ISSN 2704-8098
logo università degli studi di Milano logo università Bocconi
Con la collaborazione scientifica di

  Recensione  
24 Maggio 2025


Ritorno ai Lumi: una bussola per la giustizia penale in tempi bui

Recensione a “Radici e prospettive illuministiche nei sistemi penali contemporanei”, a cura di Vincenzo Mongillo, Mario Caterini, Francisco Muñoz Conde e Alejandro Slokar, Vol. 7 dei Quaderni dell’Istituto di studi penalistici “Alimena” dell’Università della Calabria, Pacini giuridica, 2024



Il volume collettaneo Radici e prospettive illuministiche nei sistemi penali contemporanei, curato da Vincenzo Mongillo, Mario Caterini, Francisco Muñoz Conde e Alejandro Slokar, si impone all’attenzione del panorama giuridico e culturale come un’opera di cruciale rilevanza per il tema trattato, ancora attuale. Il libro si prefigge l’ambizioso e quanto mai opportuno obiettivo di orchestrare un dialogo polifonico, ricco di sfumature e prospettive, tra studiosi di diverse nazionalità, molteplici estrazioni disciplinari e differenti tradizioni giuridiche, spaziando con agilità dal diritto continentale alla common law. Tale confronto è finalizzato a intraprendere una profonda e stratificata riflessione sulla genesi storica, sull’articolata eredità intellettuale e, soprattutto, sulla perdurante, talvolta carsica, vitalità del pensiero illuminista all’interno dei complessi e spesso contraddittori sistemi penali contemporanei. Il focus comparatistico dell’opera è particolarmente apprezzabile, abbracciando contesti europei, con le loro sedimentate tradizioni e le recenti tensioni, il sistema statunitense, con le sue peculiarità e le sue sfide interne, e i sistemi latinoamericani, perennemente in bilico tra aspirazioni garantiste e derive autoritarie.

Il quesito fondamentale che innerva e sorregge l’intera architettura del volume è tanto diretto nella sua formulazione quanto complesso e spinoso nelle sue implicazioni: qual è l’effettivo “stato di salute” delle idee seminali partorite dai Lumi nel Settecento? Quale il loro attuale livello di attuazione normativa e, ancor più criticamente, la loro concreta praticabilità e incisività nella convulsa e spesso illividita realtà odierna? Una realtà segnata da profonde e repentine trasformazioni tecnologiche, che pongono interrogativi inediti sul controllo sociale e sulle garanzie individuali; da crisi ricorrenti delle democrazie liberali, che vedono erodersi spazi di libertà e principi di legalità; dalla globalizzazione dei mercati e dei rischi, che sollecita risposte penali spesso emergenziali; e da acuite, talvolta intollerabili, diseguaglianze sociali, che interrogano la selettività e l’equità dei sistemi punitivi. Il volume muove dall’ipotesi, convintamente e argomentatamente sostenuta dai curatori, della persistente, anzi, imprescindibile valenza dell’Illuminismo quale faro intellettuale ed etico per la costruzione, o la ri-costruzione, di un diritto penale più mite, intrinsecamente razionale, compiutamente secolarizzato e intransigentemente rispettoso dei diritti fondamentali e della dignità inalienabile dell’individuo. Tale prospettiva, lungi dall’essere una mera rievocazione storica, si configura come un potente antidoto e un argine critico nei confronti delle perniciose derive populistiche e delle recrudescenti, spesso irrazionali, “passioni punitive” che attraversano molte democrazie occidentali, minando le fondamenta garantiste faticosamente edificate a partire dal XVIII secolo e consolidate, pur tra luci e ombre, nel corso del Novecento.

L’interesse scientifico e civile suscitato da siffatta indagine trascende ampiamente i confini, pur vasti, delle discipline penalistiche. Esso si rivolge, infatti, a giuristi tout court, sollecitandoli a una riflessione sulla coerenza interna e sui fondamenti etico-politici dei rispettivi ordinamenti; a studiosi di dottrine politiche e di filosofia del diritto, per un esame delle radici ideali e delle implicazioni istituzionali del pensiero sulla giustizia; a storici delle istituzioni e delle idee, per una contestualizzazione accurata delle dinamiche di trasformazione e persistenza. Non meno importante è l’appello rivolto agli operatori pratici del sistema penale – magistrati, chiamati a un’interpretazione costituzionalmente orientata e umanamente sensibile; avvocati, custodi indefettibili dei diritti di difesa; personale penitenziario, attore cruciale di un’esecuzione penale che non vanifichi il principio rieducativo – e, non da ultimo, a tutti i cittadini, la cui consapevolezza del legame indissolubile tra qualità della giustizia penale e salute della democrazia costituisce il presidio più efficace contro l’arbitrio. I pensatori dell’Illuminismo, figure di straordinario ingegno speculativo e di profonda passione civile, ebbero l’ardire intellettuale e il coraggio politico di indicare ai sovrani e ai legislatori del tempo la via per una giustizia penale “migliore”, più giusta perché più umana, temperata nelle sue manifestazioni e responsabile nei suoi fini, gettando così le basi concettuali e assiologiche per la grande stagione della codificazione paneuropea e influenzando in modo significativo, attraverso canali complessi e figure di mediazione, persino il Nuovo Mondo. Essi, come ben evidenziato, seppero mirabilmente coniugare l’acribia dell’analisi razionale con un appassionato umanesimo, utilizzando un linguaggio che, pur colto e raffinato, mirava all’accessibilità e alla persuasione, e integrando in maniera olistica, quasi sistemica ante litteram, teoria giuridica, filosofia politica, politica criminale concreta e amministrazione della giustizia.

