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25 Luglio 2025


Le cause di esclusione della punibilità previste dall’art. 112 delle disposizioni nazionali complementari al Codice doganale dell’Unione


*Contributo destinato al fascicolo 7-8/2025

 

1. Le disposizioni complementari al codice doganale dell’Unione introdotte dal Decreto Legislativo 26 settembre 2014, n. 141 e il “correttivo” d.lgs. 81/2025. – In attuazione della legge delega n. 111 del 9 agosto 2023, il Governo ha predisposto ed emanato il Decreto Legislativo 26 settembre 2024, n. 141, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 ottobre 2024, il quale ha provveduto ad abrogare il DPR 23 gennaio 1973, n. 43, ossia il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale (TULD) ed ha approvato le disposizioni contenute nell’allegato 1 dello stesso Decreto, cioè le disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione.

Tale Decreto, pertanto, nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi della legge delega, ha provveduto al riassetto del quadro normativo in materia doganale in conformità al diritto dell’Unione europea in materia doganale[1].  

Sul punto, preme sottolineare come, sebbene l’art. 7, comma 3, del decreto, il quale stabilisce che “le sanzioni amministrative di cui all’allegato 1 e all’art. 3 si applicano alle violazioni commesse a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto”, preveda un principio di irretroattività della disciplina (anche se favorevole)[2], questo non sia applicabile alle disposizioni di natura penale. Difatti, in materia penale vige il principio del favor rei, previsto dall’art. 2, comma 4, c.p., secondo cui in caso di modifica della norma sanzionatoria trova applicazione quella più favorevole al soggetto, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.

Di particolare rilevanza è la tipizzazione delle fattispecie di reato di contrabbando per omessa dichiarazione (art. 78)[3] e contrabbando per dichiarazione infedele (art. 79)[4], punite – nella fattispecie base – con la sola multa[5]. L’introduzione di tali fattispecie ha determinato il superamento della distinzione tra contrabbando intra ispettivo e contrabbando extra ispettivo[6].

Detto ciò, preme evidenziare come il Decreto – in modo del tutto analogo al previgente TULD – sanzioni le violazioni in materia doganale, in base alla gravità dell’offesa al bene giuridico tutelato, su due livelli: sanzione amministrativa per le violazioni meno gravi e pene per le fattispecie connotate da maggior disvalore.

Sul punto, occorre precisare che, alla luce di quanto previsto dall’art. 96[7], le sanzioni amministrative trovano applicazione in via residuale, ossia quanto le violazioni non integrano le fattispecie di contrabbando. Nello specifico, l’art. 96 esclude l’applicazione delle sanzioni amministrative – e prevede, pertanto, che in tali ipotesi sia integrata la sola fattispecie penale - ogni qual volta risultino superate le soglie di punibilità previste da tale articolo o ricorra una delle circostanze aggravanti di cui all’art. 88, comma 2, lettere da a) a d)[8].

Secondo l’interpretazione offerta dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con Circolare n. 20/2024 “le disposizioni in parola, così come le successive di cui agli articoli 80, 81,82 e 93 devono essere lette in stretta relazione con l’art. 96 – sanzioni amministrative – in quanto solo in tale disposizione il legislatore ha specificato gli elementi di discrimine tra le fattispecie penali e quelle amministrative. Considerato che il discrimine è stato individuato nell’elemento oggettivo del valore dei diritti di confine dovuti - cosicché, indipendentemente dalla valutazione della presenza o meno dell’elemento soggettivo del dolo, a fronte di una condotta in cui i diritti di confine dovuti, distintamente considerati, sono inferiori a 10.000 euro si applica la sanzione amministrativa mentre se il valore dei diritti è superiore alla sopradetta soglia, anche di un solo euro, si applica la sanzione penale, salvo diversa valutazione dell’Autorità giudiziaria - l’entità della sanzione, in assenza di circostanze aggravanti, per entrambe le fattispecie è stata fissata dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti”.

In conclusione, le fattispecie penali sussistono soltanto (sempre che l’autorità giudiziaria ritenga sussistente il dolo[9]):

 

  • in presenza di una delle circostanze aggravanti di cui all’art. 88, comma 2, lettere da a) a d);

 

  • qualora l’importo di almeno uno dei diritti di confine dovuti, distintamente considerati[10] (e da riferirsi a ciascuna dichiarazione), sia superiore a 10.000 €[11].

 

In relazione alle circostanze aggravanti previste dall’art. 88, pare opportuno sottolineare come in giurisprudenza siano frequentemente riscontrabili ipotesi in cui l’illecito di contrabbando è stato contestato in concorso con il reato di falso ideologico in atto pubblico del privato (art. 483 c.p.) o con il falso ideologico, commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico (combinato disposto degli artt. 48 e 479 c.p.), sul presupposto che la bolletta doganale abbia la qualifica di atto pubblico. In particolare, la Cassazione ha chiarito che “la bolletta doganale di importazione ha natura di atto pubblico e costituisce fattispecie documentale a formazione progressiva in quanto trae origine dalla dichiarazione di parte – formata dall’interessato e presentata nei modi e alle condizioni di legge (D.P.R. n. 43 del 1973, artt. 56 e 57), a cura dello spedizioniere doganale o da un suo procuratore – e si perfeziona, dopo i dovuti controlli, con l’attestazione da parte del pubblico ufficiale – il quale non si limita a recepire le indicazioni del privato, ma effettua sulle stesse una verifica della quale da atto specificamente – della conformità delle dichiarazioni documentali alla situazione riscontrata. Ne consegue che ricorre il delitto di cui agli artt. 48 e 479 cod. pen. ogni qualvolta la falsità delle attestazioni compiute dal funzionario dell’amministrazione doganale sia dovuta all’induzione in errore operata dal privato (Sez. 5^ n. 21355, 15 maggio 2003)[12].

Si segnala, poi, che – in caso di condanna o patteggiamento – ai sensi dell’art. 94, è prevista la confisca obbligatoria, in via diretta, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto, il prodotto o il profitto, e, per equivalente, di somme di denaro, beni e altre utilità di cui il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona[13].

