Cass., Sez. un., 30 ottobre 2025, Informazione provvisoria n. 16/2025, Pres. Montagni; Rel. Scordamaglia
1. Segnaliamo ai lettori l’informazione provvisoria delle Sezioni Unite che risolve il contrasto interpretativo relativo alla possibilità di impugnare l’ordinanza di rigetto della richiesta di invio al Centro di Giustizia riparativa.
Per il Supremo Consesso il provvedimento del giudice di merito di rigetto è impugnabile con l’appello o con il ricorso per cassazione, unitamente alla sentenza conclusiva del relativo grado e indipendentemente dal regime di procedibilità del reato.
2. La questione interpretativa – sia pure sotto l’aspetto della reclamabilità dell’ordinanza ex art. 35-bis L. ord. pen. – era stata anzitutto affrontata dalla Magistratura di Sorveglianza che s’era espressa favorevolmente all’impugnabilità del provvedimento assunto de plano con cui si negava l’autorizzazione all’invio: soluzione attesa posto che in fase esecutiva – secondo il dettato dell’art. 35-bis, co. 4-bis, L. ord. pen. – è sempre ammessa pure la ricorribilità in cassazione per violazione di legge della decisione del Tribunale di Sorveglianza[1].
Assai più problematico, invece, il profilo dell’impugnazione dell’ordinanza reiettiva ex art. 129-bis c.p.p. nella fase della cognizione. Sul punto, si sono avvicendate diverse letture[2].
Il primo orientamento di legittimità[3] ha negato ogni possibilità di impugnazione (sia differita sia autonoma con ricorso per cassazione) delle ordinanze con cui l’autorità giudiziaria respinge l’istanza di invio degli interessati ai Centri di GR. Facendo leva sulla natura non giurisdizionale del processo riparativo, l’esclusione è stata motivata e in forza del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione desumibile dall’art. 568 c.p.p. e sulla base della non riconducibilità dell’atto emesso ex art. 129-bis c.p.p. nel novero dei provvedimenti che orbitano e sono attratti nel campo di operatività dell’art. 111, co. 7, Cost.
All’opposto, un secondo indirizzo interpretativo[4] – che sembrerebbe essere stato accolto dalle Sezioni Unite – ha guardato al provvedimento di cui all’art. 129-bis c.p.p. come «atto del procedimento/processo di natura endoprocedimentale» che, in mancanza di una disciplina specifica, soggiace alla regola generale dell’impugnabilità delle ordinanze nei limiti di cui all’art. 586 c.p.p.: nel solco del principio di tassatività delle impugnazioni, la previsione consente di innescare il controllo delle ordinanze pronunciate nel dibattimento (o negli atti preliminari) e nel corso del giudizio di appello in uno con l’impugnazione della sentenza.
Infine, per un terzo filone[5], l’impugnazione del provvedimento reiettivo è possibile solo con la sentenza dibattimentale – ex art. 586 c.p.p. – quando la richiesta risulti avanzata dall’imputato e si tratti di reati perseguibili su querela rimettibile della persona offesa, sulla base del presupposto che detta ordinanza può ritenersi giuridicamente influente sull’esito del processo. La Corte ha così subordinato l’impugnabilità differita del provvedimento di rigetto alla realizzazione di un risultato «giuridicamente rilevante sull’esito del processo»; possibilità, quest’ultima, configurabile, a detta dei giudici di legittimità, solo per gli illeciti a procedibilità condizionata per i quali la legge espressamente prevede la sospensione del procedimento per un periodo massimo di 180 giorni (art. 129-bis, co. 4, c.p.p.) al cui esito può, eventualmente, verificarsi la previsione di nuovo conio introdotta nell’art. 152 c.p. Negli altri casi (procedibilità ex officio e a querela irrimettibile), invece, ritenere che l’ordinanza di rigetto possa influire, in modo giuridicamente apprezzabile, sull’esito del processo significherebbe introdurre, di fatto, un obbligo di sospensione non previsto dalla «norma-cerniera»[6] né da alcuna altra disposizione di legge né tantomeno ricavabile per via interpretativa.
3. In forza del contrasto, l’ordinanza n. 14833/2025 della Quinta sezione[7] della Corte di cassazione ha opportunamente sottoposto la questione dell’impugnabilità del provvedimento di diniego alle Sezioni Unite.
Dalla lettura dell’informazione provvisoria sembrerebbe superata la tendenza a marginalizzare la giustizia riparativa quale «servizio pubblico di cura relazionale tra persone»[8], nonché altresì bypassata la limitazione dell’impugnazione per i soli reati a procedibilità condizionata[9] al fine di affermare la piena applicabilità del regime di cui all’art. 586 c.p.p., in sintonia con il § 23 Raccomandazione CM/Rec(2018)8 secondo cui le parti devono avere accesso a procedure di reclamo chiare ed efficaci.
Il principio di diritto enunciato consentirà nel giudizio di appello e, nei limiti del controllo sulla motivazione, anche in sede di legittimità, la verifica del rispetto dei criteri decisori preposti all’invio.