La struttura del volume è sapientemente articolata in due parti distinte ma complementari. La prima parte, intitolata “Figure e contesti nazionali”, offre una ricognizione di ampio respiro, volta a esplorare sia il pensiero di singoli protagonisti sia le dinamiche di ricezione e adattamento delle idee illuministiche in specifici contesti statuali. Vi si trovano saggi dedicati a figure emblematiche, la cui opera continua a interpellare la coscienza giuridica contemporanea. Sergio Moccia, ad esempio, tratteggia con acume l’impegno civile di Mario Pagano, martire della Repubblica Napoletana e giurista di profonda sensibilità garantista. Cesare Beccaria, nume tutelare del pensiero penalistico moderno, è naturalmente al centro di molteplici analisi: John D. Bessler, tra i maggiori esperti a livello mondiale del pensiero beccariano, ne esplora l’impatto e la rapida fortuna nelle isole britanniche, nel più ampio contesto della “Repubblica transatlantica delle lettere”; Paul Roberts propone una stimolante rilettura contemporanea del Dei delitti e delle pene, interrogandone la perdurante attualità; Marco Paolo Geri indaga il significativo incontro tra il pensiero beccariano e l’opera di Giovanni Carmignani, figura chiave della penalistica italiana del XIX secolo; mentre Alberto Cadoppi instaura un proficuo dialogo tra Beccaria e lo stesso Bessler sulla nascita del diritto penale moderno. Accanto a questi approfondimenti su singole personalità, la sezione accoglie studi di taglio storico più generale e analisi dedicate a specifiche realtà geografiche, essenziali per comprendere la dialettica tra universalismo dei princìpi e particolarismo delle tradizioni. Loredana Garlati illumina l’esperienza milanese, culla dell’opera beccariana, mettendone in evidenza luci e ombre nell'attuazione dei princìpi. Marco Miletti e Luigi Cornacchia esplorano, con itinerari distinti, i tratti identitari dell’Illuminismo penale nel Mezzogiorno d’Italia, un’area di straordinaria vivacità intellettuale e di complesse dinamiche politiche, dal pre-illuminismo salentino all'umanesimo di Genovesi. Emmanuel Dreyer si interroga su cosa rimanga oggi dello spirito dei Lumi nel diritto penale francese, erede di una tradizione rivoluzionaria e codicistica profondamente influenzata da quelle idee. Thomas Vormbaum, infine, analizza la presenza e la funzione della filosofia illuministica nel dibattito penalistico tedesco odierno. Questa prima parte, nel suo complesso, consente di apprezzare la capillarità e la specificità con cui i fermenti e le istanze riformatrici dell’Illuminismo si sono innestati nei diversi contesti nazionali e culturali, dialogando, talvolta in modo conflittuale, con le tradizioni giuridiche e istituzionali preesistenti e tracciando percorsi riformatori non sempre lineari né privi di contraddizioni.