Detto ciò, tra le novità di assoluto rilievo, preme evidenziare come il D.Lgs. 141/2024 (art 27), abbia espressamente incluso l’IVA tra i diritti di confine.

Come noto, è stato un tema ampiamente dibattuto quello della natura giuridica dell’IVA all’importazione e, in particolare, la possibilità di qualificare la stessa come diritto di confine ai fini dell’applicazione delle disposizioni penali contenute nel TULD. Sul punto, pare anzitutto opportuno ricordare come l’art. 70 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 prevedesse che “L'imposta relativa alle importazioni è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione. Si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine”. Alla luce di tale disposizione, che rimanda espressamente alle disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine, si è venuto a creare un contrasto in giurisprudenza, ove: alcune pronunce ritenevano che l’IVA potesse essere qualificata come diritto di confine e, pertanto, alla sottrazione dell’IVA all’importazione potesse conseguire la contestazione delle fattispecie di contrabbando di cui agli artt. 292, 293 e 295 del TULD[14]; altre pronunce che, non qualificando l’IVA come un diritto di confine bensì quale tributo interno, ritenevano l’evasione dell’IVA all’importazione di cui all’art. 70 D.P.R. n. 633/1972 quale una fattispecie autonoma di reato, con un rimando al TULD soltanto ai fini delle pene in essa previste[15].

Quale conseguenza, anche l’evasione dell’IVA all’importazione potrà dar luogo alla contestazione dei reati di contrabbando, inclusi i delitti di omessa e infedele dichiarazione.

Detto ciò, preme sottolineare come, in data 13 giugno 2025, siano entrate in vigore alcune significative modifiche apportate dall’art. 17 D.Lgs. 12 giugno 2025, n. 81 (c.d. “Correttivo”) agli artt. 96, 112 e 118 D.Lgs. 141/2024[16].

In particolare, in merito all’IVA all’importazione, il Decreto Legislativo n. 81/2025 – al fine di allineare la disciplina al sistema sanzionatorio relativo all’IVA interna (e, in particolare, al D.Lgs. 74/2000) – ha innalzato la soglia di punibilità dell’IVA da 10.000 € a 100.000 €[17]. Come precisato nella Circolare n. 14/2025 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, tale modifica “ha reso il sistema sanzionatorio amministrativo doganale coerente con il sistema sanzionatorio relativo all’Iva interna, applicabile ai sensi del decreto legislativo 74/2000, nel quale sono previste soglie di punibilità sensibilmente più elevate rispetto a quella di 10.000 euro fissata dalla previgente disciplina”. Nella stessa circolare si chiarisce poi che “poiché tale modifica introduce un trattamento più favorevole, prevedendo – nei casi in cui i diritti di confine diversi dal dazio siano compresi tra 10.001 e 100.000 euro – una sanzione amministrativa in luogo di quella penale, essa trova applicazione retroattiva per tutte le violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore delle modifiche in argomento”.

 

2. Istituti premiali previsti dal d.lgs. 141/2024. Le cause di esclusione della punibilità. –   Data tale premessa, preme evidenziare come il D.Lgs. 141/2024 contenga alcuni istituti che premiano le azioni rimediali poste in essere dall’autore delle violazioni.

In primo luogo, l’art. 42[18], in ambito amministrativo, prevede la possibilità per la parte di correggere errori o inesattezze nella compilazione della dichiarazione in dogana, inviando entro tre anni dalla data di accettazione della dichiarazione, una istanza di revisione della stessa. 

Tale istituto trova fondamento nella possibilità riconosciuta dal codice doganale unionale (art. 173) di modificare la dichiarazione doganale precedentemente presentata e accettata in dogana.

Il perfezionamento della procedura di revisione su istanza di parte comporta, ai sensi dell’art. 96, comma 13[19], la non applicazione delle sanzioni amministrative. Diversamente, “qualora l’Ufficio competente ritenga di non accoglierla, anche parzialmente, deve notificare un motivato preavviso di diniego alla parte evidenziando l’opportunità di presentare osservazioni e richieste entro il termine di 30 giorni (commi 5 e 6). Decorso tale termine, l’Ufficio deve in ogni caso provvedere a concludere il procedimento con un provvedimento motivato che tenga conto delle osservazioni e delle richieste formulate dalla parte e riporti l’esito dell’attività di controllo[20].

Sul punto, preme evidenziare come la dottrina abbia chiarito che, tra le ipotesi in cui la procedura di revisione non si perfeziona, vi rientrano i casi in cui l’Agenzia riscontri violazioni di natura penale[21].

Dopo aver brevemente analizzato l’istituto amministrativo della revisione su istanza di parte, per quanto di interesse nel presente commento, sul piano delle cause di esclusione della punibilità, preme evidenziare come il D.Lgs. 141/2024 avesse previsto una specifica causa di estinzione del reato all’art. 112[22], la quale recepiva quanto già disposto dal previgente art. 334 TULD[23].

In particolare, tale disposizione prevedeva (e prevede) la possibilità di estinguere i delitti di contrabbando punibili con la sola pena della multa, effettuando il pagamento dei diritti di confine dovuti e di una somma determinata dall’Agenzia in misura non inferiore al 100 per cento e non superiore al 200 per cento dei diritti previsti per la violazione commessa. La causa di estinzione del reato, tuttavia, come precisato dalla disposizione, non impediva l’applicazione dalla confisca in ambito amministrativo da parte dell’Agenzia[24].

Orbene, la causa di estinzione del reato originariamente (in quanto, come si vedrà nel prosieguo, è stata oggetto di recente modifica) prevista dall’art. 112 era quindi applicabile esclusivamente ai reati di contrabbando punibili con la sola pena della multa e non anche alle ipotesi di contrabbando aggravate da una delle ipotesi tipizzate dall’art. 88. In altre parole, la contestazione di una delle circostanze aggravanti previste dall’art. 88, quali la connessione con un delitto contro la fede pubblica o il superamento di determinate soglie monetarie, avrebbe impedito l’applicazione della causa di estinzione del reato.

