Sui d.d.l. n. 693 (d'iniziativa del Ministro della cultura) e n. 364 (d'iniziativa dei senatori Borghi e altri) all'esame del Senato
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1. Il quadro normativo vigente a contrasto dei danneggiamenti/deturpamenti-imbrattamenti di beni comuni e culturali si presenta oggi molto articolato: da un lato, sono previste fattispecie di danneggiamento/deturpamento-imbrattamento di beni comuni; dall’altro lato, sono previste fattispecie ad hoc a contrasto di danneggiamenti/deturpamenti-imbrattamenti di beni culturali.
1.1. Riguardo alle fattispecie a tutela di beni comuni occorre distinguere tra danneggiamento e deturpamento-imbrattamento.
A) Circa il danneggiamento di beni comuni, la tutela si articola tra quella punitiva civile e quella penale.
a) La tutela punitiva civile è offerta dall’art. 4, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 7/2016, dove è confluita l’originaria fattispecie di cui all’art. 635 c.p. e che per comodità possiamo chiamare di mero danneggiamento.
b) La tutela penale di cui al nuovo (2016) art. 635 c.p., riguarda ipotesi di danneggiamento di beni comuni che, o per modalità di condotta o per tipologie di beni danneggiati/imbrattati o per contesti in cui il fatto viene realizzato, esprimono un disvalore del tutto particolare: in queste ipotesi il legislatore ha voluto mantenere la tutela penale. In particolare, all’interno di questa tutela penale sono ricomprese tre ipotesi:
- quella del comma 1, che punisce il danneggiamento con violenza o minaccia alla persona ovvero in occasione del delitto di interruzione di esercizio di pubblica utilità necessità (art. 331 c.p.);
- quella del comma 2, relativa a danneggiamenti di peculiari beni comuni indicati nei nn. 1-4 (ad es. edifici pubblici o destinati a uso pubblico);
- quella del comma 3, che punisce il danneggiamento in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico.
B) Circa il deturpamento-imbrattamento di beni comuni, la tutela è offerta dall’art. 639 c.p., che prevede due ipotesi:
a) l’art. 639, comma 1, punisce il deturpamento-imbrattamento di beni comuni “non qualificati”;
b) l’art. 639, comma 2, punisce lo stesso fatto commesso su beni peculiari, vale a dire immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati.
Con riferimento a questo “sistema” di tutela dei beni comuni si deve evidenziare fin d’ora un’irragionevolezza di fondo, che può riguardare anche le riforme proposta, irragionevolezza che potrebbe portare a sollevare questioni di legittimità costituzionale: poiché il disvalore degli imbrattamenti è minore rispetto a quello dei danneggiamenti, è irragionevole che per i primi sia prevista una tutela penale (639 c.p.) e per i secondi una tutela punitiva civile (art. 4 d.lgs. n. 7/2016). Insomma, è presente un disallineamento strutturale e irragionevole, tutte le volte in cui l’imbrattamento è punito più gravemente di corrispondenti ipotesi di danneggiamento. Come riconosciuto dalla stessa giurisprudenza costituzionale nella sentenza 102/2018, un allineamento è recuperato attraverso l’art. 635, comma 2.
1.2. Per quanto riguarda le fattispecie a tutela di beni culturali, anche rispetto ad esse occorre distinguere tra danneggiamento e deturpamento-imbrattamento, ma il quadro normativo è molto più lineare, perché si esaurisce nella tutela penale di cui all’art. 518-duodecies c.p., con una perfetta corrispondenza tra le ipotesi di danneggiamento e quelle di deturpamento-imbrattamento:
A) l’art. 518-duodecies, comma 1, punisce il danneggiamento di beni culturali;
B) l’art. 518-duodecies, comma 2, punisce il deturpamento imbrattamento di beni culturali.
