Cass., Sez. III, sent. 28 maggio 2021 (dep. 28 luglio 2021), n. 29594, Pres. Sarno, est. Corbetta
1. La sentenza in commento costituisce un inaspettato sviluppo del contrasto giurisprudenziale, apertosi da tempo in seno alla Suprema Corte, che ha ad oggetto la corretta soluzione da dare al quesito circa l’impugnabilità del provvedimento di rigetto di un’istanza di assunzione anticipata della prova[1]. La pronuncia, infatti, si rivela di particolare interesse in quanto, nell’aderire a quel filone giurisprudenziale che ribadisce la tradizionale (e, fino ad un recente passato, indiscussa) tesi dell’insindacabilità[2], propone – a sostegno di quest’ultima – nuovi argomenti, mai emersi, finora, dal dibattito intorno alla materia che ci occupa. D’altro canto, essa si segnala anche per un’ulteriore ragione, e precisamente per il fatto di costituire il frutto di un mutamento interpretativo maturato all’interno della medesima Sezione della Suprema Corte – la III – che per prima si era distaccata dall’orientamento più consolidato[3].
2. I Supremi Giudici, nell’occasione de qua, si trovano a giudicare su un ricorso presentato dal pubblico ministero. Questa, in breve, la vicenda procedimentale oggetto di scrutinio. Nell’ambito di un procedimento penale per il delitto di violenza sessuale, il magistrato inquirente formulava, ex art. 392, comma 1-bis c.p.p., un’istanza di assunzione anticipata della testimonianza della persona offesa, minorenne all’epoca dei fatti di reato. Il giudice per le indagini preliminari competente rigettava, tuttavia, la richiesta facendo perno sull’insussistenza di effettive esigenze di protezione dell’offeso dichiarante, a sua volta desunta tanto dalle condizioni personali della vittima, nel frattempo divenuta maggiorenne e inserita in un solido contesto familiare, quanto dall’esigua offensività della condotta delittuosa, consistita in toccamenti avvenuti alla presenza di altre persone.
A tal punto, il pubblico ministero proponeva ricorso per cassazione avverso il provvedimento reiettivo, invocando la declaratoria di abnormità dell’atto gravato, ovvero, in subordine, la remissione della questione alle Sezioni Unite[4].
3. L’iter argomentativo seguito dai giudici di Piazza Cavour si snoda attraverso una preliminare rassegna degli orientamenti giurisprudenziali relativi alla questione dell’impugnabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza di assunzione anticipata della prova ex art. 392 c.p.p. In questa prospettiva, si ricorda, innanzitutto, come la giurisprudenza abbia, per lungo tempo, negato la possibilità di sottoporre a critica i provvedimenti in materia di incidente probatorio[5], argomentando a partire dal principio di tassatività dei mezzi di impugnazione ex art. 568 c.p.p.
La Corte prosegue rammentando come tale granitico orientamento sia stato, di recente, messo in dubbio da alcune sentenze – pronunciate, peraltro, dalla stessa Sezione III[6] – che, facendo perno sulle peculiarità dell’ipotesi “speciale” di incidente probatorio[7], rappresentate dalla funzione di protezione della fonte di prova e di salvaguardia della genuinità del dato probatorio, da un lato, e della natura vincolata dell’operazione di delibazione dell’istanza introduttiva, dall’altro[8], hanno aperto, attraverso il grimaldello rappresentato dalla categoria della abnormità[9], le porte alla sindacabilità del provvedimento reiettivo dell’istanza di assunzione anticipata della testimonianza della persona offesa ex art. 392, comma 1-bis c.p.p.[10].
Ricordati, seppur sinteticamente, i diversi orientamenti in materia, i Supremi Giudici ritengono di dover riaffermare – implicitamente respingendo la richiesta, pure avanzata in via subordinata dal ricorrente, di remissione della questione alle Sezioni Unite – l’indirizzo tradizionale, dichiarando, sulla base di tale premessa, infondata la impugnazione proposta[11]. La Corte perviene a siffatto risultato sulla base di una serie di argomenti, alcuni noti, perché già introdotti nel dibattito dalla stessa Suprema Corte in precedenti occasioni, altri, invece, del tutto inediti.