Tale disposizione – in linea con la sua natura dichiarata di causa di estinzione del reato – non prevedeva alcun limite temporale entro il quale dover effettuare il pagamento integrale né prescriveva una specifica procedura tributaria da seguire per poter beneficiare della stessa.

Detto ciò, per quanto di interesse per il presente contributo, preme evidenziare come il “Correttivo” abbia apportato modifiche rilevanti all’art. 112.

Le modifiche – come evidenziato nella Circolare dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli n. 14/2025 – “hanno lo scopo di favorire lo sviluppo di una più ampia compliance spontanea del contribuente, in linea con la finalità della Riforma fiscale e con gli indirizzi generali nazionali e unionali intrapresi negli ultimi anni, consentendo agli operatori di correggere i propri errori attraverso comportamenti di regolarizzazione”.

In via preliminare, occorre sottolineare come il legislatore abbia apportato lievi modifiche alla causa di estinzione del reato già prevista dal previgente art. 112 ed applicabile alle sole ipotesi di contrabbando non aggravato (punibili con la sola multa). Difatti, in relazione a tale istituto, il legislatore ha sostituito il termine “tributi” con “diritti di confine” (così allineando la terminologia a quella genericamente utilizzata nel Decreto 141/2024) e ha introdotto un termine per il pagamento, il quale deve intervenire entro la “dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”.

La previsione di tale termine è in linea con quanto previsto per le fattispecie meno gravi di cui al D.Lgs. 74/2000, il quale, all’art. 13, comma 1[25], prevede che i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non siano punibili qualora, per l’appunto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, i debiti tributari (compresi interessi e sanzioni) siano estinti mediante integrale pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.

Tale intervento, assimilando il trattamento riservato alle fattispecie connotate da minor disvalore di cui al D.Lgs. 74/2000 a quello previsto in materia doganale per le fattispecie di contrabbando meno gravi (in quanto non aggravate da una delle circostanze di cui all’art. 88) punite con la sola multa, appare coerente e condivisibile.

 

L’elemento di novità di maggior rilievo riguarda, invece, l’introduzione del secondo comma, il quale prevede – a differenza del primo comma che è qualificato dal legislatore come causa di estinzione del reato – una causa di non punibilità.

Questa causa trova applicazione anche nella ipotesi di contrabbando aggravato dal superamento delle soglie previste dal dall’art. 88, comma 2, lettere e ed e-bis, e 3 nonché dalla connessione con un delitto contro la fede pubblica,  a condizione che: (i) il contribuente paghi i diritti di confine, interessi e sanzioni a seguito del ravvedimento operoso di cui all’art. 13, comma 1, lettere a), a-bis), b) e b-bis), del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 472[26] e all’art. 14, comma 1, lettere da a) a d) del decreto legislativo 5 novembre 2024, n. 173[27]; (ii) il pagamento intervenga prima che l’autore della violazione abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali[28].

La causa di non punibilità, peraltro, a differenza di quanto previsto dalla causa di estinzione del reato di cui al primo comma, impedisce l’applicazione della confisca, fermo restando quanto disposto dall’art. 240, secondo comma, c.p.[29].

Per quanto concerne la successione di leggi nel tempo, la stessa Agenzia delle Dogane, con la Circolare n. 14/2025 ha chiarito che la nuova causa di non punibilità “trattandosi di disposizione in materia penale più favorevole al reo…trova applicazione a tutte le fattispecie commesse anteriormente alla data in vigore del decreto di modifica, ancorché accertate successivamente”.

Come risulta evidente agli occhi di chi legge, la “nuova” causa di non punibilità è stata redatta in modo del tutto analogo a quanto previsto in materia di reati tributari dal secondo comma dell’art. 13 D.Lgs. 74/2000[30], il quale prevede, per l’appunto, una causa di non punibilità delle fattispecie dichiarative, anche connotate da fraudolenza[31], qualora i debiti tributari, compresi interessi e sanzioni, siano estinti a seguito del ravvedimento operoso prima che l’autore del reato abbia avuto conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Difatti, la causa di non punibilità introdotta al secondo comma dell’art. 112 trova applicazione anche per alcune ipotesi di contrabbando aggravate (quale la fattispecie di connessione con delitto contro la fede pubblica) – dunque connotate da un maggior disvalore rispetto alle fattispecie non aggravate per le quali è possibile beneficiare della sola causa di estinzione del reato di cui al comma 1 dell’art. 112 – sempreché ciò avvenga prima della conoscenza formale di verifiche da parte dell’Agenzia o di procedimenti penali in corso a proprio carico per le medesime vicende per le quali si è deciso di ravvedersi.

Inoltre, la causa di non punibilità di cui al secondo comma dell’art. 112 – in modo analogo a quanto previsto dall’art. 13, comma 2, D.Lgs. 74/2000, e a differenza della causa di estinzione del reato di cui al primo comma dell’art. 112, la quale non tipizza l’istituto mediante il quale può essere estinto il debito – prevede espressamente che il pagamento debba avvenire mediante l’istituto del ravvedimento operoso.

 

3. Il problematico coordinamento tra la procedura di revisione della dichiarazione e le cause di esclusione della punibilità. – Data tale premessa, si ritiene opportuno svolgere alcune considerazioni in merito ai rapporti tra le cause di esclusione della punibilità e la procedura amministrativa di revisione della dichiarazione ai sensi dell’art. 42.

