Trib. Roma, XVIII Sezione civile, ord. 11 novembre 2024
*Contributo destinato alla pubblicazione nel fascicolo 11/2024.
1. È dell’11 novembre 2024 l’ordinanza - qui allegata - con la quale la XVIII Sezione del Tribunale civile di Roma ha sospeso il giudizio di convalida del trattenimento di sette richiedenti asilo condotti nel centro di trattenimento di Gjadër, in Albania, proponendo il rinvio ex art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia UE di quattro quesiti la cui soluzione è stata ritenuta pregiudiziale alla decisione sulla convalida.
Si tratta di un nuovo tassello della complessa vicenda che ormai da tempo vede intrecciati il tema del trattenimento dei richiedenti asilo nei centri dislocati sul territorio albanese e quello dei criteri per la individuazione dei cosiddetti ‘paesi sicuri’. È bene ricordare, infatti, che solo nei confronti degli stranieri provenienti da tali paesi può trovare applicazione la procedura accelerata (prevista dall’articolo 35-ter del d.lgs. n° 25/2008) di esame della domanda di asilo e che proprio durante lo svolgimento di tale procedura, l’art. 6 bis d.lgs. 142/2015 prevede una specifica ipotesi di trattenimento disposto nei confronti di richiedenti asilo nelle zone di frontiera (a cui sono equiparati i centri dislocati in Albania).
2. Prima di approfondire il contenuto dell’ordinanza del giudice romano, è opportuno richiamare per sommi capi gli interventi giurisprudenziali e normativi che, nelle scorse settimane, hanno scandito il dibattito giuridico e politico in materia.
Come già segnalato, il 18 ottobre 2024 il Tribunale di Roma aveva deciso di non convalidare il trattenimento dei primi dodici migranti condotti nei centri dislocati sul territorio albanese in esecuzione del Protocollo tra l’Italia e l’Albania. Nella motivazione di tale decisione si dava ampio spazio alla pronuncia della Grande Sezione della CGUE del 4 ottobre 2024 con cui i giudici europei avevano precisato che un paese non può essere designato come sicuro «qualora talune parti del suo territorio non soddisfino le condizioni sostanziali» per una siffatta designazione[1]. Benché i paesi di provenienza dei migranti coinvolti (Egitto e Bangladesh) fossero formalmente inseriti nella lista dei paesi sicuri (al tempo contenuta in un decreto ministeriale emanato ai sensi dell’art. 2-bis del d.lgs. 25/2008), il Tribunale ha ritenuto di non poter prescindere – in ragione della prevalenza del diritto europeo – dalla più recente interpretazione di ‘paese sicuro’ data dalla Corte di Giustizia europea e ha quindi deciso di non convalidare il trattenimento poiché nelle stesse schede-Paese redatte dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale entrambi sia Egitto che Bangladesh erano definiti «sicuri ma con eccezioni» per alcune categorie di persone o per alcune parti del territorio.
Nel giro di pochi giorni, si sono succeduti altri due momenti degni di annotazione. In primo luogo, il 21 ottobre 2024 il Ministero dell’interno ha presentato ricorso contro l’ordinanza del Tribunale di Roma chiedendo l’intervento chiarificatore delle Sezioni unite civili circa la possibilità di disporre il trattenimento secondo la procedura accelerata di un richiedente protezione internazionale che provenga da un Paese designato come ‘sicuro’ dal decreto ministeriale, quando però emergano criticità nel rispetto dei diritti di una specifica categoria di soggetti alla quale il richiedente non abbia espressamente detto di appartenere. Su questo punto si segnala che il 31 ottobre la Prima Presidente della Corte di Cassazione ha rigettato l’assegnazione alle Sezioni unite civili e disposto la trasmissione alla Sezione I civile considerato che, presso tale Sezione, è già fissata per il 4 dicembre 2024 la trattazione di un rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Roma su una questione strettamente connessa[2].
In secondo luogo, il Governo ha approvato il d.l. ‘paesi sicuri’ (d.l. 23 ottobre 2024, n. 158, recante, in vigore dal 24 ottobre) con il quale ha previsto che l’elenco dei Paesi di origine sicuri sia ora contenuto in una fonte di rango primario quale l’art. 2 bis del d.lgs. 25/2008 e ha eliminato il riferimento (contenuto sempre nell’art. 2 bis) alla possibilità di designazione di un Paese di origine sicuro con eccezioni di parti del territorio, lasciando così il solo riferimento a eccezioni relative a ‘categorie di persone’.