4. Per quanto riguarda i primi, la Corte sostiene – innanzitutto – che l’ordinanza di rigetto della domanda di incidente probatorio non può considerarsi abnorme dal punto di vista funzionale giacché tale provvedimento non determina alcuna stasi procedimentale. Parimenti, si esclude che venga in rilievo il profilo strutturale dell’abnormità, poiché è lo stesso sistema processuale ad attribuire al giudice un potere discrezionale di verifica della fondatezza della richiesta, da compiersi bilanciando – in concreto – gli interessi contrapposti, anche nella prospettiva della rilevanza della prova da assumere ai fini della decisione dibattimentale[12]. Oltre a ciò, la Corte nega che «la disciplina normativa prevista per l’audizione delle persone vulnerabili, in ottemperanza agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali per evitare fenomeni di vittimizzazione secondaria» preveda «alcun obbligo di assunzione della prova dichiarativa a seguito di una mera richiesta di incidente probatorio»[13].
È, tuttavia, la seconda serie di argomentazioni, quelle spese per la prima volta dalla III Sezione nel caso di specie a sostegno della tesi più restrittiva, a destare maggiormente l’attenzione.
In proposito va osservato come il percorso argomentativo ritorni, anzitutto, sulla configurabilità dell’abnormità. Al riguardo, i giudici di Piazza Cavour ricordano – in modo, invero, assai sintetico – come l’orientamento incline a ritenere abnorme il provvedimento di rigetto dell’istanza di incidente probatorio “speciale” abbia assegnato un ruolo di non secondaria importanza, ai fini dell’enunciazione di siffatta conclusione, alla necessità di evitare l’innesco di fenomeni di «vittimizzazione secondaria […] che lo Stato si è impegnato ad evitare, così, da un lato recando pregiudizio insanabile alla vittima vulnerabile, e dall’altro, esponendo lo Stato a possibile responsabilità per violazione di norme internazionali pattizie e dell’Unione Europea»[14]. Orbene, secondo l’impostazione adottata dai Supremi Giudici nella sentenza in commento, il richiamo a tale esigenza sarebbe da considerarsi inconferente ai fini che ci occupano, dal momento che attribuisce rilevanza «a un interesse “terzo” – quello della persona offesa – che è del tutto estraneo alla nozione di abnormità funzionale»[15]: istituto, quest’ultimo, che sarebbe stato elaborato dalla giurisprudenza al fine di rimuovere ostacoli di natura esclusivamente processuale, in conseguenza di «un atto che, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo»[16]. Situazione che non si verifica nell’ipotesi che ci occupa, dal momento che il rigetto della richiesta di incidente probatorio non impedisce al pubblico ministero di raccogliere le dichiarazioni dell’offeso a norma dell’art. 362 c.p.p.
La Corte ricava da queste stesse premesse, a mo’ di precipitato logico, anche un ulteriore, inedito argomento, legato – questa volta – all’insussistenza, nel caso de quo, dell’interesse del pubblico ministero ad impugnare. In questo senso, dopo aver ricordato – sulla scorta degli insegnamenti delle Sezioni Unite – che tale requisito deve essere caratterizzato dalla concretezza e dalla attualità da verificarsi in relazione all'idoneità dell'impugnazione a rimuovere gli effetti che si assumono pregiudizievoli[17], i giudici di Piazza Cavour affermano che, nella vicenda in esame, la parte pubblica «non ha nemmeno un interesse concreto all’impugnazione, proprio perché tale interesse riguarda esclusivamente la persona offesa, e posto che l’eventuale rimozione del provvedimento non comporterebbe, per il pubblico ministero, alcuna situazione pratica più vantaggiosa»[18].
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5. La decisione in commento sollecita, già ad una prima lettura, alcune riflessioni critiche, che si appuntano sui due nuovi argomenti da essa introdotti nel dibattito intorno all’impugnabilità dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di assunzione anticipata della testimonianza della persona offesa.
Al riguardo va, infatti, detto che si tratta, in entrambi i casi, di argomentazioni destinate – probabilmente – a sollevare più interrogativi di quanti possano risolvere. Riguardo alla prima, che fa leva, come si è visto, sulla presunta natura “terza” dell’oggetto della tutela apprestata dall’incidente probatorio “speciale”, si potrebbe, anzitutto, obiettare che l’istituto di cui all’art. 392, comma 1-bis c.p.p. risulta, in realtà, destinato a soddisfare non solo l’esigenza di tutela della personalità del dichiarante fragile, ma anche quella – strettamente legata alla prima e di pacifico rilievo processuale – di garanzia di attendibilità della prova[19]. In questa prospettiva, difficilmente si potrebbe escludere il coinvolgimento nella vicenda di una esigenza squisitamente processuale, riferibile direttamente al pubblico ministero, ossia quella di assicurare al processo la disponibilità di un materiale probatorio più affidabile.