Per quanto attiene alla causa di estinzione del reato di cui al primo comma, si ritiene che tale disposizione – sia nella previgente versione che in quella attuale – non generi particolari criticità in termini di coordinamento con l’istituto di natura amministrativa della revisione della dichiarazione su istanza di parte. Difatti, qualora, a seguito della presentazione dell’istanza di revisione da parte del dichiarante, l’Agenzia delle Dogane dovesse accertare l’esistenza di una fattispecie di contrabbando non aggravata, il dichiarante – pur in assenza del perfezionamento della procedura di revisione – potrebbe comunque procedere al versamento dei diritti di confine dovuti nonché dell’importo determinato dall’Agenzia a titolo di sanzione. In tal modo, egli potrebbe beneficiare della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 112. Peraltro, non pone problematiche neppure l’introduzione ad opera del “Correttivo” del limite temporale della dichiarazione di apertura del dibattimento, in quanto, qualora tale procedura non dovesse perfezionarsi (nelle ipotesi in cui l’Agenzia dovesse ritenere sussistenti ipotesi di contrabbando non aggravate per mero superamento della soglia di punibilità), si ritiene che il dichiarante potrebbe comunque provvedere al pagamento di quanto dovuto senza incorrere nel rischio di vedere spirato il predetto termine (il pagamento potrebbe infatti intervenire anche prima dell’eventuale trasmissione della notizia di reato all’Autorità Giudiziaria[32]).

Problematiche di coordinamento potrebbero, invece, sorgere con riferimento alla causa di non punibilità di cui al secondo comma.

Come detto, tale causa di non punibilità opera esclusivamente qualora il ravvedimento sia posto in essere prima della conoscenza formale di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Alla luce della previsione di tale preclusione, occorre chiedersi quali siano le conseguenze nella ipotesi in cui l’Agenzia delle Dogane, a seguito della presentazione di un’istanza di revisione della dichiarazione, dovesse considerare configurabile un reato di contrabbando (e la procedura di revisione non dovesse pertanto perfezionarsi). In particolare, qualora si verifichi quanto appena esposto, il soggetto che ha presentato tale istanza potrà comunque accedere al ravvedimento operoso e beneficiare della causa di non punibilità prevista dall’art. 112, comma 2, oppure, al contrario, si vedrebbe preclusa tale possibilità qualora – a causa del mancato perfezionamento della revisione – l’Agenzia dovesse provvedere a formalizzare una contestazione nei suoi confronti?

Sebbene, al momento, né la giurisprudenza né l’Agenzia delle Dogane si siano ancora espresse in merito, e quindi non si possa escludere che possano negare l'applicazione della nuova causa di non punibilità – sostenendo che il mancato perfezionamento della procedura di revisione e la successiva contestazione facciano venir meno il requisito che il ravvedimento avvenga prima della formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’avvio di qualunque attività di accertamento amministrativo o procedimento penale – pare ragionevole sostenere che, se il contribuente effettua il ravvedimento dopo aver avviato un contraddittorio con l’Agenzia delle Dogane in seguito alla presentazione di un’istanza di revisione (e non a seguito di accessi, ispezioni, verifiche o altri accertamenti), l’Agenzia – in coerenza con la finalità della riforma – dovrebbe consentirgli di procedere con il ravvedimento operoso e riconoscere l’applicazione della nuova causa di non punibilità.

Difatti, a ragionare diversamente, si rischierebbe di creare un cortocircuito con la ratio della disciplina e tra istituti previsti dallo stesso corpo normativo. Sul punto, si ritiene che l’istituto della revisione della dichiarazione sia fisiologicamente lo strumento principale previsto dalla normativa doganale che il dichiarante può azionare per correggere eventuali errori nelle proprie dichiarazioni. L’istanza di revisione, infatti, a differenza del ravvedimento operoso (che avviene senza il coinvolgimento dell’Agenzia), permette al dichiarante di correggere errori o inesattezze nella dichiarazione a seguito di un contraddittorio trasparente con l’Agenzia, eliminando così il rischio che ulteriori errori possano essere commessi anche in questa fase.

Peraltro, se si ritenesse che il dichiarante, la cui procedura di revisione non si è perfezionata, non possa più accedere al ravvedimento operoso e quindi beneficiare della causa di non punibilità, si correrebbe un duplice rischio. Da un lato, si finirebbe per svuotare di efficacia l’istituto della revisione della dichiarazione, poiché il contribuente – al fine di avere certezza della applicabilità dell’art. 112, comma 2, e dunque della non punibilità dei fatti – preferirebbe ricorrere direttamente al ravvedimento operoso, evitando la via della revisione. Dall’altro lato, si potrebbe incentivare un uso distorto del ravvedimento operoso: il contribuente, pur di azzerare ogni rischio penale, potrebbe scegliere di ravvedersi “al buio” (cioè senza alcun confronto con l’Agenzia delle Dogane sull’esistenza e sull’entità della violazione, con il rischio di commettere ulteriori errori/imprecisioni) anche in casi che – secondo la propria valutazione - non avrebbero alcuna rilevanza penale.

Che l’eventuale mancato perfezionamento della procedura di revisione della dichiarazione non possa essere ostativo alla applicazione della causa di non punibilità è condiviso (sebbene genericamente sull’art. 112 e non sul secondo comma) anche da un recente commento di dottrina pubblicato nella immediatezza dell’entrata in vigore della disposizione: “Proprio sotto questo profilo, però, se il contribuente presenta una istanza di revisione della dichiarazione e l’ufficio dovesse riscontrare (ad esempio per superamento dei limiti pecuniari) che l’ipotesi ha rilevanza penale, l’ufficio stesso dovrebbe consentire al contribuente di accedere al ravvedimento operoso per il quale l’operatore dovrebbe risultare ammesso, in quanto ha presentato l’istanza in modo del tutto spontaneo[33].

Dopo aver illustrato le ragioni per cui si ritiene che la ratio della riforma e la coerenza del sistema possano essere rispettate esclusivamente ammettendo l’accesso al ravvedimento operoso da parte del dichiarante anche nel caso in cui la procedura di revisione della dichiarazione, attivata su istanza di parte, non si sia perfezionata, è opportuno evidenziare come la disposizione in esame presenti, comunque, un elevato grado di indeterminatezza, che rende auspicabile un intervento chiarificatore da parte del legislatore.

