudice diverso, ma pervenuto comunque entro il termine di dieci giorni presso il giudice a quo.

Richiamato dunque tale contrasto giurisprudenziale, le Sezioni Unite riconoscevano che la soluzione “sostanzialista” dovesse avere la meglio. In particolare, si stabiliva come solo l’inosservanza del termine di presentazione determinasse l’inammissibilità del ricorso, ed il luogo di presentazione del ricorso rilevasse appunto per la verifica della sua tempestività, in quanto il termine di presentazione doveva essere computato tenendo conto della data in cui l’atto materialmente perveniva nella cancelleria del giudice a quo[15].

Da tale principio di diritto, si può facilmente dedurre che il rischio della tardività del ricorso ricadrà sulla parte che lo ha presentato presso la cancelleria del giudice a quem, rischio che si concretizzerà nell’inammissibilità nel caso in cui tale ricorso non pervenisse poi entro il termine di dieci giorni presso il giudice a quo. Evidentemente, nel caso in cui l’interessato decida di non seguire le regole indicate per la presentazione dell’impugnazione – che, si ribadisce ancora una volta, imporrebbero l’obbligo di presentare il ricorso presso il giudice a quo – si assumerà il rischio che tale ricorso non venga poi trasmesso al giudice competente entro il termine previsto. Di fatto, in questo caso non potrà essere in alcun modo invocato l’obbligo di tempestiva trasmissione degli atti alla cancelleria del giudice competente, obbligo previsto esclusivamente dall’art. 582 c.p.p.

Dopo aver affermato tale principio del diritto, le Sezioni Unite rilevavano come il ricorso presentato nel caso di specie non potesse che essere inammissibile, in quanto pervenuto alla cancelleria del giudice a quo oltre il termine di dieci giorni previsto dall’art. 311 c.p.p.

 

* * *

 

6. Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite si ritrovano ad affrontare ancora una volta la delicata questione di diritto che riguarda, in linea generale, il coordinamento tra la disciplina dei rimedi contro i provvedimenti privativi o limitativi della libertà personale e le norme generali sulle impugnazioni penali.

Di fatto, le stesse Sezioni Unite si erano già pronunciate in merito a tale difficile rapporto con riguardo alla presentazione della richiesta di riesame e dell’appello contro le misure cautelari personali[16], e ancor più recentemente, con riferimento alla richiesta di riesame contro le misure cautelari reali[17].

Per quanto concerne, in particolare, la prima pronuncia, le Sezioni unite avevano stabilito che «il rinvio che in tema di presentazione della richiesta di riesame l’art. 309, comma 4, c.p.p. fa alle forme dell’art. 582 dello stesso codice comprende anche il comma 2 del medesimo art. 582, secondo il quale le parti private e i difensori possono presentare l’atto di impugnazione anche nella cancelleria della pretura in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti ad un agente consolare all’estero. Una volta avvenuta la presentazione della richiesta o dell’appello in tali ultimi uffici nel termine di dieci giorni di cui al comma 3 dell’art. 309 c.p.p., è del tutto irrilevante, al fine della tempestività, che l’atto raggiunga o meno entro lo stesso termine la cancelleria del tribunale indicato nel comma 7 dello stesso art. 309 c.p.p.». Allo stesso modo, con la decisione del 2017, le Sezioni Unite stabilivano che «ai sensi dell’art. 324 c.p.p., in tema di misure cautelari reali, la richiesta di riesame può essere presentata, oltre che nella cancelleria del tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano le parti private o i difensori, diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all’estero». Risulterà dunque evidente al lettore come, in entrambe le pronunce, i giudici di legittimità avevano ammesso la possibilità di presentare la richiesta di riesame anche ad un giudice diverso da quello che aveva emesso il provvedimento (secondo quanto disposto dall’art. 582, comma 2, c.p.p.); in tali occasioni, le Sezioni Unite si erano espresse sottolineando – e ciò, si comprenderà, assume particolare rilevanza in questa sede – che l’inosservanza del termine di presentazione comportasse inevitabilmente l’inammissibilità di tale richiesta, ma che non fosse necessario, per la sua tempestività, che l’atto pervenisse entro lo stesso termine presso la cancelleria del giudice a quo[18].