Invero, risulta assai problematico anche il secondo argomento speso dalla Corte allo scopo di supportare la propria adesione all’orientamento tradizionale, ovverosia quello incentrato sull’assenza, in capo al pubblico ministero, dell’interesse ad impugnare la decisione di rigetto dell’istanza di incidente probatorio, sul presupposto che tale interesse sarebbe riferibile esclusivamente alla persona offesa.
Al riguardo, non appare fuori luogo rilevare, anzitutto, come il pubblico ministero rappresenti l’organo istituzionalmente preposto a introdurre nel processo le richieste della persona offesa ogni volta che l’ordinamento non attribuisca a quest’ultima l’iniziativa diretta (si pensi, solo per fare un paio di esempi, agli artt. 394 e 572 c.p.p.)[20]. Sicché non sarebbe affatto disagevole sostenere che il magistrato inquirente possa ritenersi legittimato, facendosi carico dell’interesse della vittima, ad impugnare con il ricorso per cassazione extra ordinem l’ordinanza reiettiva dell’istanza di incidente probatorio “speciale” al fine di ottenere la rimozione del provvedimento pregiudizievole per la posizione dell’offeso.
Mutando parzialmente l’angolo di visuale, si potrebbe, inoltre, osservare, argomentando a partire dal ruolo, spesso determinante ai fini della condanna, interpretato dal contributo narrativo della vittima di reati di natura sessuale[21], come l’inquirente sia il soggetto maggiormente interessato[22] alla cristallizzazione anticipata del mezzo di prova nelle forme che meglio garantiscono la genuinità del risultato dell’escussione della fonte, oltre che la piena spendibilità di quest’ultimo in dibattimento.
Alla luce delle considerazioni poc’anzi espresse, non si può fare a meno di sottolineare come la sentenza in commento non abbia saputo fugare i dubbi che, alla luce dei più recenti arresti giurisprudenziali, circondano la questione della impugnabilità dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di incidente probatorio “speciale”. Anzi, essa, per effetto di uno strano fenomeno di eterogenesi dei fini, trasmette all’interprete la sensazione che il contrasto interpretativo che contrappone non più solo le diverse Sezioni della Suprema Corte, ma – oggi – persino i singoli collegi che compongono la III Sezione, sia destinato a perdurare, con le immaginabili conseguenze sulla certezza del diritto. In questa prospettiva, appare vieppiù opportuno che, in omaggio all’esigenza nomofilattica cui sono istituzionalmente preposte le Sezioni Unite, queste ultime siano presto chiamate a pronunciarsi sulla questione che ci occupa[23].
[1] Per una ricostruzione dei termini in cui si declina il contrasto interpretativo citato nel testo sia consentito rinviare a F. Marchetti, L’impugnabilità dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di incidente probatorio: una storia solo apparentemente semplice, in questa Rivista, 2021, fasc. 5, p. 19 ss.
[2] In proposito è utile ricordare come, non rinvenendosi all’interno del codice di procedura penale alcuna disposizione relativa all’impugnabilità dei provvedimenti in tema di incidente probatorio, l’orientamento tradizionalmente accolto in giurisprudenza ritenesse tali atti inoppugnabili, argomentando a partire dal principio di tassatività dei mezzi di impugnazione di cui all’art. 568 c.p.p.: v., in questo senso, Cass. Pen., sez. V, 17 luglio 2017, n. 49030, Palmieri e a., Rv. 271776; Cass. Pen., sez. III, 13 marzo 2013, n. 21930, P.M. in proc. Bertolini, Rv. 25548301; Cass. Pen., sez. Un., 6 novembre 1992, n. 17, Bernini, in Cass. pen., 1993, n. 3, p. 520 ss. Alla medesima conclusione giungeva anche la dottrina maggioritaria: v., tra gli altri, C. Morselli, L’incidente probatorio, UTET, Torino, 2000, p. 230; P. Renon, L’incidente probatorio nel procedimento penale. Tra riforma ordinarie e riforme costituzionali, CEDAM, Padova, 2000, p. 221; S. Sau, L’incidente probatorio, CEDAM, Padova, 2001, p. 239; L. Suraci, L’incidente probatorio. Tra tutela della prova e protezione della persona, Pacini, Pisa, 2017, p. 199.
