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02 Ottobre 2023


Il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale provenienti da Paesi di origine sicura alla prova della giurisprudenza

Trib. Catania, Sez. immigrazione, ord. 29 settembre 2023, giud. Apostolico



1. Si segnala con la presente nota il provvedimento del Tribunale di Catania, Sezione Immigrazione, pubblicato in allegato, con cui il Giudice – disapplicando l’art. 28 bis, comma b-bis, d.lgs. 25/2008, per contrasto con il diritto dell'unione europea e con la Costituzione italiana – non ha convalidato il trattenimento di un cittadino tunisino presso il neo-istituito “Centro per il trattenimento dei richiedenti asilo” di Pozzallo.

 

2. Il contesto normativo interno in cui matura la decisione. Per cogliere il significato di tale provvedimento che, come noto, ha avuto ampio risalto sui media, occorre dare rapido conto delle recenti novità normative intervenute sul punto.

In particolare, occorre segnalare che con l. 50/2023, in sede di conversione del d.l. 20/2003 (c.d. Cutro), ha modificato l’art. 28 bis d.lgs. 25/2008, ampliando le ipotesi di trattenimento dello straniero anche al richiedente protezione internazionale proveniente da un Paese designato di origine sicura[1].

In particolare, l’art. 28 bis del d.lgs. 25/2008, come novellato dal recentissimo provvedimento legislativo, stabilisce che il trattenimento possa svolgersi direttamente alla frontiera o nella zona di transito (c.d. procedura di frontiera) e che la Commissione territoriale deputata all'esame della domanda debba decidere nel termine di sette giorni dalla ricezione di quest'ultima. Si stabilisce inoltre che l'intera procedura di frontiera non possa protrarsi oltre quattro settimane.

Da ultimo, il Governo ha stabilito – con decreto del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro della Giustizia e di quello dell'Economia e Finanze del 14 settembre 2023 – che i richiedenti asilo che provengano da un Paese di origine designato come sicuro debbano essere trattenuti quando - tra i vari casi contemplati – non abbiano consegnato il passaporto ovvero non prestino “idonea garanzia finanziaria”, quantificando l’importo della garanzia in 4.938 euro, precisando inoltre che detta garanzia “è individuale e non può essere versata da terzi” (art. 3, c. 2).

 

3. Le norme sovranazionali. A questo punto, per comprendere le ragioni del provvedimento catanese che qui si segnala, occorre ricordare che la normativa europea – ed in particolare l’art. 8, par. 1, direttiva 2013/33, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – stabilisce, come principio generale, il divieto di trattenere una persona per il solo fatto di essere un richiedente asilo. Tale principio conosce delle deroghe (stabilite nei paragrafi successivi dell’art. 8), prevedendo dei casi in cui anche il richiedente asilo possa essere trattenuto; tra questi, l’ipotesi in cui lo Stato membro debba “decidere, nel contesto di un procedimento, sul diritto di un richiedente di entrare nel territorio” (par. 3, lett. c). 

È tuttavia da osservare che la Direttiva richiede agli Stati membri di disciplinare delle procedure alternative al trattenimento. In particolare, al par. 4 dell’art. 8 si prevede che “gli Stati membri provvedono affinché il diritto nazionale contempli le disposizioni alternative al trattenimento, come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria o l’obbligo di dimorare in un luogo assegnato”.   

La Direttiva contiene poi, all’art. 9, le garanzie che devono essere previste a tutela dei richiedenti asilo che siano trattenuti, tra le quali si rammenta: il diritto ad essere trattenuti solo per un periodo il più breve possibile e soltanto finché sussistano i motivi di cui all'art. 8, paragrafo 3; il diritto a che il provvedimento sia disposto per iscritto da un'autorità amministrativa o giudiziaria e che esponga le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si basa; il diritto a farsi riesaminare il trattenimento dall’autorità giudiziaria, sia d’ufficio che ad istanza del richiedente; di potere accedere all’assistenza legale anche gratuita a chi non disponga delle risorse necessarie.

Infine, la Direttiva 2013/32/Ue (c.d. Direttiva procedure) al considerando 38 precisa che gli Stati membri debbano prevedere procedure per l'esame dell'ammissibilità e/o del merito che consentano di decidere delle domande di protezione internazionale “sul posto” (ossia, in frontiera o in zona di transito) in circostanze ben definite.