2. Le proposte di riforma sono due.
2.1. Il d.d.l. n. 364, di iniziativa parlamentare, comporta l’introduzione di una nuova fattispecie penale (art. 518-duodecies, comma 3) di solo imbrattamento (non anche deturpamento) di beni comuni che sono connessi e strumentali a beni culturali (siti, teche, custodie e altre strutture adibite all’esposizione, protezione e conservazione di bei culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi pubblici), prevedendo anche l’arresto in flagranza.
2.2. Il d.d.l. n. 693, di iniziativa governativa, consiste nell’introduzione di due illeciti punitivi amministrativi che puniscono gli stessi identici fatti previsti dai delitti di danneggiamento e deturpamento-imbrattamento di beni culturali previsti dall’art. 518-duodecies.
Venendosi a creare un bis in idem, il comma 7 dell’art. 1 offre criteri per non incorrere in una risposta punitiva sproporzionata: «quando per lo stesso fatto è stata applicata, a carico del reo o dell’autore della violazione, la sanzione amministrativa pecuniaria indicata ai commi 1 e 2 ovvero una sanzione penale: a) l’autorità giudiziaria e l’autorità amministrativa tengono conto al momento dell’irrogazione delle sanzioni di propria competenza delle misure punitive già irrogate; b) l’esazione della pena pecuniaria ovvero della sanzione pecuniaria amministrativa è limitata alla parte eccedente quella riscossa rispettivamente dall’autorità amministrativa ovvero da quella giudiziaria».
3. Considerazione tecniche e costituzionalmente orientate.
3.1. Il nuovo delitto di imbrattamento di beni comuni connessi a beni culturali solo in apparenza estende la tutela a fatti non punibili, perché, se da un lato i beni imbrattati sono connessi e strumentali a beni culturali, dall’altro lato, però, siffatti beni imbrattati costituiscono beni comuni, con la conseguenza che il fatto risulta già punito dalla fattispecie di cui all’art. 639.1 c.p.
Lo scopo del legislatore è tuttavia più che plausibile: prevedere una fattispecie speciale, punita più gravemente di quella generale di cui all’art. 639.1 c.p., proprio in considerazione della connessione che intercorre tra il bene comune imbrattato e quello culturale.
D’altra parte, premesso che c’è da interrogarsi se non sia più opportuno collocare il nuovo delitto nell’art. 639 piuttosto che nell’art. 518 duodecies, il mezzo e la disciplina, con i quali tale scopo è perseguito, possono incorrere in alcuni problemi di legittimità costituzionale.
A) Anzitutto, si può porre un problema di ragionevolezza della stessa incriminazione, visto che il danneggiamento degli stessi beni comuni sarebbe punito come illecito punitivo civile, mentre l’imbrattamento come delitto ovvero un’ipotesi meno grave di un’altra con una pena addirittura più grave.
B) In secondo luogo, si possono porre problemi di proporzione della pena, non tanto per quanto riguarda la pena pecuniaria, ma quella detentiva, soprattutto in comparazione con la pena comminata per il deturpamento-imbrattamento di beni immobili o su mezzi di traporto pubblici o privati (art. 639.2 c.p.), visto che mentre la fattispecie di cui all’art. 639.2 c.p. è punita, oltre che con la multa da 300 a 1.000 euro, con reclusione da uno a sei mesi, la nuova fattispecie è punita, oltre che con la multa fino a 1.500 euro, con la reclusione fino ad un anno: insomma ipotesi analoghe (imbrattamento di cose comuni “qualificate”), vengono punite con pene diverse.
3.2. I nuovi illeciti punitivi amministrativi sono finalizzati a rendere la tutela più efficace, nella consapevolezza che la risposta punitiva amministrativa è molto più rapida e “stringente” non essendo sottoposta alle stesse garanzie, soprattutto a carattere processuale, del diritto penale.
Si pongono tuttavia tre ordini di problemi: di coerenza del mezzo rispetto allo scopo, di proporzione del trattamento sanzionatorio e di violazione del principio del ne bis in idem.