[3] Si v., al riguardo, Cass. Pen., sez. III, 10 ottobre 2019, n. 47572, P.M. in proc. V., in questa Rivista, 2020, fasc. 6, p. 209 ss., con commento di C. Ardigò, Verso una liberalizzazione dell’incidente probatorio, tra tutela della vittima vulnerabile e salvaguardia delle garanzie difensive; Cass. Pen., sez. III, 16 maggio 2019, n. 34091, P.M. in proc. S., ivi, 8 gennaio 2020, con nota di C. Ardigò, L’incidente probatorio per l’ascolto della vittima vulnerabile: automatismi ed eccessi di tutela; cui si aggiunge, più di recente, Cass. Pen., sez. III, 27 maggio 2020, n. 17825, P.M. in proc. B., in Dir. & Giust., 28 agosto 2020.
[4] Da quanto emerge dai provvedimenti editi, si tratta della seconda volta che viene formulata, e rigettata, una richiesta di remissione della questione che ci occupa alle Sezioni Unite della Suprema Corte. Un’istanza di tal fatta risulta essere stata presentata, infatti, anche nella vicenda procedimentale che fa da sfondo a Cass. Pen., sez. V, 11 dicembre 2020, n. 2554, P.M. in proc. C., in Arch. pen. (web), 2021, n. 2, p. 1 ss., con nota di B. Romanelli, Incidente probatorio atipico e abnormità: oscillazioni ed equivoci giurisprudenziali.
[5] Sul punto si v. la giurisprudenza e la dottrina citate nella nota n. 2. Per ulteriori riferimenti bibliografici sia consentito il rinvio a F. Marchetti, Nuovi itinerari (e nuovi orizzonti) dell’abnormità dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di incidente probatorio, in Cass. pen., 2020, n. 12, p. 4642 ss.
[6] Oltre alle sentenze indicate nella nota n. 3, appartiene all’orientamento giurisprudenziale in parola anche un’ulteriore pronuncia, emessa – questa volta – dalla VI Sezione. Ci si riferisce, in particolare, a Cass. Pen., sez. VI, 10 luglio 2019, n. 51134, P.M. in proc. P., Rv. 277445, in cui i supremi giudici hanno ritenuto affetto da abnormità funzionale il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato l’istanza di assunzione, attraverso le forme dell’incidente istruttorio, di una perizia volta ad accertare la capacità dell’indagata di partecipare coscientemente al procedimento ex art. 70 c.p.p.
[7] Come è noto, il comma 1-bis dell’art. 392 c.p.p., introdotto dalla l. 15 febbraio 1996, n. 66, e più volte modificato nel corso degli anni, prevede una particolare ipotesi di incidente probatorio dedicato alla raccolta della testimonianza di una persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne nell’ambito di indagini concernenti una nutrita schiera di delitti ivi tassativamente indicati, nonché della vittima che versi in condizioni di particolare vulnerabilità (a prescindere dal reato per il quale si procede); in ambedue i casi l’accesso alla parentesi istruttoria risulta svincolato dall’esistenza di un periculum di non rinviabilità della prova. Sulla genesi e l’evoluzione normativa dell’art. 392, comma 1-bis c.p.p., v., da ultimo, B. Romanelli, La persona offesa vulnerabile nel procedimento penale, EDUCatt, Milano, 2020, p. 236 ss.
[8] Per l’analisi dei percorsi argomentativi delle sentenze cui si è fatto cenno nel testo si rinvia agli approfondimenti di C. Ardigò, Verso una liberalizzazione dell’incidente probatorio, cit., p. 209 ss.; A.M. Ciavola, Incidente probatorio e processo di parti, in Cass. pen., 2020, n. 9, p. 3282 ss.; R. Crepaldi, La discrezionalità del giudice nell’ammissione dell’incidente probatorio atipico: riflessioni alla luce della recente giurisprudenza di legittimità, in Quest. giust., 5 febbraio 2021; R. Gargiulo, Commento all’art. 392 c.p.p., in G. Lattanzi – E. Lupo (a cura di), Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, III, Giuffrè, Milano, 2020, p. 403 ss.; L. Suraci, L’atto “assiologicamente” abnorme: riflessi di una nuova nozione di abnormità, in Giur. it., 2020, c. 201 ss. Nonché, volendo, a F. Marchetti, Nuovi itinerari (e nuovi orizzonti) dell’abnormità, cit., p. 4642 ss.