3. Parallelamente, la questione della corretta modalità di individuazione dei ‘paesi sicuri’ – come visto incisa d.l. 158/2024, attualmente ancora in sede di conversione – ha coinvolto anche altri tribunali italiani, parimenti impegnati nella valutazione dei presupposti per l’applicabilità della procedura accelerata per la valutazione della domanda di asilo in altre zone di frontiera del territorio italiano.
Così, il 25 ottobre 2024, il Tribunale di Bologna ha sollevato un primo rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, sottoponendo due questioni riguardanti la individuazione delle condizioni sostanziali che consentono la designazione di un paese di origine come ‘sicuro’, proprio alla luce delle novità apportare dal ‘d.l. Paesi sicuri’.
Il 4 novembre 2024, invece, il Tribunale di Catania, ritenendo di dover disapplicare il d.l. 158/2024 per contrasto con il diritto dell’Unione europea, non ha convalidato il trattenimento presso l’hotspot di Pozzallo di un richiedente protezione internazionale proveniente dall’Egitto.
4. È in questo contesto, dunque, che si inserisce la decisione del Tribunale di Roma di sospendere il giudizio di convalida del trattenimento e sottoporre quattro nuovi quesiti alla Corte di giustizia europea inerenti alle modalità di individuazione dei paesi sicuri e al ruolo in materia del giudice nazionale.
Come abbiamo ricordato sopra, l’adozione della procedura accelerata di frontiera e della relativa ipotesi di trattenimento, è subordinata alla provenienza dello straniero da uno Stato terzo designato dall’Italia come paese di origine sicuro. Secondo il Tribunale di Roma, dunque, il giudice chiamato a valutare la legittimità del trattenimento, «deve, in primo luogo, verificare se lo Stato terzo di provenienza dello straniero sia designato come Paese di origine sicuro e se tale designazione sia corretta, a norma del diritto interno e del diritto dell’Unione europea»[3]. Ed è proprio interrogandosi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della vigente disciplina in materia di procedure accelerate e di designazione dei paesi di origine sicuri che il Tribunale ha formulato i seguenti quattro quesiti pregiudiziali.
4.1. Con il primo quesito il Tribunale chiede alla Corte europea «se il diritto dell’Unione […] osti a che un legislatore nazionale, competente a consentire la formazione di elenchi di Paesi di origine sicuri e a disciplinare i criteri da seguire e le fonti da utilizzare a tal fine, proceda anche a designare direttamente, con atto legislativo primario, uno Stato terzo come Paese di origine sicuro».
4.2. Nel secondo quesito – preoccupandosi della significativa limitazione del carattere effettivo della tutela giurisdizionale a cui ha diritto lo straniero migrante o richiedente asilo – il Tribunale chiede alla Corte «se comunque il diritto dell’Unione […] osti quanto meno a che il legislatore designi uno Stato terzo come Paese di origine sicuro senza rendere accessibili e verificabili le fonti adoperate per giustificare tale designazione, così impedendo al richiedente asilo di contestarne, ed al giudice di sindacarne la provenienza, l’autorevolezza, l’attendibilità, la pertinenza, l’attualità, la completezza, e comunque in generale il contenuto, e di trarne le proprie valutazioni sulla sussistenza delle condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all’allegato I della Direttiva 2013/32/UE ».
4.3. Con il terzo quesito si chiede ancora alla Corte «se il diritto dell’Unione […] debba essere interpretato nel senso che, nel corso di una procedura accelerata di frontiera da Paese di origine designato sicuro, ivi inclusa la fase della convalida del trattenimento in essa disposto, il giudice possa in ogni caso utilizzare informazioni sul Paese di provenienza, attingendole autonomamente dalle fonti di cui al paragrafo 3 dell’art. 37 della Direttiva, utili ad accertare la sussistenza delle condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all’allegato I della Direttiva».
4.4. Il quarto quesito, infine, chiede «se il diritto dell’Unione […] osti a che un Paese terzo sia definito “di origine sicuro” qualora vi siano, in tale Paese, categorie di persone per le quali esso non soddisfa le condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all’allegato I della Direttiva».
