Cass. Sez. VI, 23 giugno 2025 (ud. 12 marzo 2025), n. 23335, Pres. Fidelbo, Est. Silvestri
Con la sentenza che può leggersi in allegato, la Sesta Sezione penale della S.C. ha affermato che, in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, “il giudice che, in astratto, ritiene ammissibile la sostituzione della pena non può rigettare la richiesta in ragione dell’inidoneità del programma di trattamento predisposto dall’UEPE, essendo tenuto ad attivarsi, anche mediante l’interlocuzione con tale ufficio, in funzione dell’adozione di un trattamento sanzionatorio realmente ritagliato sull’unicità del soggetto condannato, che contenga il rischio di una sua recidivanza e ne favorisca il reinserimento sociale”.
In proposito, la Corte ha precisato che la sequenza procedurale prevista dal nuovo art. 545-bis cod. proc. pen. investe il giudice della cognizione della decisione sulla sostituzione della pena e, questi, dispone di un’ampia discrezionalità e di un “un ampio potere di acquisizione di ogni informazione utile al fine di determinare il contenuto di una pena "individualizzata" alla singola persona, atteso che solo ciò consente di realizzare una più proficua funzione rieducativa. Nessuna preclusione, nessun vincolo, nessuna rigidità procedimentale”. È quindi “il giudice, non l'U.E.P.E. che individua la pena sostitutiva e ne determina il suo contenuto in concreto, in ragione della persona imputata”, in modo tale da garantire una “una risposta sanzionatoria individualizzata e calibrata sulle specifiche esigenze del reo”. In una prospettiva siffatta, il giudice è allora “chiamato ad un accertamento complesso perché funzionale ad individuare una pena idonea, da una parte, ad evitare pericoli di recidiva e, dall'altra, a favorire il reinserimento sociale del reo […]. La pena è determinata dal giudice e questo […] si confronta con l'U.E.P.E. e con le parti, e acquisisce ogni informazione utile per un trattamento realmente ritagliato sull'unicità del soggetto condannato”.
Sulla scorta di quanto premesso – conclude la Corte – “non è ammissibile un rigetto della richiesta sulla base della mera inidoneità del programma predisposto dall'U.E.P.E.”, in quanto il giudice dovrebbe comunque verificare “la possibilità di individualizzare la pena in modo diverso rispetto al programma predisposto”.
(Gabriele Ponteprino)