Le Sezioni Unite, affrontando stavolta la questione con riferimento al ricorso cautelare per cassazione, si discostano da tale conclusioni. Le ragioni, a parere di chi scrive, risultano comunque condivisibili, se si tiene conto, specificatamente, della formulazione dell’art. 311 c.p.p.: è questa, di fatto, a condurre gli Ermellini ad una soluzione che, pur rigettando un’interpretazione fin troppo rigida della disposizione, intende valorizzare e ribadire la scelta del legislatore di stabilire autonome forme per la presentazione del ricorso cautelare per cassazione.

Più precisamente, per la richiesta di riesame delle misure cautelari personali e reali, rispettivamente l’art. 309, comma 4, c.p.p[19]. e l’art. 324, comma 2, c.p.p. operano un espresso rinvio alle forme previste dalla norma generale sulle impugnazioni di cui all’art. 582 c.p.p. Con riferimento al ricorso per cassazione, invece, l’art. 311, comma 3, c.p.p., come già sottolineato (supra, §4), rappresenta per come è formulato un’autonoma disposizione il cui contenuto è in parte coincidente con quanto previsto dall’art. 582 c.p.p., ma che a questo non fa specifico rinvio.

Tale mancato richiamo, si nota, assume per le Sezioni Unite un pregnante significato, che viene interpretato in maniera opposta rispetto a quanto invece viene affermato dalla III Sezione della Corte di Cassazione nell’ordinanza di rimessione.

In quest’ultima, infatti, il mancato richiamo delle forme previste dall’art. 582 c.p.p. si risolveva nell’applicabilità delle stesse, a fronte del principio secondo cui le eccezioni ai principi generali che governano le impugnazioni devono sempre essere espresse[20].

Le Sezioni Unite, invece, disattendono del tutto questa interpretazione, ed evidenziano che il legislatore, non effettuando tale richiamo, aveva inteso appunto limitare la regola generale per la presentazione del ricorso per cassazione, rivisitandola a ragione di maggiore efficienza e tempestività della trattazione. La disposizione appare infatti più che chiara in merito alle modalità e al luogo ove tale ricorso dovrà essere presentato, e non potrà essere interpretata altrimenti[21].

Sebbene l’inapplicabilità dell’art. 582 c.p.p. trovi giustificazione, stavolta, nel mancato richiamo della norma all’art. 311 c.p.p., è opportuno soffermarsi, seppur brevemente, sulle ragioni di celerità ed urgenza che secondo le Sezioni Unite legittimano l’interpretazione restrittiva dell’art. 311 c.p.p., nonché l’autonomo percorso normativo previsto per il ricorso cautelare. Di fatto, non si può fare a meno di notare che le stesse Sezioni Unite, con riferimento alla richiesta di riesame, avevano denunciato come tale argomento peccasse di illogicità e contraddittorietà[22], in quanto, al fine di assicurare la rapidità procedimentale, si finiva per rendere più difficoltosa, per la difesa, la presentazione del ricorso (dato, inoltre, il termine contenuto di dieci giorni), e dunque per realizzare una compressione di quel diritto che proprio le ragioni di urgenza cercano di attuare[23]. Appare pertanto discutibile il fatto che i giudici di legittimità, dopo aver precedentemente constatato che le ragioni di semplificazione e celerità non giustifichino un siffatto restringimento delle possibilità di tutela, facciano un passo indietro, riportando fedelmente delle argomentazioni già ampiamente confutate in altra sede[24]. Tale ulteriore considerazione, che vorrebbe in tal modo trovare giustificazione ad un’interpretazione rigorosa dello stesso art. 311 c.p.p., non persuade allo stesso modo della prima, più logica, argomentazione riportata, che si ferma nel fondare l’impossibilità di applicare l’art. 582 c.p.p. nel mancato richiamo della norma stessa nell’art. 311 c.p.p. Per quanto, dunque, le ragioni di urgenza e celerità non sembrerebbero, di fatto, poter essere sufficienti a condurre ad una soluzione che non permetta alle parti private e ai difensori di presentare il ricorso al giudice del luogo in cui si trovano, non sembra allo stesso modo potersi negare il significato preclusivo del mancato rinvio all’art. 582 c.p.p., elemento invece bastevole a determinare l’inapplicabilità della norma nel ricorso cautelare.