 

4. La decisione del Tribunale di Catania, Sezione Immigrazione. Secondo la Giudice catanese le norme nazionali sopra richiamate vanno disapplicate perché in contrasto con il quadro giuridico europeo e per tali ragioni il trattenimento non può essere convalidato ex art. 6 bis d.lgs. 142/2015.

Limitandoci in questa sede a riassumere sinteticamente le motivazioni poste alla base della mancata convalida del trattenimento, occorre osservare che il Tribunale ritiene di dover tenere in considerazione, in primo luogo, il principio generale secondo cui il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di vedersi esaminare la sua domanda, nonché quello in base al quale il trattenimento deve considerarsi misura eccezionale, in quanto limitativa della libertà personale ex art. 13 Cost. 

Inoltre, a parere del Giudice, gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33 “devono essere interpretati nel senso che ostano, in primo luogo, a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità, in secondo luogo, a che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga il trattenimento e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura”, sul punto richiamando la sentenza della CGUE (Grande Sezione), 14 maggio 2020, cause riunite C-924/19 PPU e C-925/19 PPU.

Inoltre, per il Tribunale, il provvedimento del Questore non è corredato da idonea motivazione, mancando nella specie ogni valutazione su base individuale delle esigenze di protezione manifestate, nonché della necessità e proporzionalità della misura in relazione alla possibilità di applicare misure meno coercitive. 

Incidentalmente, il provvedimento in esame si sofferma sulla garanzia finanziaria introdotta dall'art. 6-bis, c. 2, d.lgs. 142/2015, ritenendo che essa non configuri una misura alternativa al trattenimento come prevede la direttiva accoglienza, bensì come un requisito amministrativo imposto al richiedente per il solo fatto che chiede protezione internazionale. Sul punto il provvedimento afferma testualmente che "il D.M. 14 settembre 2023, prevedendo che la garanzia finanziaria sia idonea quando l'importo fissato possa garantire allo straniero, per il periodo massimo di trattenimento, pari a quattro settimane (ventotto giorni), la disponibilità di un alloggio adeguato sul territorio nazionale, della somma occorrente al rimpatrio e di mezzi di sussistenza minimi necessari, determinando in 4938,00 euro l’importo per la prestazione della garanzia finanziaria per l’anno 2023, da versare in un’unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa, e precludendo la possibilità che esso sia versato da terzi, non è compatibile con gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33, come interpretati dalla Corte di Giustizia nella sentenza sopra citata".

E ancora. Per il tribunale la direttiva 2013/32/Ue (considerando 38) non autorizza, salve le ipotesi di cui al comma 3 dell’art. 43, l’applicazione della procedura alla frontiera, presupposto, nella specie, della misura del trattenimento, in zona, diversa da quella di ingresso, ove il richiedente sia stato coattivamente condotto in assenza di precedenti provvedimenti coercitivi. Secondo la giudice l'art. 43, par. 1, della direttiva 2013/32/Ue autorizza il trattenimento del richiedente protezione al fine di consentirne l'ingresso nel territorio dello Stato nei casi in cui la sua domanda non sia inammissibile o manifestamente infondata, circostanze queste ultime non accertate nel caso di specie poiché non risulta che il Presidente della competente Commissione territoriale abbia assunto una decisione in merito alla procedura da seguire nel concreto della vicenda.

Infine, secondo il giudicante è anche il disposto dell’art. 10, comma 3, della Costituzione italiana, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità e nel significato chiarito dalla SS.UU, sentenza 26 maggio 1997, n.4674, ad escludere che la mera provenienza del richiedente asilo da Paese di origine sicuro possa automaticamente privare il suddetto richiedente del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale.

Sarà importante seguire con attenzione lo sviluppo della vicenda in esame, anche in considerazione del probabile ricorso in Cassazione annunciato dal Governo e delle altre pronunce che emergeranno su questa delicata questione, in considerazione della evidente compressione che tali ultime scelte legislative comportano della libertà personale dei richiedenti asilo provenienti da Paesi designati come di origine sicura, nelle more delle procedure accelerate di frontiera.

 

 

[1] Per la definizione della categoria di Paese designato di origine sicura si rinvia all'art. 2-bis del medesimo decreto legislativo 25/2008