La causa di non punibilità introdotta dall’art. 112, comma 2, è infatti stata trasposta dall’art. 13, comma 2, del D.Lgs. 74/2000 senza tener conto – come appena esposto - delle specificità della normativa doganale e, nello specifico, dell’istituto della revisione della dichiarazione su istanza di parte, privo di corrispettivi nel settore fiscale. Al fine di garantire un coordinamento efficace con tale istituto, sarebbe pertanto auspicabile un intervento normativo volto a disciplinare espressamente che la causa di non punibilità si applichi anche qualora il dichiarante abbia estinto il debito dopo aver presentato l’istanza di revisione della dichiarazione ai sensi dell’art. 42.

 

4. L’ambito soggettivo di applicabilità delle cause di esclusione della punibilità in caso di concorso di persone nel reato. – Infine, si ritiene opportuno svolgere alcune considerazioni sull’ambito soggettivo di operatività delle cause di esclusione della punibilità in esame in caso di concorso di persone nel reato.

Per quanto concerne la causa di estinzione del reato di cui al primo comma[34], sebbene l’art. 182 c.p. preveda il principio generale per cui, salvo che la legge disponga altrimenti, l’estinzione del reato ha effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce, la circostanza che l’estinzione del reato sia subordinata all’integrale pagamento del debito (e, dunque, al venire meno dell’offesa al bene giuridico tutelato) ci porta a ritenere che degli effetti della causa di estinzione del reato non debba beneficiare soltanto colui che ha effettuato il pagamento ma anche gli eventuali concorrenti (i quali, peraltro, potrebbero non essere nella posizione di effettuare tale pagamento, in quanto non legittimati, o comunque perché una volta estinto il debito da uno dei concorrenti non vi sarebbe più alcuna posizione da saldare con l’Agenzia).

Peraltro, la circostanza che la causa di estinzione del reato in commento presenti caratteristiche del tutto analoghe alla causa di non punibilità di cui all’art. 13, comma 1, D.Lgs. 74/2000, ci porta a ritenere utile un confronto con quest’ultima. Sul punto, sebbene la Cassazione sembri essere maggiormente orientata sulla natura soggettiva, si ritiene infatti che – anche alla luce del dato letterale – sia preferibile attribuire alla stessa un’efficacia obiettiva (ossia riconducibile alla sfera di applicazione del secondo comma dell’art. 119 c.p.), così che l’eventuale pagamento effettuato da uno degli autori del reato sia idoneo ad estendersi a tutti gli eventuali concorrenti nel medesimo[35].

Per quanto riguarda, invece, la causa di non punibilità di cui al secondo comma dell’art. 112 e la disciplina dell’ambito soggettivo di applicazione occorre fare riferimento all’art. 119 c.p., il quale disciplina gli effetti delle cause di non punibilità. Tale disposizione prevede che gli effetti della causa di non punibilità si estendono a tutti i concorrenti soltanto nelle ipotesi in cui le circostanze abbiano natura oggettiva (diversamente, qualora abbiano natura soggettiva, hanno effetto soltanto per coloro a cui si riferiscono). Orbene, si ritiene che anche questa causa di non punibilità, essendo subordinata all’estinzione del debito (e, dunque, alla rimozione della lesione del bene giuridico), abbia necessariamente natura oggettiva. Tuttavia, considerando la ratio della disposizione (analoga a quella prevista dall’art. 13, comma 2, del D.Lgs. 74/2000), che subordina gli effetti della causa di non punibilità al pagamento spontaneo, si ritiene che gli effetti estensivi debbano necessariamente incontrare alcuni limiti. Nello specifico, si ritiene che gli effetti della causa potranno estendersi soltanto ai concorrenti che — come colui che ha effettuato il pagamento — non abbiano ricevuto alcuna formale notifica relativa all’attività di accertamento. Al contrario, essa non potrà estendersi a coloro che abbiano avuto formale conoscenza dell’accertamento prima che il pagamento fosse perfezionato[36].

 

 

 

 

[1] Sul punto si rinvia alla Circolare n. 20/2024 della Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

[2] Si veda E. Sbandi-G. Vassallo, La riforma doganale: tra misure correttive e negazione del principio del favor rei, in Il Fisco, 16/2025.

[3]Contrabbando per omessa dichiarazione - 1. È punito con la multa dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti, chiunque, omettendo di presentare la dichiarazione doganale:

a) introduce, fa circolare nel territorio doganale ovvero sottrae alla vigilanza doganale, in qualunque modo e a qualunque titolo, merci non unionali;

b) fa uscire a qualunque titolo dal territorio doganale merci

unionali.

2. La sanzione di cui al comma 1 si applica a colui che detiene merci non unionali, quando ricorrono le circostanze previste nell'articolo 19, comma 2”.

[4]Contrabbando per dichiarazione infedele - 1. Chiunque dichiara qualità, quantità, origine e valore delle merci, nonché ogni altro elemento occorrente per l'applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti in modo non corrispondente all'accertato è punito con la multa dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti o dei diritti indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione”.

[5] Ulteriori fattispecie previste sono: Contrabbando nel movimento delle merci marittimo, aereo e nei laghi di confine (art. 80 D.Lgs. N. 141/2024); Contrabbando per indebito uso di merci importate con riduzione totale o parziale dei diritti (art. 81 D.Lgs. N. 141/2024); Contrabbando nell’esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti (art. 82 D.Lgs. N. 141/2024); Contrabbando nell’esportazione temporanea e nei regimi di uso particolare e di perfezionamento (art. 83 D.Lgs. N. 141/2024); Contrabbando di tabacchi lavorati (art. 84 D.Lgs. N. 141/2024); Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati (art. 86 D.Lgs. N. 141/2024).

[6] Il contrabbando intra-ispettivo si esprimeva per mezzo di false attestazioni o dichiarazioni riguardanti la natura, quantità, qualità o destinazione della merce (falso ideologico in bolletta doganale), mentre quello extra-ispettivo mediante condotte finalizzate ad evitare i controlli doganali. Si veda G. Damascelli, La confisca in Dogana di merci di contrabbando ed i suoi effetti sull’obbligazione doganale ai fini daziari, IVA ed accise, in IUS tributario, 18 maggio 2022; M. Di Lorenzo, Il contrabbando e gli altri reati doganali, Padova, 1956, p. 91.