 

7. Appare rilevante mettere in luce un ulteriore punto su cui le Sezioni Unite si sono soffermate: nel dirimere il contrasto giurisprudenziale, i giudici di legittimità aderiscono all’orientamento interpretativo “sostanzialista”, ma ribadendo la necessità di rispettare i limiti individuati dal legislatore, limiti che si riflettono appunto nell’interpretazione dell’art. 311c.p.p., come si è rilevato nel paragrafo precedente. Tale soluzione non appare affatto inaspettata, considerando il fatto che le Sezioni Unite hanno aderito ad un orientamento ormai divenuto maggioritario, che si caratterizzava per non contrapporsi realmente al primo, più rigido, orientamento, ma si limitava a temperarne la rigidità[25].

Di fatto, ciò che accomuna l’orientamento “formalista” e l’orientamento “sostanzialista” è il principio secondo cui le specifiche modalità fissate all’art. 311 c.p.p. costituiscano evidente deroga alle norme che regolano in via generale la presentazione dell’impugnazione. Tuttavia, partendo da tale assunto, sono diverse le conclusioni a cui arrivano, in termini di ammissibilità del ricorso, i due indirizzi interpretativi.

Secondo l’orientamento “formalista”, di fatto, non è mai suscettibile di sanatoria l'inammissibilità dell'impugnazione conseguente alla presentazione della stessa in una cancelleria diversa rispetto a quella del giudice a quo[26]. A tale indirizzo, che rendeva dunque radicalmente impossibile il “recupero” dell’atto, si è poi affiancato un orientamento che rende invece possibile tale recupero: l’ipotesi prospettata da tale interpretazione prevede infatti che l’inammissibilità non si verifichi ove il ricorso, dopo essere stato erroneamente o intenzionalmente depositato presso una cancelleria diversa, venga poi tempestivamente depositato presso il giudice competente. Un’ipotesi che, in altre parole, decide di porre concreta attenzione al raggiungimento dello scopo dell’atto, secondo quanto previsto dall’art. 311 c.p.p.: se il ricorso risulta essere pervenuto entro dieci giorni alla cancelleria del giudice a quo, non vi è motivo di ritenerlo inammissibile, a prescindere da quanto verificatosi precedentemente. Sta però al ricorrente il rischio che l’atto non venga poi tempestivamente trasmesso al giudice competente. Un rischio a cui non potrà sottrarsi nel momento in cui, consapevolmente o inconsapevolmente, non seguirà le regole di cui all’art. 311 c.p.p.

In definitiva, le Sezioni Unite, nell’aderire all’orientamento “sostanzialista”, scelgono una via che potremmo definire quasi “intermedia” rispetto agli altri due indirizzi prospettati. Entro i limiti descritti dall’art. 311 c.p.p., viene osservato per quanto più possibile il principio del favor impugnationis. Le motivazioni offerte dalla pronuncia conducono, dunque, ad una soluzione che “premia” il raggiungimento dell’obiettivo del ricorrente, ma che allo stesso tempo riconosce il contenuto precettivo dell’art. 311 c.p.p. Una soluzione che sembra, finalmente, aver posto maggiore chiarezza al difficile rapporto regola-eccezione tra l’art. 582 c.p.p. e l’art. 311 c.p.p.

 

 

[1] Cfr. Cass. pen., Sez. VI, sent. 23 marzo 2017, n. 29477, Di Giorgi; Cass. pen., sez. I, sent. 17 novembre 1992 (dep. 1993), n. 4706; Cass. pen. Sez. II, sent. 20 marzo 1991, n. 2056.

[2] Cfr. Cass. pen., Sez. III, sent. 5 marzo 2020, n. 14774, Maniero; Cass. pen. Sez. VI, sent. 5 dicembre 2019, n. 435, Kurshunov; Cass. pen. Sez. II, sent. 30 novembre 2018, n. 3261, Bossi; Cass. pen. Sez. I, sent. 14 ottobre 2011, n. 6921, Nardo.

[3] Cfr. §3.2 del “considerato in diritto” della sentenza in commento.