La seconda parte del volume, intitolata “Temi e scenari”, sposta il focus analitico su singoli istituti giuridici, figure di reato paradigmatiche e questioni nevralgiche dell’esperienza penalistica, con l’obiettivo di sondare le profonde connessioni, ma anche le significative discontinuità e le eventuali aporie, tra il lascito concettuale dell’Illuminismo e le complesse sfide del presente e del futuro. La gamma dei temi affrontati è vasta e tocca i pilastri fondamentali del diritto penale e della riflessione sulla giustizia. Domenico Pulitanò, con la sua consueta profondità, avvia la sezione con una riflessione terminologica e concettuale sulla distinzione cruciale tra diritto criminale, diritto penale e giustizia, categorie che l’Illuminismo ha contribuito a ridefinire. Le finalità preventive della pena, depurate da ogni scoria meramente retributiva o vendicativa, i principi cardine di legalità, offensività, personalità della responsabilità penale e colpevolezza, il ruolo cruciale dell’interpretazione giudiziale e gli ineludibili, seppur da circoscrivere, spazi della discrezionalità del giudice sono al centro di diversi e approfonditi contributi. Un nucleo significativo e particolarmente toccante di saggi affronta la veemente critica illuministica a pratiche e pene intrinsecamente disumane e degradanti: la pena di morte, la “guerra della nazione contro un cittadino”, è discussa con passione e rigore da Dario Ippolito e Philippe Audegean, che ne esplorano la condanna nell'alveo dell'umanesimo penale e dell'abolizionismo, e da Luis Arroyo Zapatero, che traccia un suggestivo parallelo tra la lucidità argomentativa di Beccaria e la potenza espressiva dell'arte di Francisco Goya nel denunciare la crudeltà del sistema penale. Francisco Muñoz Conde analizza la sconcertante attualità del ragionamento beccariano contro la tortura, pratica che, purtroppo, non cessa di riaffiorare nelle pieghe oscure della contemporaneità. Stefano Anastasia si cimenta con il complesso e dibattuto problema dell’ergastolo, la “pena di morte nascosta”, alla luce degli insegnamenti garantisti di Beccaria. Vincenzo Mongillo, uno dei curatori, indaga con acribia la critica illuministica alla “terribile pena patrimoniale” della confisca generale dei beni, strumento spesso arbitrario di spoliazione. L’influenza feconda del pensiero illuminista si estende anche oltre i confini del diritto continentale, come dimostra persuasivamente Mario Caterini a proposito delle radici illuministiche della rule of lenity nella common law. Altri contributi esplorano l’archetipo, talvolta trascurato ma di crescente importanza, della riparazione del danno cagionato dal reato, come fa Giovanni Manca analizzando l’art. 162 ter c.p. italiano quale possibile lascito culturale di Melchiorre Gioia. Le tensioni tra modelli processuali di stampo inquisitorio e le istanze di garantismo illuminista nel contesto della globalizzazione e della lotta alla criminalità organizzata sono al centro dell'analisi di Daniel Erbetta. Figure di rilievo del pensiero penalistico contemporaneo come Eugenio Raúl Zaffaroni e Alejandro W. Slokar offrono prospettive originali e stimolanti: il primo, sul contrasto radicale tra il pensiero illuminista, orientato alla tutela dell’individuo, e il mercantilismo monetarista, che riduce il diritto a strumento di logiche economiche; il secondo, sulle matrici illuministe del modello penale giusumanista, che si oppone alla barbarie patibolare e alla disumanizzazione del reo. Chiude la sezione, con uno sguardo problematico al futuro, il saggio di Giandomenico Salcuni sulla giustizia artificiale, ponendola in un serrato dialogo con le categorie dell’illuminismo, del positivismo giuridico e del costituzionalismo penale.

Uno dei meriti del volume è la coraggiosa, talvolta impietosa, e lucida diagnosi delle “malattie” e delle profonde crisi che affliggono i sistemi penali contemporanei. I curatori e gli autori, con onestà intellettuale e passione civile, non si sottraggono dal denunciare il progressivo e allarmante degrado, la deriva verso un “disordine legislativo” che richiama scenari pre-moderni, causato da una produzione normativa in materia penale sempre più “alluvionale e compulsiva”, spesso caratterizzata da oscurità tecnica, incoerenza sistematica e una preoccupante scadente qualità, che si allontana drammaticamente dai princìpi di chiarezza, precisione e tassatività, cardini irrinunciabili della garanzia illuministica. Viene acutamente evidenziata la perdita di centralità assiologica e ordinante dei codici penali, un tempo fulcro del sistema, a fronte della proliferazione incontrollata di sottosistemi penali speciali, frammentari e derogatori, mossi da logiche emergenziali, da finalità simbolico-repressive e da una spinta centrifuga verso una continua, spesso ingiustificata, espansione del diritto penale. Questo scenario, in cui il populismo penale trova terreno fertile e si traduce, non di rado, in un approccio securitario da “lacrime e sangue”, rappresenta la più radicale negazione e il tradimento del progetto razionalizzatore e umanizzante dell’Illuminismo, che mirava a un sistema penale come strumento di efficienza preventiva, sì, ma intrinsecamente bilanciata da un profondo e irrinunciabile afflato umanitarista e dal rispetto intransigente di diritti di libertà intangibili.

