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  Opinioni  
20 Febbraio 2025


La separazione delle carriere, tra ragioni apparenti e ragioni reali. I perché di un no


1. Premessa. Non è facilissimo trovare le parole migliori per esprimere, in via di sintesi, le ragioni della radicale contrarietà alla prospettiva di riforma costituzionale.

È anche difficile trovare la cifra stilistica migliore, tra le opposte esigenze di un linguaggio adeguato ad un dialogo tra giuristi e di quello facilmente fruibile per un pubblico più ampio, il pubblico dei cittadini verosimilmente chiamati ad esprimersi attraverso il referendum e comunque in via generale destinatari finali della riforma.

Provo a trovare la misura con alcune considerazioni introduttive.

In primo luogo, è un diritto dei magistrati, e della loro associazione, esprimersi sulla prospettiva di riforma.

E un diritto di tutti, quindi certamente anche dei magistrati, a fronte di una prospettiva di riforma che tocca l’assetto dei poteri dello Stato, in danno – come si vedrà – dei cittadini.

Ritengo doveroso ribadire qui che la manifestazione di opinione al riguardo è libera, ed è necessario ribadirlo in un dialogo che rimane necessario con l’avvocatura anche se sono intervenuti attacchi scomposti di una parte dell’avvocatura,

Sono attacchi che mi hanno profondamente amareggiato e rispetto ai quali mi sarei aspettato, come cittadino e come magistrato, soltanto delle scuse tempestive e serene.

Faccio riferimento in particolare al comunicato ufficiale dell’Unione delle Camere Penali del 21 dicembre del 2024 che – a fronte delle sentenze pronunciate dai Giudici nei confronti dei Senatori Matteo Renzi e Matteo Salvini – ha non solo affermato che vi sarebbe stato uso politico dello strumento giudiziario da parte della Magistratura, ma che tale uso avrebbe avuto tratti eversivi, auspicando quindi di mettere fine a questa deriva attraverso una organica riforma costituzionale dell’assetto della magistratura.

L’accusa di “uso politico dello strumento giudiziario”, ma addirittura di “tratti eversivi”, rivolta alla magistratura è incredibilmente grave ed offensiva.

Ciascuno di noi dovrebbe conoscere il significato dei termini che usa, e della storia del nostro paese, almeno negli aspetti essenziali.

Sapere che cosa è l’eversione non dovrebbe essere così difficile, e sembrerebbe essere doveroso da parte di chi scrive a nome degli avvocati dell’Unione delle Camere Penali.

Così come dovrebbe essere conosciuto il ruolo della magistratura nel contrasto all’eversione ed il sacrificio di magistrati ed anche di avvocati (il riferimento – scontato – alle vittime del terrorismo)[1].

Collegare poi sentenze di assoluzione/non doversi procedere, intervenute all’esito dei relativi procedimenti, alla esigenza della riforma costituzionale rivela in modo plastico la realtà della prospettiva di riforma, anche secondo l’avvocatura, oltre che secondo il Governo: non il giusto processo, il cui esito è stato appunto l’assoluzione all’interno del processo, ma impedire in radice le attività dei Pubblici Ministeri nei confronti del potere politico, degli esponenti della politica e del potente di turno.

Comunque, a fronte delle accuse di uso politico della giustizia e di eversione, le scuse non sono arrivate.

Credo sia veramente necessario fermarsi e fare un passo indietro; se fare il passo indietro è troppo impegnativo, almeno fermarsi.

In secondo luogo, esiste uno scarto enorme tra le ragioni ufficiali portate a favore della riforma, dai sostenitori/proponenti, e le ragioni reali peraltro non troppo mascherate ed anzi in molti casi espresse in chiaro.

Proviamo a vedere le une e le altre.

 

2. Le dichiarate ragioni a favore. – Dagli atti ufficiali (la relazione di accompagnamento al disegno di legge costituzionale) risulta che gli obiettivi della riforma, e le ragioni poste a fondamento della stessa, sono sostanzialmente tre: 1) garantire in modo migliore la terzietà del giudice e la parità delle parti nel processo, ai sensi dell’art. 111 Cost., che devono passare necessariamente attraverso la separazione delle carriere; 2) assegnare alla sorte la scelta dei componenti togati del Consiglio Superiore (oltre che dei componenti laici, con un diverso meccanismo di sorteggio), in quanto l’autogoverno garantito dal C.S.M. deve costituire “patrimonio” di ogni magistrato, selezionabile attraverso l’estrazione, e perché l’elezione prevista dalla Costituzione vigente non ha dato buona prova di sé; 3) collocare il potere disciplinare al di fuori delle attribuzioni del Consiglio Superiore per garantire la terzietà del giudice della giustizia disciplinare.