[4] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., sent. 18 giugno 1991, n. 11, D’Alfonso, ove si affermava che «le parti private sono legittimate a presentare la richiesta di riesame e l’atto di appello presso la cancelleria del luogo in cui si trovano, se diverso da quello nel quale il procedimento fu emesso». Cfr. inoltre, Cass. Pen. Sez. Un., sent. 22 giugno 2017, n. 47374, che ha esteso tale principio anche al riesame reale. Da ultimo, cfr. Cass. Sez. Un., sent. 27 novembre 2014 (dep. 2015), n. 32744, richiamata nell’ordinanza di rimessione, secondo cui, in relazione all’istituto disciplinato dall’art. 625-bis c.p.p., si afferma il seguente principio: «le eccezioni ai principi generali che governano le impugnazioni, tra cui figurano quelle contemplate sulla presentazione degli atti, devono essere espresse».

[5] Tale principio di diritto è stato affermato in Cass. pen., Sez. Un., 11 giugno 1991, n. 11, D’Alfonso.

[6] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 11 maggio 1993, n. 8, Ferraro.

[7] Per completezza si precisa che, in materia di cautela reale, l’art. 325, comma 1, c.p.p. prevede che il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge avverso le decisioni assunte in sede di appello e di riesame e, al comma 2, che possono proporre il ricorso per cassazione direttamente contro il decreto di sequestro emesso dal giudice. Si nota, in particolare, come il comma 3 dello stesso articolo richiami l’applicazione dell’art. 311, comma 3, c.p.p.

[8] Cfr. §3 del “considerato in diritto” della sentenza in commento.

[9] Cfr. Cass. pen., Sez. I, 10 dicembre 2019, n. 4096.

[10] Come si evidenzia nella pronuncia in commento, tale interpretazione risulta, peraltro, condivisa dalla relazione illustrativa del codice, che con riferimento all’art. 311 c.p.p. e al ricorso per saltum, afferma: «(…) si tratta di un ricorso disciplinato secondo ritmi piuttosto serrati. Ciò risulta non solo dalla disciplina della sua presentazione e della conseguente trasmissione degli atti (entro il giorno successivo) alla corte di cassazione da parte dell’autorità giudiziaria procedente”.

[11] Cfr. §4.1 del “considerato in diritto” della sentenza in commento.

[12] Cfr. §4.1 del “considerato in diritto” della sentenza in commento, nella parte in cui si afferma che «il legislatore nella redazione delle norme opera evitando inutili ripetizioni, ma anche con il principio generale valorizzato dalla dottrina, secondo cui, nel dubbio, il testo normativo va, comunque, interpretato nel senso della conservazione del suo significato precettivo».

[13] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., sent. 26 ottobre 2016, n. 8825, Galtelli.

[14] Cfr. §5 del “considerato in diritto” della sentenza in commento.

[15] Cfr. §6.2 del “considerato in diritto” della sentenza in commento.

[16] Cfr. Cass. pen., Sez. Un., 11 giugno 1991, n. 11, D’Alfonso.

[17] Cfr. Cass. pen., Sez. Un., sent. 22 giugno 2017 (dep. 13 ottobre 2017), n. 47347, Pres. Canzio, Rel. Del Bonito.

[18] Non sono mancate critiche, in dottrina, all’interpretazione estensiva che dell’art. 309, comma 4, c.p.p. hanno dato le Sezioni Unite. Cfr., a titolo esemplificativo, M. Polvani, Le impugnazioni de liberate, CEDAM, Padova, 1998, p. 200: «Non può sfuggire l’opinabilità e la genericità degli argomenti addotti dalle S.U. (…). L’interprete deve considerare che è lo stesso legislatore che, nel dettare un regime differenziato di impugnazioni per i provvedimenti cautelari personali, espressamente distingue nell’art. 309.4 tra luogo di presentazione dell’impugnazione, che indica nella cancelleria del giudice ad quem, e forme dell’impugnazione, per le quali rinvia a quelle generali previste per tale gravame. Ne deriva una plausibile distinzione concettuale nell’ambito della norma richiamata, che coincide con il significato letterale dell’espressione usato dal legislatore, perché le “forme” dell’impugnazione non ricomprendono il luogo della presentazione dell’atto”.