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5. Pur inserendosi nel solco tracciato dalle altre decisioni sopra richiamate che escludono la compatibilità con il diritto europeo delle attuali modalità di individuazione dei ‘paesi sicuri’, è possibile dire che siamo in presenza di una pronuncia formalmente diversa rispetto alla precedente decisione del Tribunale di Roma non convalidare il trattenimento dei primi dodici migranti condotti nei centri albanesi.
Nel primo caso i giudici, ravvisando un contrasto con il diritto europeo, avevano infatti disapplicato la normativa nazionale e, di conseguenza, non convalidato il trattenimento dei migranti.
In questo caso, invece, il Tribunale, ritenuto che «l’uso delle procedure accelerate da Paese di origine sicuro si trova in un momento di grave incertezza applicativa» e consapevole altresì della «situazione venutasi a creare in Italia a seguito delle prime decisioni dei Tribunali di non convalidare provvedimenti di trattenimento nelle procedure di frontiera (non soltanto in Albania, ma anche in Italia)» ha preferito sospendere la propria decisione e chiedere l’intervento chiarificatore della Corte di Giustizia.
In entrambi i casi, va da sé, il venire meno del titolo di permanenza del richiedente protezione nei centri albanesi – vuoi come conseguenza della mancata convalida, vuoi come esito del decorso del termine di 48 ore per il giudizio di convalida – ha determinato la riacquisizione da parte dello straniero dello status libertatis che, tuttavia, non comporta la immediata liberazione nel territorio albanese bensì l’attivazione delle Autorità italiane per la sua conduzione in Italia, dove verrà attivata la procedura ordinaria di valutazione delle domande di asilo (con eventuale trattenimento, in casi specifici).
L’effettivo riacquisto della libertà per i richiedenti – osserva il Tribunale – «potrebbe rivelarsi complesso, necessitando comunque della mediazione dell’autorità amministrativa italiana». Infatti, le disposizioni contenute negli artt. 4 co. 3 e 6 co. 5 del Protocollo, prevedono rispettivamente, che «Nel caso in cui venga meno, per qualsiasi causa, il titolo della permanenza nelle strutture, la Parte italiana trasferisce immediatamente i migranti fuori dal territorio albanese» e che «Le competenti autorità italiane adottano le misure necessarie al fine di assicurare la permanenza dei migranti all'interno delle Aree, impedendo la loro uscita non autorizzata nel territorio della Repubblica d'Albania, sia durante il perfezionamento delle procedure amministrative che al termine delle stesse, indipendentemente dall'esito finale». Inoltre, il richiedente asilo, una volta condotto in Italia, potrebbe essere trattenuto a diverso titolo.
6. Infine, sarà interessante vedere se la Corte europea accoglierà la richiesta avanzata dal Tribunale di pronunciarsi sui quesiti mediante l’adozione della procedura d’urgenza o, quanto meno, della procedura accelerata. In caso affermativo, la decisione potrebbe arrivare nel giro di pochi mesi; diversamente, la «grave incertezza applicativa» e la «dimensione sistemica dei dubbi di compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’Unione» potrebbe perdurare per anni, con tutte le connesse ripercussioni sui diritti delle persone coinvolte in tali procedure.
Nel frattempo, è attesa per il 4 dicembre 2024 la decisione della Cassazione sul ricorso presentato dal Ministero dell'interno contro il primo provvedimento di non convalida del Tribunale di Roma. Una pronuncia che, qualunque sarà il suo contenuto, dovrà essere tenuta in considerazione dai giudici europei.
[1] CGUE, Grande Sezione, 4 ottobre 2024, causa C-406/22, § 83.
[2] Nello specifico «se in caso di soggetto proveniente da Paese di origine sicuro, nell’ambito del procedimento conseguente al provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza ai sensi dell'art. 28-ter, d.lgs. n. 25/2008 emesso dalla Commissione territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, il giudice ordinario sia vincolato alla lista dei paesi di origine sicura approvata con il decreto ministeriale, o se il giudice debba, anche in ragione del dovere di cooperazione istruttoria, comunque valutare, sulla base di informazioni sui paesi di origine (COI) aggiornate al momento della decisione, se il Paese incluso nell'elenco dei “Paesi di origine sicuri” sia effettivamente tale alla luce della normativa europea e nazionale vigente ni materia»
[3] Trib. Roma, ord. 11 novembre 2024, § 25.