[7]Sanzioni amministrative 1. È punito con la sanzione amministrativa dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti, e comunque in misura non inferiore a euro 2.000, e, per le violazioni di cui all'articolo 79, in misura non inferiore a euro 1.000, chiunque commette le violazioni di cui agli articoli da 78 a 83, salvo che, alternativamente: 
a) ricorra una delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 88, comma 2, lettere da a) a d); 
b) l'ammontare di almeno uno dei diritti di confine dovuti o indebitamente percepiti, distintamente considerati, ovvero dei diritti di confine indebitamente richiesti in restituzione, sia superiore a euro 10.000
”.

[8] Circostanze aggravanti del contrabbando: 1. Per i delitti previsti negli articoli da 78 a 83, è punito con la multa aumentata fino alla metà chiunque, per commettere il contrabbando, adopera mezzi di trasporto appartenenti a persona estranea al reato.

2. Per i delitti di cui al comma 1, alla multa è aggiunta la reclusione da tre a cinque anni:

a) quando, nel commettere il reato o immediatamente dopo, nella zona di vigilanza, l'autore è sorpreso a mano armata;

b) quando, nel commettere il reato o immediatamente dopo, nella zona di vigilanza, tre o più persone autrici di contrabbando sono sorprese insieme riunite e in condizioni tali da frapporre ostacolo agli organi di polizia;

c) quando il fatto è connesso con altro delitto contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione;

d) quando l'autore è un associato per commettere delitti di contrabbando e il delitto commesso sia tra quelli per cui l'associazione è stata costituita;

e) quando l'ammontare di almeno uno dei diritti di confine dovuti, distintamente considerati, è superiore a 100.000 euro.

3. Per i delitti di cui al comma 1, alla multa è aggiunta la reclusione fino a tre anni quando l'ammontare di almeno uno dei diritti di confine dovuti, distintamente considerati, è maggiore di euro 50.000 e non superiore a euro 100.000”.

[9] Peraltro, come evidenziato dall’Agenzia nella Circolare 20 del 2024 (p. 50), la stessa non deve valutare la sussistenza dell’elemento soggettivo, essendo la valutazione rimessa all’Autorità giudiziaria: “i funzionari verificatori devono sempre procedere, nel rispetto anche delle disposizioni dell’art. 107, all’invio di notizia di reato alla competente Autorità giudiziaria a fronte delle violazioni in questione e, in presenza delle situazioni di seguito indicate: almeno uno dei diritti di confine dovuti supera la soglia di 10.000 euro, non è necessario effettuare alcuna valutazione sulla presenza o meno dell’elemento soggettivo del dolo in quanto attività propria della già menzionata Autorità”.

[10] Tale soglia è da ritenersi riferita al singolo diritto di confine, tra quelli tipizzati all’art. 27: dazi all’importazione e all’esportazione, prelievi e le altre imposizioni all’importazione o all’esportazione, i diritti di monopolio, le accise, l’imposta sul valore aggiunto e ogni altra imposta di consumo. Con l’innalzamento della soglia di punibilità dell’IVA a 100.000 €, tale riferimento è stato eliminato.

[11] La tecnica legislativa di disciplinare le soglie di punibilità non direttamente all’interno della norma incriminatrice ma nella disposizione che disciplina le sanzioni amministrative pare poco condivisibile. L’art. 96 prevede, infatti, l’applicazione di sanzioni amministrative salvo che ricorra una delle ipotesi aggravate di cui all’art. 85 o l’ammontare di almeno uno dei diritti di confine dovuti sia superiore a 10.000 €. Tuttavia, tale disposizione non contiene né clausole di riserva espresse (ad es. “salvo che il fatto costituisca reato”) né prevede espressamente l’applicazione delle “sole” sanzioni amministrative.

[12] Cass., Sez. III, 2 marzo 2011, n. 8096; nello stesso senso Cass., 7 ottobre 2019, n. 41045; Cass., Sez. III, 10 ottobre 2023, n. 48808.

[13]Delle misure di sicurezza patrimoniali. Confisca - 1. Nei casi di contrabbando, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto ovvero il prodotto o il profitto. Quando non è possibile procedere alla confisca delle cose di cui al primo periodo, è ordinata la confisca di somme di denaro, beni e altre utilità per un valore equivalente, di cui il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona.

2. Sono in ogni caso soggetti a confisca i mezzi di trasporto, a chiunque appartenenti, che risultino adattati allo stivaggio fraudolento di merci ovvero contengano accorgimenti idonei a maggiorarne la capacità di carico o l'autonomia, in difformità delle caratteristiche costruttive omologate, o che siano impiegati in violazione alle norme concernenti la circolazione o la navigazione e la sicurezza in mare.

3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 240 del codice penale, se si tratta di mezzo di trasporto appartenente a persona estranea al reato, qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito impiego, anche occasionale, e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza.

4. Le disposizioni del presente articolo si osservano anche nel caso di applicazione della pena su richiesta a norma del libro VI, titolo II, del codice di procedura penale.

5. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per taluno dei delitti previsti dall'articolo 88, comma 2, si applica l'articolo 240-bis del codice penale.

[14] Cass., Sez. III, 14 marzo 2024, n. 22297; Cass. Sez. III, 20 maggio 2015, n. 26202; Cass., Sez. III, 8 luglio 1992, n. 1298.

[15] Cass., Sez. III, 17 gennaio 2014, n. 13040; Cass., Sez. III, 17 marzo 2010, n. 16860. Sul punto, si segnala la recente sentenza della Corte costituzionale, n. 93/2025, la quale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 70, comma 1, DPR 633/1972 nella parte in cui “nello stabilire che si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine, non prevede che, in caso di applicazione dell’art. 301 del d.P.R. n. 43 del 1973, le cose che costituiscono oggetto della violazione non sono confiscate se l’obbligato provvede al pagamento integrale dell’importo evaso, degli accessori, comprensivi degli interessi, e della sanzione pecuniaria”.