Queste tre ragioni non giustificano in alcun modo la prospettiva di riforma costituzionale, tanto che si dovrà passare a valutare le ragioni reali.

Quanto al primo punto, sostengono i fautori della riforma che laddove c’è processo accusatorio c’è separazione delle carriere: solo la separazione delle carriere garantirebbe la terzietà del Giudice.

Lo proverebbe la comparazione con gli ordinamenti degli altri paesi, che vedono necessariamente insieme processo accusatorio e separazione delle carriere.

È in realtà noto a (quasi) tutti che la comparazione dovrebbe essere mestiere serio e dovrebbe implicare approfondimenti seri.

Citare come modelli di riferimento il processo nord-americano o del Regno Unito[2], ed i rispettivi assetti costituzionali/ordinamentali, è estremamente difficile, quasi impossibile e francamente sorprendente, e solo chi poco sa lo può proporre o sostenere.

Quei sistemi non sono paragonabili al nostro, in nessun modo, e non si può prendere un pezzetto per giustificare la prospettiva di riforma tralasciando tutto il resto, la storia profonda dei paesi, sin dalle origini, le interconnessioni tra i poteri, i meccanismi complessi di checks and balances, l’evoluzione e ibridazione dei sistemi processuali.

Negli Stati Uniti non c’è un unico modello di prosecutor, esistendo più sistemi statali diversi tra loro, da una parte, e quello federale dall’altra.

In ogni caso il prosecutor è espressione diretta/indiretta della politica, o attraverso l’elezione diretta da parte dei cittadini (State Attorneys, o anche su livelli territoriali più ridotti) o attraverso la nomina da parte del Presidente (U.S. Attorneys).

Il Presidente degli Stati Uniti, capo dello Stato e dell’esecutivo, esercita diretti poteri sull’Attorney general, Procuratore Generale e capo del Dipartimento di Giustizia, e quindi “per li rami” su tutto il complessivo sistema requirente di giustizia.

Gli ultimi esempi di executive orders del Presidente Trump all’Attorney general sono estremamente significativi al riguardo, e richiederebbero approfondimenti e commenti[3].

Si possono ricordare a solo titolo di esempio l’ordine esecutivo del 20 gennaio 2025 di dare effettività alla pena di morte al livello federale, ed indirettamente a quello statale[4], e quello ancora più recente – del 10 febbraio 2025 – diretto a bloccare ogni nuova iniziativa nel settore della corruzione internazionale per un significativo lasso temporale[5], sul presupposto che tali iniziative danneggino gli interessi degli Stati Uniti. 

Accusatorio e carriere separate; nel contempo ordini all’Attorney general da parte del Presidente capo dell’esecutivo, da eseguire presto e bene da tutta la catena di comando; l’Attorney General esegue presto e bene, e vedremo l’impatto sul numero delle esecuzioni delle pene di morte.

Ancora. Il c.d. processo adversary si avvera in percentuale variabile tra il 3 ed il 5% dei casi, con differenze tra giustizia statale e federale, e tutto il residuo, cioè la stragrande maggioranza dei casi (sempre, comunque, superiore al 90%), si chiude con accordo tra difesa e prosecutor, con potere di controllo quasi nullo del giudice.

L’azione penale del prosecutor è del tutto discrezionale e rientra nel contenuto spendibile dell’accordo para-amministrativo con l’incolpato, così come l’inazione è soggetta a scarsissimo potere di controllo del Giudice.

La decisione nel 3% dei casi, per i quali opera l’adversary, si esprime con il verdetto immotivato della Giuria.  

Deve essere quindi chiaro: carriere separate sì, ma – al contempo ed in modo consustanziale[6]p.m. elettivo o nominato, dipendente dal corpo elettorale o dal Presidente capo dell’esecutivo; processo accusatorio di fronte al Giudice ridotto al 3/5% dei casi; decisione immotivata della giuria; radicale ridimensionamento dell’impugnazione; discrezionalità assoluta dell’azione penale; definizione patteggiata nella più parte dei casi trattati sia al livello federale che statale, e quindi giustizia negoziata e non giustizia “giusta” (più una serie di effetti a cascata, ad esempio sul rapporto tra agenzie di investigazione e prosecutor).

Le carriere separate hanno costi necessari ed inevitabili, proprio quelli che i sostenitori della riforma dichiarano che non vogliono realizzare.

