Con ordinanza n. 50696/2019, la II Sezione della Corte di cassazione aveva rimesso il ricorso alle Sezioni unite perché componessero i numerosi contrasti che da anni dividono la giurisprudenza di legittimità in ordine rapporti tra il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone (art. 393 c.p.) e il delitto di estorsione (art. 629 c.p.), con particolare riferimento alle seguenti questioni:
«1) se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e quello di estorsione si differenzino tra loro in relazione all'elemento oggettivo, in particolare con riferimento al livello di gravità della violenza o della minaccia esercitate, o, invece, in relazione al mero elemento psicologico, e, in tale seconda ipotesi, come debba essere accertato tale elemento;
2) se il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni debba essere qualificato come reato proprio esclusivo e, conseguentemente, in quali termini si possa configurare il concorso del terzo non titolare della pretesa giuridicamente tutelabile».
All’esito dell’udienza del 16 luglio scorso, secondo quanto reso noto dal servizio novità della Corte di cassazione, le Sezioni unite hanno dato le soluzioni seguenti:
«1) il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all'elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie;
2) il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ha natura di reato proprio; il concorso del terzo è configurabile nei soli casi in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire alcuna diversa e ulteriore finalità».
In attesa del deposito della motivazione, può leggersi in questa Rivista una nota all'ordinanza di rimessione a firma di Silvia Bernardi.
(Francesco Lazzeri)