Opportunamente, nelle note introduttive, si chiarisce che l’Illuminismo a cui il volume fa riferimento non è quello, pur influente, inteso nella critica radicale della Scuola di Francoforte, in particolare da Adorno e Horkheimer, come processo di civilizzazione e razionalizzazione strumentale destinato a rovesciarsi dialetticamente in nuove forme di dominio e barbarie. Il focus dell’opera è, invece, quello “spicchio” di speculazione scientifica, teoretico-pratica, che ha segnato in modo indelebile la fondazione del diritto penale liberale e garantista. Pur nella piena consapevolezza della natura ancipite del progresso e dei rischi, sempre in agguato, di un razionalismo dogmatico, assolutizzante e non bilanciato dalla passione etica per l’uomo e la sua dignità, i curatori rigettano con forza l’idea che il regresso e le derive autoritarie attuali siano un ineluttabile portato delle idee illuministiche; al contrario, vi ravvisano la loro più flagrante sconfessione e il loro tradimento.

Il volume, dunque, ben lungi dal limitarsi a una pur pregevole ricognizione storica o a una sterile celebrazione nostalgica di un’epoca aurea ormai tramontata, si propone con forza come un’opera autenticamente militante, nel senso più nobile del termine. Esso rivendica, con argomenti solidi e passione intellettuale, l’urgenza di “recuperare le tesi e l’impegno che animavano i fondatori del pensiero penalistico moderno”. La rilettura dei classici dell’Illuminismo, da Beccaria a Filangieri, da Pagano ai grandi riformatori europei, è presentata non come un esercizio erudito fine a sé stesso, ma come un’esperienza “stimolante ed edificante”, una vitale “riserva di luce e autorevolezza” a cui attingere per comprendere e arginare le derive autoritarie e irrazionali del presente, e per un miglioramento concreto, tangibile, dei sistemi penali. Si tratta, come sottolineano i curatori, di un’opera che “attende ancora di essere realizzata”, un cantiere sempre aperto per la costruzione di una giustizia più umana. Viene altresì opportunamente ricordato come, anche nelle premesse del discorso illuministico, nonostante le sue interne contraddizioni e i suoi limiti storici, fosse ben presente un’acuta apertura al reale, una sensibilità per le condizioni materiali di esistenza e una coraggiosa denuncia delle diseguaglianze sociali come potenti fattori criminogeni; un afflato solidaristico e una critica alla selettività del potere punitivo che, purtroppo, il pensiero liberale successivo ha in parte progressivamente smarrito o accantonato, rischiando talvolta di scadere in un “idealismo normativistico deduttivo”, sordo al grido delle vittime e indifferente alle sofferenze inflitte dalle pratiche punitive concrete, come denunciato a più riprese anche da Papa Francesco.

Non si può, inoltre, sottacere il merito dell’istituzione che ha promosso la pubblicazione di quest’opera, inserendola nella collana dei suoi “Quaderni”. Ci riferiamo all’Istituto di studi penalistici “Alimena” dell’Università della Calabria, diretto da uno dei curatori del volume, il Professor Mario Caterini.

Da svariati anni l’Istituto “Alimena” svolge un ruolo significativo nel panorama della penalistica italiana e internazionale, segnalandosi per la sua capacità di promuovere un dialogo scientifico proficuo e di alto profilo, capace di mettere a confronto studiosi provenienti da contesti geografici, culturali e accademici assai diversi. Questa vocazione all’apertura e al confronto critico si riflette pienamente nella concezione e nella realizzazione del volume, che ne incarna lo spirito e ne prosegue con coerenza la lodevole missione.

In conclusione, Radici e prospettive illuministiche nei sistemi penali contemporanei, nel riunire alcuni tra i più autorevoli studiosi a livello internazionale sui temi trattati, si configura come un contributo scientifico di particolare spessore e di vibrante, quasi urgente, attualità. La sua forza risiede nella capacità di intrecciare con maestria il rigore filologico nell’analisi delle fonti, la profondità della ricostruzione storica, l’acutezza della diagnosi critica sulle patologie del presente e una coraggiosa, propositiva proposta culturale: quella di ritornare ai Lumi non per una sterile e anacronistica imitazione, ma per attingervi la linfa intellettuale, i princìpi metodologici e la tensione etica necessari a riformare i sistemi punitivi, rendendoli più autenticamente conformi ai princìpi irrinunciabili di razionalità, umanità, proporzionalità e garanzia dei diritti fondamentali.

L’opera si raccomanda non solo agli specialisti del settore – penalisti, filosofi del diritto, storici – ma a chiunque, nel mondo accademico, nelle professioni legali, nelle istituzioni e nella società civile, abbia a cuore il futuro della giustizia, la tutela della dignità umana e la salvaguardia dello Stato di diritto in un’epoca di crescenti incertezze, di profonde trasformazioni e di preoccupanti, talvolta drammatiche, involuzioni.