Ma ancora: sono carriere separate, ma c’è in realtà grande normalità dell’interscambio, sino alla possibilità per i vertici degli uffici requirenti di diventare Giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti, come è successo nel corso della storia e succede ancora oggi; o ancora, di abbracciare la carriera politica diretta anche all’interno dello Stato dove si è svolta la funzione requirente di vertice (v. ad esempio il percorso professionale di Rudolph Giuliani).

Non si capisce proprio, allora, che cosa c’entri ed a che cosa serva citare questi esempi.

La comparazione non aiuta, se non nel senso di rendere evidente che là dove le carriere sono separate il pubblico ministero è sottoposto al potere esecutivo, in modi e misure diverse, variabili tra un più ed un meno, ma in modo ineluttabile.

Del resto, la storia prova che i poteri sono tre (legislativo, esecutivo e giudiziario), non quattro, ed il quarto non ha un proprio spazio autonomo: finisce dentro il secondo, l’esecutivo.

Da un po’ di tempo, dopo un’affannosa ricerca, viene citata come unica eccezione il Portogallo, ma non si capisce per quale profonda ragione si debba seguire l’esempio del Portogallo e nessuno ha provato a spiegarlo, senza aggiungere che comunque il sistema ordinamentale portoghese è significativamente diverso dal nostro (il Procuratore Generale è l’organo “di vertice” del Pubblico Ministero, ed è nominato dal Presidente della Repubblica su proposta del Governo).

Non serve quindi la comparazione per cercare “buone ragioni” della riforma, ma non serve neppure fare riferimento all’art. 111 della Costituzione tanto che la riforma del “giusto processo” è in vigore dal 1999, e non vi è stata sino ad ora la particolare esigenza costituzionale delle ulteriori modifiche ordinamentali oggi perseguite.

Il processo accusatorio sta benissimo con l’attuale assetto ordinamentale[7], a meno di non cadere nell’antologia di sciocchezze del “non diamoci del tu”, o cose simili (“prendono il caffè insieme”) o della costruzione di edifici separati di modo da impedire frequentazioni improprie ed i relativi asseriti condizionamenti delle decisioni.

Del resto, è già stato detto in tutti i modi possibili che se il problema fosse il “tu”, o il caffè condiviso o il tetto comune, cosa si dovrebbe fare rispetto ai Giudici di appello chiamati a decidere sulle sentenze di primo grado; o i magistrati della Corte di Cassazione rispetto ai colleghi delle Corti di Appello; o i giudici del tribunale del Riesame rispetto ai G.I.P. etc.

Quanti palazzi separati – e bar diversamente frequentati – sarebbero necessari; quante invasive verifiche sulla modalità dell’interlocuzione, e sul pronome utilizzato, nelle conversazioni giudice/giudice; p.m./giudice; avvocato/giudice; avvocato/p.m.

Però di queste cose, onestamente, mi vergogno assai di parlare e non parlo.

Quanto al secondo punto, poco da dire sull’estrazione a sorte, nuovo criterio di scelta dei componenti dei due C.S.M. e dell’Alta Corte disciplinare, modulata in modo asimmetrico – come è noto – a seconda che si tratti di membri togati o laici, o componenti dell’Alta Corte.

Quindi l’estrazione a sorte inserita in Costituzione, la nostra Costituzione.

Per i nuovi Costituenti della giustizia l’estrazione a sorte dei magistrati che dovranno comporre i due Consigli Superiori della Magistratura e l’Alta Corte disciplinare è un valore costituzionale, tanto da essere necessariamente prevalente su qualsiasi meccanismo elettivo decidibile dal legislatore ordinario (sino ad oggi c’era l’elezione, con il suo profondo significato valoriale; da oggi la sorte).

Su questo aspetto credo sia giusto esprimere concetti chiari.

L’estrazione a sorte è un fatto offensivo nei confronti della Magistratura, incompatibile con i valori costituzionali e funzionale alla delegittimazione dei due/tre nuovi organi costituzionali.

I sorteggiati esprimono solo se stessi, non fanno i conti con opinioni diverse, con le diverse idealità che vengono espresse all’interno del corpo dei magistrati, e quindi non esprimono in alcun modo il pluralismo delle idee.

I sorteggiati non sono tenuti ad interrogarsi e confrontarsi con altri, anzi hanno il mandato “della sorte” di non farlo.

