Cass., Sez. III, sent. 20 novembre 2020 (dep. 1 febbraio 2021), n. 3727, Pres. Marini, Est. Mengoni
1. Non smette di far parlare di sé la confisca c.d. “urbanistica” di cui all’art. 44 d.P.R. 380/2001 (T.U. edilizia). A lungo al centro della questione della sua applicabilità nonostante l’estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, è oggi banco di prova del raggio d’azione del principio di proporzionalità rispetto alla misura ablatoria patrimoniale.
Con la sentenza che può leggersi in allegato, la terza sezione della Corte di cassazione ha stabilito che l’applicazione della confisca “urbanistica”, disposta in sede di proscioglimento per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, è subordinata a un previo vaglio di proporzionalità della misura da parte del giudice.
2. La Corte ha per questo motivo annullato con rinvio una sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria che aveva confermato la confisca dei terreni e delle opere interessate dalla lottizzazione abusiva disposta dal giudice di prime cure, dichiarando al contempo il non doversi procedere nei confronti di tutti gli imputati in ordine al concorso ex art. 110 c.p. nella contravvenzione di cui all’art. 44, comma 1, lett. c, TU.Ed. (che rinvia all’art. 30 sulla “lottizzazione abusiva”), perché estinta per prescrizione.
3. La Cassazione ha ritenuto necessario tale previo vaglio di proporzionalità della misura ablatoria in forza di quanto statuito dalla Grande Camera della Corte di Strasburgo nella sentenza G.I.E.M. e altri c. Italia: in quell’occasione i giudici europei avevano osservato che, al fine di valutare la proporzionalità della confisca, possono essere presi in considerazione i seguenti tre elementi: «[1] la possibilità di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l’annullamento del progetto di lottizzazione; [2] la natura illimitata della sanzione derivante dal fatto che può comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree appartenenti a terzi; [3] il grado di colpa o di imprudenza dei ricorrenti o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione» (§ 301 della sentenza). Si era dunque concluso che «[l]’applicazione automatica della confisca in caso di lottizzazione abusiva prevista – salvo che per i terzi in buona fede – dalla legge italiana è in contrasto con questi principi in quanto non consente al giudice di valutare quali siano gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso di specie e, più in generale, di bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione» (§ 303 della sentenza).
4. La sentenza G.I.E.M. si inserisce peraltro nell’ambito di una più articolata evoluzione giurisprudenziale, che ha visto dialogare la Corte europea, la Corte costituzionale e la Corte di cassazione; un’evoluzione che abbiamo di recente ripercorso sinteticamente in un altro contributo pubblicato su questa Rivista, a commento di un’ordinanza con cui proprio la questione della proporzionalità della confisca “urbanistica” è stata portata alla Corte costituzionale, che sarà quindi presto chiamata a pronunciarsi sul punto.
5. Non intraprende la strada dell’incidente di costituzionalità, invece, la Cassazione nella sentenza in oggetto, la quale ritiene che – non risultando in astratto la confisca l’unica misura applicabile – debba essere il giudice di merito a rendere la misura proporzionata tramite lo strumento dell’interpretazione convenzionalmente conforme, dandone rilievo in motivazione. A tal fine, si aggiunge, non possono bastare mere formula di stile che di fatto non valutino la particolare natura della lottizzazione in esame, né la natura degli interventi ripristinatori eventualmente compiuti.
In questo modo la Corte dimostra di condividere un precedente arresto della stessa terza sezione in materia di lottizzazione “mista” (Cass, sez. III, 5 febbraio 2020, n. 12640), in cui si era affermato il principio di diritto secondo cui «in tema di lottizzazione abusiva, la effettiva ed integrale eliminazione di tutte le opere eseguite in attuazione dell’intento lottizzatorio, nonché dei pregressi frazionamenti, con conseguente ricomposizione fondiaria e catastale nello stato preesistente ed in assenza di definitive trasformazioni, se dimostrata in giudizio ed accertata in fatto dal giudice del merito con congrua motivazione, rende superflua la confisca perché misura sproporzionata secondo i parametri di valutazione indicati dalla giurisprudenza della Corte EDU».
Il principio viene oggi dalla Cassazione richiamato in relazione a un’ipotesi di lottizzazione “negoziale”; reato che – come ha osservato Cass., sez. III, 4 ottobre 2019, n. 40781 – è integrato non solo con «l’avvenuta cessione di una porzione immobiliare in maniera tale che, attraverso il suo frazionamento attuato per via contrattuale, ne sia irreversibilmente mutata la destinazione giuridica», ma anche, «trattandosi di un reato di pericolo» (come la Corte aveva già da tempo ritenuto: Cass., sez. III, 28 giugno 1982, n. 6457; e più di recente ribadito: Cass., sez. III, 12 settembre 2013, n. 37383), con il «compimento di atti che siano astrattamente idonei a dare corso ad una trasformazione del territorio diversa da quella divisata con gli strumenti di programmazione urbanistica adottati dagli organi competenti»; atti tra cui si annovera anche l’offerta in vendita dei singoli lotti abusivamente frazionati, anch’essa ritenuta sufficiente a integrare il reato (Cass., sez. IV, 10 maggio 2017, n. 22961).