[9] Come è noto, l’abnormità è una categoria di origine pretoria che permette l’espunzione, attraverso il ricorso per cassazione, di provvedimenti anomali ed imprevedibili, e come tali non impugnabili in via ordinaria, che, per singolarità o stranezza del loro contenuto, risultino avulsi dall’intero ordinamento processuale (c.d. abnormità strutturale), ovvero che, pur essendo in astratto manifestazione di un legittimo potere, siano adottati fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite, tanto da determinare una stasi irrimediabile del processo (c.d. abnormità funzionale).
V., al riguardo, Cass. Pen., sez. Un., 20 dicembre 2007, n. 5307, P.M. in proc. Battistella, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2010, n. 1, p. 409 ss., con osservazioni di G. Lozzi, Enunciazione in forma non chiara e precisa del fatto imputato nella richiesta di rinvio a giudizio: conseguenze. Nonché, in dottrina, G. Santalucia, L’abnormità dell’atto processuale penale, CEDAM, Padova, 2003, passim.
Per gli ulteriori riferimenti bibliografici, sia consentito rinviare a F. Marchetti, L’impugnabilità dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di incidente probatorio, cit.
[10] Come ricorda anche la sentenza in commento, quest’ultimo indirizzo interpretativo non aveva trovato unanime accoglimento presso la giurisprudenza, come dimostrano le diverse decisioni successivamente pronunciate nella quali era stata riaffermata la tesi dell’inoppugnabilità. Cfr. Cass. Pen., sez. IV, 21 gennaio 2021, n. 3982, P.M. in proc. O. e altri, consultabile in www.iusexplorer.it; Cass. Pen., sez. V, 11 dicembre 2020, n. 2554, P.M. in proc. C., cit., p. 1 ss.; Cass. Pen., sez. III, 2 dicembre 2020, n. 9087, p.o. in proc. T., consultabile in www.iusexplorer.it; Cass. Pen., sez. VI, 15 luglio 2020, n. 24996, P.M. in proc. S., ivi; Cass. Pen., sez. III, 8 luglio 2020, n. 27010, P.M. in proc. L., ivi; Cass. Pen., sez. VI, 13 maggio 2020, n. 20543, C., ivi. Per una più puntuale analisi di tale orientamento si rinvia a F. Marchetti, L’impugnabilità dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di incidente probatorio, cit., p. 19 ss.
[11] La Corte, nella sentenza in commento, esplicitamente dichiara infondati i motivi presentati dal ricorrente (v. in tal senso il Considerato in diritto § 1). Tuttavia, posto che la stessa pronuncia giunge, come si vedrà nel prosieguo della trattazione, ad affermare, da un lato, che il provvedimento gravato è, in realtà, non impugnabile e, dall’altro, che il ricorrente non può vantare alcun apprezzabile interesse ad impugnare, la soluzione tecnicamente più corretta sarebbe stata la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
[12] Cfr. Cass. Pen., sez. VI, 15 luglio 2020, n. 24996, P.M. in proc. S., Considerato in diritto § 3.
Per una critica a tale impostazione v. B. Romanelli, Incidente probatorio atipico e abnormità, cit., p. 8
[13] Così la sentenza in commento, Considerato in diritto § 3, da cui è tratta anche la citazione precedente nel testo. Cfr. Cass. Pen., sez. VI, 15 luglio 2020, n. 24996, P.M. in proc. S., Considerato in diritto § 3.
Per un approfondimento del tema si rinvia a B. Romanelli, Incidente probatorio atipico e abnormità, cit., p. 8 ss.; nonché, volendo, a F. Marchetti, Nuovi itinerari (e nuovi orizzonti) dell’abnormità, cit., p. 4642 ss.
[14] Cass. Pen., sez. III, 10 ottobre 2019, n. 47572, P.M. in proc. V., cit., Considerato in diritto § 5.2.
[15] Così la sentenza in commento, Considerato in diritto § 5.
[16] Così la sentenza in commento, Considerato in diritto § 5.
[17] Cass. Pen. sez. Un., 25 giugno 2009, n. 29529, P.G. in proc. De Marino, Rv. 244110, citata dalla sentenza in commento, Considerato in diritto § 6.