Il sorteggio esprime valori diversi da quelli propri della democrazia costituzionale ed il C.S.M. diventa a maggior ragione mero organo di amministrazione/gestione in senso stretto, non più l’organo costituzionale preposto alla tutela dell’autonomia ed indipendenza della magistratura, come è fatto proprio dall’art. 104 della Costituzione.

Il Presidente della Repubblica verrà a presiedere due organi costituzionali di sorteggiati, sul presupposto che non vi sia altro meccanismo di selezione degno dell’organo e della magistratura.

È veramente strano non sentire parole chiare da parte dell’Avvocatura al riguardo.

Quanto al terzo punto, la creazione dell’Alta Corte disciplinare va nella stessa direzione di delegittimazione e di svilimento del ruolo costituzionale del Consiglio Superiore, sottraendo all’organo di autogoverno la giurisdizione disciplinare; il presupposto è che l’attuale sistema non garantirebbe la terzietà del giudice disciplinare, trattandosi di giurisdizione domestica ed addomesticata.

Ovviamente nessun dato empirico che supporti lo slogan viene offerto, e probabilmente i nuovi Costituenti si dimenticano del fatto che titolare del potere disciplinare è anche il Ministro della Giustizia, che ha altresì il potere/dovere di controllare le decisioni della Sezione disciplinare del C.S.M. essendo titolare del potere di impugnazione delle sentenze disciplinari di fronte alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. 

L’ “addomesticamento” delle decisioni, frutto della mancanza di terzietà dell’organo disciplinare, vedrebbe quindi la partecipazione colpevole del Ministro della Giustizia o quanto meno la sua colposa inerzia.

Ma c’è di più: nel caso dell’Alta Corte disciplinare non vi è solo il sorteggio come criterio di selezione dei magistrati componenti, ma un’estrazione a sorte limitata ai magistrati che hanno svolto o svolgono funzioni di legittimità.

Quindi non solo la sorte, ma anche la gerarchia, o comunque la primazia derivante dall’esercizio di funzioni di legittimità, e non si comprende perché mai debbano essere soltanto giudici di legittimità i giudici disciplinari dei magistrati, anche considerato che l’art. 107 comma 3 Cost. non è modificato.

Vi sono ulteriori problemi, seri, che per ragioni di spazio non possono essere qui affrontati (quanto meno: impugnazione delle sentenze emesse dall’Alta Corte soltanto di fronte alla stessa Alta Corte; modalità di composizione dei collegi; ruolo del Procuratore Generale della Cassazione rispetto alla separata magistratura giudicante; limitazione della giurisdizione disciplinare dell’Alta Corte ai soli magistrati ordinari). Probabilmente una banale e saggia comparazione, almeno al livello europeo, porterebbe ad escludere presto e bene soluzioni come quelle proposte ai punti 2 e 3.

Ma qui la comparazione non deve più operare, così come sembra non pervenuta la conoscenza dei vincoli sovranazionali, e cominciano già ora ad essere espressi i primi dubbi e perplessità sulla tenuta della riforma rispetto ai valori/principi non negoziabili posti a fondamento dell’Europa[8].

 

3. La pluralità di ragioni contro e le ragioni reali a fronte di quelle dichiarate. – In aggiunta a quanto sopra detto, vi sono ulteriori ragioni di contrarietà.

La moltiplicazione degli organi costituzionali ha come primo e necessario impatto la riduzione di autorevolezza dell’organo unico.

Ma – si potrebbe argomentare – la riduzione di autorevolezza è perseguita.

Allora più banalmente la moltiplicazione degli organi è un fatto estremamente dannoso secondo la regola generale di buona amministrazione (costituzionalizzata grazie all’art. 97): vi sarà infatti la moltiplicazione dei consiglieri; la triplicazione della relativa macchina burocratica; il lievitare vistoso dei costi; la moltiplicazione delle questioni procedurali e dei contenziosi ai più vari livelli; la disciplina di dettaglio sulle forme di cooperazione/collegamento tra i due C.S.M. sulle questioni di comune rilevanza; ragionevolmente la duplicazioni dei Consigli giudiziari presso le ventisei Corti d’Appello, e chissà che altro.

In più il Presidente della Repubblica – il Presidente dei sorteggiati – dovrà interloquire regolarmente con i due diversi Vicepresidenti dei due organi su tutte le questioni di maggiore rilievo, facendo anche la spola, non sempre, ma in occasioni significative, tra il palazzo Bachelet ed il nuovo palazzo in fase di individuazione/costruzione.