[16] In merito alla riforma, si rinvia alla circolare 14/2025 della Agenzia delle Dogane.

[17] In modo coerente, il D.Lgs. 12 giugno 2025, n. 81 è intervenuto anche sull’art. 88, innalzando le soglie monetarie rilevanti ai fini della circostanza aggravante per l’omesso pagamento dei diritti di confine diversi dal dazio (i.e. l’IVA all’importazione). Il contrabbando punibile con la multa in aggiunta alla reclusione fino a 3 anni si applicherà pertanto alle ipotesi comprese tra 200.001 € e 500.000 €. Il contrabbando punibile con la multa in aggiunta alla reclusione da 3 a 5 anni si applicherà alle ipotesi in cui i diritti di confine dovuti eccedano 500.001 €.

[18] Revisione della dichiarazione: “1. Per la revisione delle dichiarazioni è competente l'ufficio dell'Agenzia presso il quale la dichiarazione è stata registrata ovvero l'ufficio dell'Agenzia nel cui ambito territoriale è ubicata la sede legale della parte, qualora il controllo abbia avuto ad oggetto dichiarazioni registrate presso due o più uffici dell'Agenzia.

2. La revisione della dichiarazione è avviata dall'ufficio dell'Agenzia a seguito di ricezione dei verbali di cui all'articolo 41, comma 1, ovvero su istanza della parte.

3. A seguito di istanza di revisione della dichiarazione, l'ufficio dell'Agenzia opera con i poteri e le facoltà di cui all'articolo 40.

4. Il procedimento si conclude in ogni caso entro i termini fissati dalla normativa doganale unionale.

5. La parte può comunicare al competente ufficio dell'Agenzia, entro trenta giorni, decorrenti dalla data di notifica o avvenuta consegna del verbale di constatazione, osservazioni e richieste, di cui l'ufficio dell'Agenzia tiene conto nel provvedimento finale.

6. Nel caso di revisione della dichiarazione su istanza di parte, l'Agenzia, se ritiene di non accogliere, anche solo parzialmente, detta istanza, notifica un preavviso di diniego alla parte che, entro il termine di cui al comma 5, può presentare osservazioni e richieste.

7. Decorsi i termini di cui ai commi 5 e 6, l'Agenzia, entro il termine di cui al comma 4, notifica alla parte il provvedimento motivato recante l'esito dell’attività di controllo.

8. Nel caso in cui l'esito dell’attività di revisione si concluda con la rettifica della dichiarazione, l'Agenzia procede al recupero dei maggiori diritti ovvero al rimborso.

9. L'Agenzia trasmette il provvedimento di cui al comma 7, unitamente alle eventuali osservazioni della parte, anche all'organo competente per l'irrogazione delle sanzioni diverse da quelle doganali.

10. L'Agenzia può stabilire modalità semplificate per la revisione delle dichiarazioni che non comportano rimborsi o sgravi e nel rispetto della normativa doganale unionale”.

[19] Sanzioni amministrative: “13. Non si applicano le sanzioni amministrative in tutti i casi in cui la revisione della dichiarazione di cui all'articolo 42, è avviata su istanza del dichiarante. Sugli eventuali maggiori diritti di confine sono dovuti gli interessi di cui all'articolo 49, qualora l'istanza di revisione della dichiarazione sia presentata oltre novanta giorni dopo lo svincolo delle merci cui detta dichiarazione si riferisce”.

[20] Circolare 20/2024 dell’Agenzia, p. 26.

[21] Rota-Santacroce, Dichiarazioni doganali, nuove soglie per la regolarizzazione degli errori, in Sole24h, 1° luglio 2025. In merito a tale istituto, l’Agenzia delle Dogane con circolare n. 25/2024 ha valorizzato la circostanza che il dichiarante decida spontaneamente di correggere la propria dichiarazione come sintomatico della sua buona fede, nonché come elemento da prendere in considerazione al fine di valutare la sussistenza del reato di contrabbando per dichiarazione infedele: “la presenza di errori o inesattezze sulla dichiarazione in dogana, evenienza prevista dalla richiamata normativa unionale, non sono, di per sé, riconducibili all’ipotesi di dichiarazione infedele previste dall’art. 79, il cui presupposto è l’intenzionalità, a maggior ragione nel caso di errori o inesattezze che il dichiarante chiede spontaneamente di correggere ed a prescindere dall’importo dei diritti di confine che la parte intende pagare nell’ambito della revisione. Si ritiene, pertanto, che le ipotesi in cui l’Agenzia possa riscontrare la sussistenza di reati debba essere residuale e limitata a fattispecie connotate da fraudolenza, dovendo invece ritenere insufficiente il mero superamento della soglia di punibilità.

[22]Estinzione dei delitti di contrabbando punibili con la sola multa

1. Per i delitti di contrabbando punibili con la sola pena della multa, l'autore della violazione può effettuare il pagamento, oltre che del tributo eventualmente dovuto, di una somma determinata dall'Agenzia in misura non inferiore al 100 per cento e non superiore al 200 per cento dei diritti previsti per la violazione commessa.

2. Il pagamento della predetta somma e del tributo estingue il reato.

3. L'estinzione del reato non impedisce l'applicazione della confisca, la quale è disposta con provvedimento dell'Agenzia”.

[23]Estinzione dei delitti di contrabbando punibili con la sola multa

Per i delitti di contrabbando punibili con la sola pena della multa, l'amministrazione doganale può consentire che il colpevole effettui il pagamento, oltre che del tributo dovuto, di una somma non inferiore al doppio e non superiore al decuplo del tributo stesso, da determinarsi dall'amministrazione medesima.

Il pagamento della somma anzidetta e del tributo estingue il reato.

L'estinzione del reato non impedisce l'applicazione della confisca, la quale è disposta con provvedimento dell'amministrazione doganale”.