A) Sotto il primo profilo della coerenza del mezzo rispetto alla scopo, si deve osservare che l’illecito punitivo amministrativo colpisce soltanto le ipotesi di danneggiamento e imbrattamento di beni culturali, non anche le ipotesi di imbrattamento di beni comuni strumentali ai beni culturali: insomma i nuovi illeciti punitivi amministrativi non coprono le “nuove” offese che si vorrebbero contrastare.
B) Sotto il secondo profilo della proporzione del trattamento sanzionatorio, si deve osservare come le sanzioni comminate per l’illecito punitivo amministrativo siano molto elevate (da 20.000 a 60.000 euro per le ipotesi di danneggiamento e da 10.000 a 40.000 euro per le ipotesi di imbrattamento), trattandosi di beni comuni, non potendosi sul punto non rilevare come il principio di proporzione sia stato di recente esteso dalla Corte costituzionale anche agli illeciti punitivi amministrativi sia nella operatività estrinseca che intrinseca.
C) Sotto il terzo profilo del ne bis in idem, si deve osservare come lo stesso identico fatto risulti punito due volte, una volta come ipotesi penale, una volta come illecito punitivo amministrativo.
Ebbene, queste ipotesi di concorso tra illecito punitivo amministrativo e penale non sono problematiche, quando tra di loro v’è un rapporto di specialità ovvero un rapporto di genus a species perché, per espressa previsione dell’art. 9 l. n. 689/1981, si applica l’ipotesi speciale. Ma quando i fatti sono identici, in virtù del carattere punitivo di entrambe le risposte sanzionatorie, si pone il problema della violazione del principio del ne bis in idem.
Sul punto merita mettere in evidenza come al momento lo stesso quadro di questo principio non si sia ancora stabilizzato in modo del tutto chiaro. Da un lato, infatti, in prospettiva europea, soprattutto là dove l’amministrativo venga definito prima del penale, si finisce per rimettere al giudice la quantificazione della pena che sopravviene, dovendosi tener conto anche della sanzione amministrativa già irrogata. Operazione a dire il vero che apre a un’ampia discrezionalità giudiziale anche in virtù della differente afflittività che intercorre tra le due tipologie sanzionatorie.
Dall’altro lato, la recente sentenza della Corte costituzionale n. 142/2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per alcuni delitti in tema di protezione del delitto d’autore, che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l’illecito amministrativo.
Ebbene, il comma 7 della proposta di riforma sembra ispirarsi alla prospettiva europea che tuttavia potrebbe essere contraddetta proprio dalla differente prospettiva della Corte costituzionale inaugurata con la sentenza n. 142/2022.
Inoltre, non è da escludere che in futuro le problematiche del ne bis in idem possano essere risolte “direttamente” con il principio di proporzione, ritenendo la sanzione amministrativa di per sé un’irragionevole eccedenza e inducendo quindi il legislatore a tornare a pensare il sistema penale e quello amministrativo punitivo in termini necessariamente alternativi e riconoscendo a quello penale la sua indubbia maggiore gravità.
Infine, se si adotta la soluzione europea come fa il progetto, si riconosce al giudice un’amplissima discrezionalità, potendosi porre addirittura problemi di legalità della pena sotto il profilo della sua prevedibilità da parte dei consociati.
4. Considerazioni di sintesi sulle proposte di riforma. – La tutela penale del patrimonio comune e culturale è, a sistema vigente, molto estesa: potremmo dire che copre già tutte le ipotesi che esprimono disvalore.
D’altra parte, si può porre l’esigenza di rafforzare ulteriormente la tutela rispetto a fatti di deturpamento/imbrattamento di cose comuni connesse e strumentali a beni culturali.
Per perseguire tale scopo, la strada più problematica mi pare quella governativa (d.d.l. n. 693), anche perché le ipotesi di concorso tra fattispecie identiche di illecito penale e illecito punitivo amministrativo sono comunque destinate a una notevole incertezza applicativa.