Manca inoltre nel novello Costituente quel minimo di conoscenza della storia e del ruolo della magistratura all’interno della storia del paese, ruolo assolutamente fondamentale quando altre istituzioni “non c’erano” oppure operavano in direzioni contrarie: dal terrorismo interno in tutte le sue drammatiche manifestazioni; alle mafie sino all’attacco diretto allo Stato; alla corruzione generalizzata ai più alti livelli.

Questa storia importante è il frutto di questa nostra Costituzione.

Ma la contrarietà diventa – se possibile – ancora più radicale nel momento in cui si considerano le ragioni reali della riforma, non nascoste ed anzi espresse in chiaro in una pluralità di occasioni da persone che svolgono ruoli istituzionali ed hanno quindi titolo di parlare e devono essere ascoltate.

Non si tratta quindi di processo alle intenzioni, ma di intenzioni dichiarate ai più vari livelli dai promotori e responsabili politici della riforma.

Sintesi delle varie dichiarazioni autorevoli: il giudiziario non deve “disturbare” il manovratore, e quindi si riforma la magistratura perché l’attuale giudiziario “disturba”; mai più un P.M. che osi investigare su un politico, su un ministro, o un giudice che osi porsi “contro il governo” in materia di immigrazione, o in altri settori,  e via dicendo: i giudici sono contro il governo e danneggiano il Paese[9]; è più o meno la premessa degli ordini esecutivi del Presidente Trump che ho sopra ricordato.

Non c’è bisogno di citazioni specifiche perché sono dichiarazioni pubbliche assolutamente chiare e ripetute.

Ma per la loro chiarezza si devono necessariamente ricordare quantomeno le dichiarazioni pubbliche del Ministro Nordio nella più alta sede istituzionale.

Il 5 febbraio 2025 – in occasione della “informativa urgente del governo” in Senato in ordine alla nota vicenda del cittadino libico Almasri – il Ministro Nordio ha dichiarato “se agli inizi vi erano delle esitazioni oggi non ci sono più. Andremo avanti, andremo avanti fino in fondo, senza esitazione e sino alla riforma finale”[10].

La vicenda del cittadino libico Almasri, e le iniziative della Procura di Roma immediatamente successive – come è evidente a tutti – non hanno alcuna relazione possibile con i principi del giusto processo, dei due C.S.M. e della terzietà della giustizia disciplinare: relazione né possibile né immaginabile.

La riforma “finale” si farà allora per arrivare ad un P.M. che, detto nel modo più semplice possibile, non si permetta più di fare quello che ha fatto e che fa in forza delle attuali regole ordinarie e costituzionali.

Cito qui il ministro Nordio per la chiarezza, e perché si tratta di dichiarazioni fatte in Parlamento, ma concetti analoghi sono stati espressi da autorevoli ministri e parlamentari in una pluralità di occasioni, come in parte sopra ricordato.

Il P.M. deve cambiare radicalmente, e il giudice cambierà di conseguenza: questa la riforma costituzionale della magistratura.

Bene allora non nascondersi dietro a “giusto processo” o altre cose del genere, ed affrontare i temi reali.

Bene a maggiore ragione esprimere la più assoluta contrarietà alla riforma riaffermando il valore profondo del nostro sistema costituzionale della magistratura, capace di garantire la uguale applicazione della legge nei confronti di tutti, senza distinzione di condizioni sociali e personali, senza privilegi ingiustificati, nell’interesse esclusivo dei cittadini.

 

 

 

 

[1] “Di meglio” hanno però detto alcuni uomini politici, che spesso parlano con la tutela dell’art. 68 della Costituzione. Opportuno per tutti, credo, non ricordare qui le espressioni ed i concetti utilizzati in un crescendo di attacchi scomposti ai magistrati che adottano decisioni non gradite.

È necessario però quanto meno ricordare solo una frase, riportata tra virgolette e non smentita, del senatore Maurizio Gasparri perché richiama anch’essa il concetto di eversione: “…pezzi della Magistratura hanno dato luogo a condotte eversiveAvanti con le riforme perché la giustizia batta l’eversione”.  

La riforma della Costituzione per battere l’eversione espressa dalla magistratura: questo il pensiero del Senatore Maurizio Gasparri.

[2] Soprattutto quello nord-americano, che pare essere il più trendy in questo particolare momento storico.