[24] Sul punto, si segnala che il Governo ha predisposto uno schema di Decreto Legislativo recante “disposizioni integrative e correttive in materia di Irpef e Ires, di fiscalità internazionale, di imposta sulle successioni e donazioni e di imposta di registro, nonché di modifica allo statuto dei diritti del contribuente e ai testi unici delle sanzioni tributarie amministrative e penali, dei tributi erariali minori, della giustizia tributaria e in materia di versamenti e di riscossione”, il quale propone di modificare l’art. 112, comma 1, escludendo l’applicazione della confisca, “salvi i casi in cui siano vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione delle merci oggetto dell'illecito e fermo restando quanto disposto dall'articolo 240, secondo comma, del codice penale”.

[25]Cause di non punibilità. Pagamento del debito tributario 1. I reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso

[26]1. La sanzione è ridotta, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza:

a) ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione;

a-bis) ad un nono del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro novanta giorni dalla data dell'omissione o dell'errore, ovvero se la regolarizzazione delle omissioni e degli errori commessi in dichiarazione avviene entro novanta giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione in cui l'omissione o l'errore è stato commesso;

b) ad un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;

b-bis) ad un settimo del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre un anno dall'omissione o dall'errore”.

[27]1. La sanzione è ridotta, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza:

a) a un decimo del minimo, nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione;

b) a un nono del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro novanta giorni dalla data dell'omissione o dell'errore ovvero se la regolarizzazione delle omissioni e degli errori commessi in dichiarazione avviene entro novanta giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione in cui l'omissione o l'errore è stato commesso;

c) a un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;

d) a un settimo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre un anno dall'omissione o dall'errore”.

[28] In modo analogo, il “correttivo” è intervenuto anche sull’art. 96, comma 13, precisando che la non applicazione delle sanzioni amministrative in caso di istanza di revisione presentata dalla parte operi esclusivamente qualora l’istanza sia presentata prima di aver avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

[29] È sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prezzo del reato e delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato in sé.

[30]2. I reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali”. Per un approfondimento si rinvia a L. Salvini-F. Cagnola, Manuale professionale di diritto penale tributario, Torino, 2022, pp. 349 e ss.

[31] La causa di non punibilità si applica infatti non solo alle fattispecie di omessa e infedele dichiarazione (artt. 4 e 5) ma anche alle fattispecie di dichiarazione fraudolenta (artt. 2 e 3).

[32] Peraltro, in virtù di quanto previsto dagli artt. 107, 108 e 109, si ritiene che l’Agenzia – prima di procedere alla trasmissione del processo verbale all’autorità giudiziaria – debba permettere al dichiarante di procedere al pagamento al fine di beneficiare della causa di estinzione del reato e, qualora ciò avvenga, non debba procedere con tale invio.

[33] Rota-Santacroce, op. cit.

[34] La decisione del legislatore di qualificare come causa di estinzione del reato quella del primo comma dell’art. 112 pare, discutibile nella misura in cui la stessa presenta tutte le caratteristiche tipiche delle causa di non punibilità in senso stretto: (i) la condotta restaura il bene giuridico patrimoniale leso; (ii) l’adempimento è riconducibile ad una condotta resipiscente del reo; (iii) l’adempimento deve avvenire entro un termine (la dichiarazione di apertura del dibattimento); (iv) la contro-condotta deve essere efficace, ossia estinguere il debito (F. Fasani, Il volto e le maschere. Premesse a uno studio sulla categoria unitaria delle cause di estinzione della punibilità, in questa Rivista). Nel senso che la causa in commento avrebbe dovuto essere qualificata come causa di non punibilità fa propendere anche la circostanza che il D.Lgs. 12 giugno 2025, n. 81, nell’ introdurre la previsione di uno specifico termine entro il quale ottemperare (prima della dichiarazione di apertura del dibattimento), abbia del tutto assimilato questa causa all’art. 13, comma 1, D.Lgs. 74/2000, il quale disciplina per l’appunto una causa di non punibilità. Ed ancora, introducendo – in modo analogo a quanto previsto dall’art. 13, comma 2, D.Lgs. 74/2000 – una causa di non punibilità al secondo comma, avente presupposti differenti (è applicabile anche ad alcune fattispecie aggravate di contrabbando e presuppone che il pagamento avvenga mediante ravvedimento operoso prima della conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali) ma condividendone comunque i connotati essenziali, si ritiene che il legislatore avrebbe potuto cogliere l’occasione per modificarne la qualifica.

[35] In tal senso si è pronunciata la giurisprudenza di merito in relazione alla causa di non punibilità di cui all'art. 13. La quale ha ritenuto applicabile la causa di non punibilità all’autore del reato ove il pagamento era stato effettuato dal liquidatore giudiziale (Corte App. Milano, Sez. II, 20 aprile 2017, n. 2810; sebbene non espressamente, in tal senso, sembra orientata anche Cass. pen., Sez. III, 28 settembre 2016, n. 40314). Di questo avviso in dottrina E. Mastrogiacomo, Commento agli artt. 13 e 13 bis d.lgs. n. 74/2000 mod. d.lgs. n. 158/2015, in I. Caraccioli (a cura di), I nuovi reati tributari. Commento al d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, Milano, 2016, p. 270; R. Amadeo, Commento sub art. 13, in C. Nocerino-S. Putinati (a cura di), La riforma dei reati tributari. Le novità del d.lgs. n. 158/2015, Torino, 2015, p. 331. Si segnala in senso contrario Cass. pen., Sez. III, 2 ottobre 2020, n. 34940, la quale ha affermato che si tratterebbe di una “causa personale di esclusione della punibilità” e che “tenuto al pagamento del debito è esclusivamente l’autore del reato e, dunque, colui che era obbligato al versamento delle somme dovute”. In particolare, con riferimento alla circostanza attenuante di cui all’art. 13-bis, la quale non potrebbe estendersi ai concorrenti, salvo che abbiano manifestato la propria volontà di riparazione del danno, si veda Cass., Sez. III, 14 luglio 2021, n. 35225.

[36] In tal senso, si veda L. Salvini-F. Cagnola, Op. cit., p. 361.