Meno problematica mi pare la nuova fattispecie incriminatrice di imbrattamento (d.d.l. n. 364). Poiché si prevede un’ulteriore ipotesi speciale rispetto all’art. 639, comma 1, più opportuno quindi collocarla nell’art. 639 c.p. D’altra parte, non si può non rilevare come si verrebbe a creare comunque un certo disallineamento tra la tutela del danneggiamento e quella degli imbrattamenti, per cui la nuova fattispecie di imbrattamento non risulterebbe coperta da una corrispondente ipotesi penale di danneggiamento, risultando così irragionevole che una ipotesi di imbrattamento sia punita con il penale, mentre quella di danneggiamento possa integrare gli estremi dell’illecito punitivo civile.
5. Possibili proposte alternative. – Mi permetto di avanzare quattro possibili proposte, tre di respiro più corto e una di respiro più ampio.
5.1. Con respiro più corto, si possono percorrere tre strade.
A) Mettere – per così dire – assieme le due proposte e quindi prevedere un illecito punitivo amministrativo per l’ipotesi di imbrattamento di beni comuni connessi e strumentali a beni culturali: «chiunque imbratta i siti ovvero le teche, custodie e altre strutture adibite all’esposizione, protezione e conservazione di beni culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi pubblici è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro ??? a euro ???».
Pur entrando in concorso con il delitto di cui all’art. 639, comma 1, c.p., si applicherebbe l’illecito punitivo amministrativo, in virtù del principio di specialità di cui all’art. 9 l. 689/1981. A mio modesto avviso, si tratta della soluzione preferibile, anche perché non penale e coerente con il disvalore assai meno grave della fattispecie, consentendo così anche una tutela più rapida ed efficace.
B) Oltre a prevedere la nuova fattispecie di imbrattamento prevista dal d.l.l. n. 364 (meglio se inserita nell’art. 639), si potrebbe aggiungere una corrispondente fattispecie di danneggiamento all’art. 635, comma 2: «5. siti, teche, custodie e altre strutture adibite all’esposizione, protezione e conservazione di bei culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi pubblici».
Attraverso questa riforma si otterrebbe un allineamento tra danneggiamento e imbrattamento e un trattamento sanzionatorio equilibrato.
C) Ed ancora, si potrebbero riformare gli artt. 635 comma 3 e 639, comma 2 c.p.: circa l’art. 635, comma 3, dopo la parola “manifestazioni” si potrebbe aggiungere “o esposizioni di beni culturali”; circa l’art. 639, comma 2, dopo “privati” si potrebbe aggiungere “ovvero in occasione di esposizioni di beni culturali che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico”.
Il testo riformato dell’art. art. 635, comma 3 sarebbe il seguente:
«Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni o esposizioni di beni culturali che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con la reclusione da uno a cinque anni».
Il testo riformato dell’art. 639, comma 2, sarebbe il seguente:
«Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati ovvero in occasione di esposizioni di beni culturali che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico, si applica la reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro».
Attraverso questa riforma si otterrebbe un allineamento tra danneggiamento e imbrattamento. Resterebbe da chiedersi se la pena da uno a cinque anni per le ipotesi di danneggiamento di cui all’art. 635, comma 3 non sia irragionevole, visto che per l’ipotesi di cui al comma 1 (con violenza o minaccia alla persona), è prevista la reclusione da sei a tre anni: insomma, risulta irragionevole che un’offesa a beni meramente patrimoniali (non culturali, ma strumentali ad essi) sia punita con pena più grave rispetto a un’offesa che riguarda anche la persona.
5.2. Con più ampio respiro, la questione della punibilità delle ipotesi di imbrattamento di beni comuni connessi a beni culturali potrebbe costituire per il legislatore l’occasione per una riforma di maggiore sistema delle fattispecie di cui agli artt. 635 e 639 c.p., che consenta di risolvere i disallineamenti tutt’ora esistenti tra la tutela contro i danneggiamenti di beni comuni e la tutela contro gli imbrattamenti degli stessi beni. In questa prospettiva si potrebbero prevedere nell’art. 639 fattispecie penali di imbrattamento per le sole ipotesi rispetto alle quali sono previste corrispondenti ipotesi di danneggiamento nell’art. 635.