[3] Sull’ordine esecutivo n. 14209 del 10 febbraio 2025, in tema di sospensione della legge americana F.C.A.P., un primo, molto interessante commento, si trova in Questione Giustizia del 15 febbraio 2025, In memoria del Foreign Corrupt Practises Act (1977-2025) – con tanto quindi di data di nascita e di morte della fondamentale legge nordamericana di contrasto alla corruzione internazionale, che ha condizionato fortemente le legislazioni dei singoli stati e le relative convenzioni internazionali, soprattutto la fondamentale Convenzione OCSE del 1997.

Molto interessante, anche per alcuni collegamenti proprio con il sistema costituzionale e ordinamentale nord-americano, il commento al Pausing Foreign Corrupt Practices Act Enforcement to Further American Economic and National Security. EXECUTIVE ORDER, February 10, 2025 di Maria Chiara Ubiali, Difesa dell’economia nazionale vs contrasto alla corruzione internazionale: l’executive order di Trump, in questa Rivista, 17.2.2025.

[4] “Restoring the death penalty and protecting public safety”.

I concetti per giustificare l’ordine alla catena di comando dei Procuratori sono assolutamente chiari. In sintesi: solo la pena capitale può portare giustizia e ristabilire l’ordine in risposta ai crimini più vili; per troppo tempo i politici ed i giudici hanno boicottato la pena capitale e sovvertito le leggi, facendosi beffa della giustizia; è necessario quindi contrastare i giudici che si oppongono alla pena di morte e rispettare fedelmente e finalmente le leggi che la prevedono, anche perché la pena di morte continua a godere di ampio sostegno del popolo.

Quindi gli ordini diretti all’Attorney general ed a tutto il sistema requirente dipendente dall’esecutivo:

sul piano federale, l’Attorney general dovrà garantire l’effettività della pena di morte “ove possibile” e obbligatoriamente nei casi di omicidio di un agente delle forze dell’ordine o nel caso di crimine capitale commesso da uno straniero presente in modo illegale nel territorio degli Stati Uniti;

sul piano statale, l’Attorney general dovrà verificare/vigilare che tutti gli stati che la prevedono siano muniti di scorte sufficienti/adeguate del mix farmaci/droghe che viene utilizzato per le esecuzioni.

Non sia mai che l’esecuzione salti per difetto di adeguata provvista dei prodotti chimici necessari per l’uccisione.

Chissà che cosa ne pensano gli avvocati delle Camere Penali.

[5] “Pausing foreign corrupt practises act enforcement to further american economic and national security”.

Anche questo ordine ha un impatto devastante, in questo caso sul contrasto al fenomeno della corruzione internazionale, e lo avrà anche negli altri paesi, compreso il nostro.

Infatti, l’Attorney General dovrà: “...review guidelines and policies governing investigations and enforcement actions under the FCPA.” ... “cease initation of any new FCPA investigations or enforcemnt actions...; “review in detail all existing FCPA investigations or enforcement actions...” e via dicendo con ulteriori prescrizioni dettagliate.

Il tutto sul presupposto che l’applicazione della fondamentale legge di contrasto alla corruzione internazionale danneggi l’economia e gli interessi degli Stati Uniti e la competitività delle imprese americane.

[6] È notoriamente terminologia cara al Ministro Carlo Nordio.

[7] Vedi le pacate, ma forti, riflessioni di Mitja Gialuz, Otto proposizioni critiche sulle proposte di separazione delle magistrature requirente e giudicante, in questa Rivista, fasc. 9/2024 (soprattutto il paragrafo 2).

[8] Si veda la “Relazione sollo stato della giustizia 2024” della Commissione Europea, nelle parti relative alla prospettata riforma costituzionale.

[9] Come ha icasticamente segnalato Glauco Giostra in un articolo pubblicato su “Il domani” del 7.10.2023, e poi ripubblicato su Giustizia Insieme dell’8.10.2023, sono veramente illuminanti le dichiarazioni del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini dopo il noto provvedimento della giudice Apostolico del Tribunale di Catania che non aveva convalidato un trattenimento in CPR:  non solo gli attacchi alla persona del Giudice, ed  il dichiarato obiettivo di impedire per il futuro che i tribunali possano essere trasformati “in sedi della sinistra”, ma anche la rivendicazione forte dell’esigenza della riforma della Giustizia attraverso la separazione delle carriere.  

Quindi secondo il Vicepresidente Matteo Salvini: la riforma costituzionale della giustizia attraverso la separazione della magistratura è necessaria a fronte di un caso di decisione di un tribunale civile, senza intervento del P.M., ed in accoglimento di istanza della difesa diretta alla tutela di diritti fondamentali delle persone; e per evitare nel futuro casi analoghi.

[10] Vedi p. 8 del relativo resoconto stenografico.