[19] Si rilevano tuttavia, in dottrina, le considerazioni di M. Ceresa Gastaldo, Il riesame delle misure coercitive nel processo penale, Giuffrè, Milano, 1993, p. 106: «(…) il rinvio in parola crea confusione: non essendo desumibile dal testo della norma un limite al solo comma 1 dell’art. 582 c.p.p., l’operare del rinvio sembrerebbe addirittura consentire la deroga alla regola poc’anzi illustrata, consentendo la presentazione della richiesta anche nella cancelleria della pretura del luogo in cui si trovano la parte privata ed il difensore, ovvero davanti a un agente consolare all’estero. Il dubbio va risolto, ad avviso di chi scrive, nel senso di accordare prevalenza alla norma richiamante rispetto a quella richiamata, non altrimenti essendo comprensibile (anzi, risultando del tutto pleonastica) l’espressa prescrizione contenuta nell’art. 309, comma 4, c.p.p.»

[20] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 11 maggio 2017, n. 8, Ferraro.

[21] In dottrina, v. ad esempio, E. Aprile, Le impugnazioni delle ordinanze sulla libertà personale, Giuffrè, Milano, 1996, p. 144, nella parte in cui afferma che «l’art. 311 co. 3, 4 e 5 regola il procedimento mentre per tutti gli altri aspetti non specificatamente disciplinati, deve ritenersi implicito il rinvio alle norme – se compatibili – riguardanti il ricorso per cassazione avverso le decisioni di merito. Va sottolineato che, a differenza degli altri due mezzi di impugnazione già considerati, il ricorso per cassazione va presentato presso la cancelleria del giudice a quo, il quale deve darne immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente affinché questa, entro il giorno successivo, trasmetta gli atti necessari per la decisione alla suprema corte».

[22] Cfr. Cass. pen., Sez. Un., sent. 22 giugno 2017 (dep. 13 ottobre 2017), n. 47347, Pres. Canzio, Rel. Del Bonito.

[23] Sul punto cfr. in dottrina, F. Varone, Riesame delle misure cautelari reali e luogo di deposito dell’atto di impugnazione: le Sezioni Unite ritrovano la strada delle garanzie, in Cass. pen., 2018, nella parte in cui denuncia come «l’illogicità e l’intima contraddizione dell’indirizzo esegetico non accolto, nella misura in cui invoca, a sostegno della soluzione ermeneutica restrittiva, ragioni di semplificazione e celerità del procedimento cautelare che non soltanto devono considerarsi soccombenti rispetto a quelle di rilievo giuridico e sistematico appena descritte, ma, soprattutto, si risolvono nel palese restringimento delle possibilità di tutela per i tempi contenuti assegnati alla difesa delle parti private legittimate a proporre riesame reale, benché dette ragioni sono state codicisticamente normativizzate proprio nell’interesse di queste».

[24] In tale pronuncia, di fatto, le Sezioni Unite non avevano aderito all’orientamento giurisprudenziale secondo cui doveva essere valorizzato il tenore letterale della norma, anche al fine di corrispondere ad esigenze di semplificazione ed accelerazione del procedimento. A tal proposito, in particolare, si era affermato che «le allegate ragioni di urgenza potrebbero compromettere proprio l’attuazione di quel diritto che si pretende con esse di assicurare rapidamente; una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con quel favor impugnationis cui è indubbiamente ispirato il sistema processuale, con intuitive possibilità di implicazione costituzionale, in relazione dell’art. 24 Cost., che già di per sé stesse portano a preferire l’interpretazione più aderente alla salvaguardia del diritto di difesa costituzionalmente garantito».

[25] Tale “rigido” orientamento era stato condiviso anche in dottrina, v. ad esempio S. Guadalupi – F. Fontana, Le impugnazioni delle misure cautelari personali, G. Giappichelli, Torino, 2005, p. 200, secondo cui «il ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale della libertà va presentato tassativamente nella cancelleria del tribunale che ha deciso sulla richiesta di riesame o sull’appello: l’art. 311, comma 3, c.p.p., la possibilità di ricorrere alle forme di presentazione dell’impugnazione di cui agli artt. 582-583 c.p.p. Non è ammessa, pertanto, la presentazione del ricorso per cassazione, mediante deposito dell’atto nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trova l’imputato o il suo difensore o ad un agente consolare all’estero», ed ancora, p. 202: «(…)il mancato richiamo delle forme di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p. segnalano che la presentazione del ricorso con modalità diverse da quelle specificatamente descritte nell’art. 311 c.p.p. va ritenuto inammissibile».

[26] Cfr. Cass. pen., sez. I, 17/11/1992 (dep. 1993), n. 4706; allo stesso modo, Cass. pen. sez. VI, 12/11/1999 (dep. 2000), n. 3718.