Per un approfondimento del tema dell’interesse ad impugnare si v. lo studio monografico di S. Carnevale, L’interesse ad impugnare nel processo penale, Giappichelli, Torino, 2013, passim.
[18] Così la sentenza in commento, Considerato in diritto § 6.
[19] Nel senso che l’esigenza di tutela della genuinità della prova sia prevalente rispetto a quella di salvaguardia del dichiarante v. P. Tonini – C. Conti, Manuale di procedura penale, XXII ed., Giuffrè, Milano, 2021, p. 600.
[20] Unanime giurisprudenza sostiene, in via generale, che il pubblico ministero ha interesse a impugnare anche per contrastare l’ingiustizia di provvedimenti, sia a tutela della funzione punitiva dello Stato, sia a garanzia della posizione dell'imputato e della parte offesa, purché le censure mosse non riguardino profili attinenti alle pretese civilistiche eventualmente introdotte nel processo penale: v. in tal senso, Cass. Pen., sez. I, 10 gennaio 2007, n. 9174, P.G. in proc. Bartolucci e a., in Cass. pen., 2008, n. 3, p. 1097 ss.; Cass. Pen., sez. IV, n. 2346, P.M. in proc. Porfiri, Rv. 216230; Cass. Pen., sez. V, 14 aprile 1999, n. 10366, P.M. in proc. Guido, Rv. 214189.
[21] Cfr. L. Suraci, L’incidente probatorio, cit., p. 122.
[22] Nel senso che la fattispecie di cui all’art. 392, comma 1-bis c.p.p. abbia principalmente l’effetto di salvaguardare le prove a vantaggio della tesi accusatoria v. N. Galantini, Incidente probatorio e limiti ai diritti difensivi, in Proc. pen. giust., 2013, n. 1, p. 36.
[23] Il rinvio della questione al massimo consesso nomofilattico costituirebbe altresì una preziosa occasione per la Corte per fare chiarezza anche sulla portata della discrezionalità concessa al giudice per le indagini preliminari nella valutazione di rilevanza della prova cui è tenuto in virtù del combinato disposto degli artt. 393, comma 1, lett. a e 398 c.p.p. Risulta, infatti, frequente imbattersi, passando in rassegna la giurisprudenza di merito, in ordinanze di rigetto di istanze di incidente probatorio ex art. 392, comma 1-bis c.p.p. che sembrano andare ben oltre i limiti posti dalla legge, riconducendo entro il concetto di rilevanza profili a quest’ultimo, in realtà, estranei. In questa prospettiva, si è finito per dare legittimazione, allo scopo di negare l’attivazione del meccanismo incidentale, a seconda dei casi, a presunte esigenze di protezione dell’offeso minorenne dall’innesco di meccanismi di conflitto psicologico tra l’adempimento della servitus iustitiae cui è tenuto in quanto testimone e l’obbligo morale di non danneggiare l’imputato, suo prossimo congiunto (v., in tal senso, la vicenda sottesa a Cass. Pen., sez. III, 8 luglio 2020, n. 27010, P.M. in proc. L., cit.); alla contrarietà dell’operazione di assunzione della prova rispetto ai «princìpi di necessità e proporzionalità nella salvaguardia dell’integrità psico-fisica del minore» (così l’ordinanza di rigetto dell’istanza di incidente probatorio, pronunciata dal giudice per le indagini preliminari di Chieti, riportata nella motivazione di Cass. Pen., sez. III, 2 dicembre 2020, n. 9087, p.o. in proc. T., cit., Considerato in diritto § 2.); ovvero, ancora, all’intervenuto raggiungimento della maggiore età della vittima al momento della raccolta della prova con le forme dell’incidente probatorio (riguardo a quest’ultima situazione, va, tuttavia, ricordato come parte della dottrina ritenga che, in ipotesi di tal fatta, la soluzione preferibile sia quella di rimettere al giudice una valutazione caso per caso circa la necessità di procedere alla raccolta anticipata della testimonianza della persona offesa: v. in proposito A.M. Ciavola, Modelli operativi nell’indagine penale a tutela dei minori vittime di abusi sessuali e maltrattamenti. L’esperienza nel distretto di corte d’appello di Reggio Calabria, in Cass. pen., 2015, n. 2, p. 882; T. Rafaraci, Opinioni a confronto. La tutela della vittima nel sistema penale delle garanzie, in Criminalia, 2010, p. 268).