4. In attesa di leggere le motivazioni, può già segnalarsi la riconosciuta caratura giuridica del provvedimento pronunciato ex art. 129-bis c.p.p., che tesaurizza gli effetti sostanziali e processuali dell’outcome riparativo e segna un’apertura massima verso il paradigma restorative, di modo che nessun dubbio possa sussistere sulla riconducibilità della disciplina organica al diritto e al processo penale.
A partire dall’estinzione del reato per remissione – anche tacita – della querela, passando per le ricadute commisurative sulla pena ex art. 133 c.p., l’attenuante riparativa ex art. 62, n. 6 c.p., la sospensione condizionale a norma dell’art. 164, co. 4, c.p., il rilievo ai fini dell’art. 131-bis c.p. e dell’art. 464-bis c.p.p. e le proiezioni in executivis (artt. 13 e 15-bis L. ord. pen.), l’esito riparativo ridisegna i contorni della sanzione dando voce anche alla vittima e alla comunità.
L’idea riparativa, anche attraverso questo passaggio interpretativo delle Sezioni Unite, si armonizza con il tradizionale sistema punitivo offrendo alla giustizia penale un “volto nuovo”[10], capace di segnare il progresso verso un più intenso personalismo e umanismo penale[11]. Si affianca al processo e ai suoi riti senza ricostruire «il frammento storico descritto nell’imputazione e la determinazione del colpevole, bensì l’offesa, il suo vissuto e il suo superamento»[12], in una prospettiva intesa come «rispetto dei limiti/reciprocità»[13] che apre alla possibilità di ricostruire le relazioni infrante dal reato.
Passaggi culturali del tipo di quelli condensati nella decisione delle Sezioni Unite alimentano la fiducia reciproca, senza sostituire la risposta penale classica, ma consentendo intersezioni, attraverso percorsi paralleli e virtuosi, che rispettino le diversità di ambiti e gestiscano al meglio le confluenze. L’elemento fiduciario[14] appare infatti imprescindibile nelle interlocuzioni fra mediatori, operatori della giustizia, magistrati e avvocati, “incontranti”. Una linfa di comunicazione necessaria, soprattutto in questo momento iniziale, fra culture, contesti e linguaggi diversi.
[1] Trib. Sorveglianza Lecce, 30 novembre 2023, n. 4710, in Giur. pen. web, 3 gennaio 2024.
[2] Ricostruisce il contrasto cfr. R.A. Ruggiero, Sub art. 129-bis, in G. Conso – V. Grevi – L. Giuliani – G. Illuminati (a cura di), Commentario breve al Codice di procedura penale, Wolters-Kluwer Cedam, 2025, p. 447 ss.
[3] Cass., sez. II, 12 dicembre 2023, n. 6595, B., in Ced Cass., n. 285930. In senso analogo Cass., sez. III, 20 giugno 2024, n. 24343, in Dir. pen. proc., 8/2024, p. 1022 ss.; Cass., sez. II, 14 febbraio 2024, n. 8794, in Ced Cass., n. 286006. Per una lettura immediatamente critica di questa prospettiva, volendo, V. Bonini – P. Maggio, L’impugnazione dei provvedimenti a caratura riparativa: equilibri e squilibri tra sistemi, in questa Rivista, 7 maggio 2024.
[4] Cass., sez. V, 3 gennaio 2025, n. 131; Cass., 9 gennaio 2024, n. 646, in Ced Cass., n. 285764; Cass., sez. III, 1° luglio 2025, n. 24149, in ForoPlus. Per tutti, V. Bonini, A proposito dell’impugnabilità delle ordinanze in tema di giustizia riparativa: prime correzioni ottiche della Corte di cassazione, in Terzultima fermata blog, 13 gennaio 2025.
[5] Cass., sez. III, 7 giugno 2024, n. 33152, O., in Proc. pen. giust., 2/2025, p. 207 ss., con nota critica di V. Virga, L’«incidenza significativa» presupposto dell’impugnabilità delle ordinanze di diniego all’accesso dei programmi di GR per i reati procedibili a querela soggetta a remissione; sulla stessa linea Cass., sez. II, 6 marzo 2025, n. 9220, M., in ForoPlus; Cass., sez. V, 21 febbraio 2025, n. 7266, in Ced. Cass., n. 287533; Cass., sez. I, 28 febbraio 2025, n. 8400, T., in questa Rivista, 13 marzo 2025.
[6] L’espressione si deve a M. Gialuz, L’innesto della giustizia riparativa nel procedimento penale, in A. Ceretti – G. Mannozzi – C. Mazzucato (a cura di), La disciplina organica della giustizia riparativa, Giappichelli, Torino, 2024, p. 197.
[7] Cass., sez. V., ord., ud. 28 marzo 2025, in questa Rivista, 31 marzo 2025.
[8] Cass., sez. II, 12 dicembre 2023, n. 6595, cit.
[9] Cass., sez. III, 7 giugno 2024, n. 33152, cit.
[10] M. Donini, Delitto riparato e pena agìta come categorie generali, in A. Menghini – E. Mattevi (a cura di), Riparazione e giustizia riparativa nel sistema penale. Teorie, prassi e nuove prospettive, ESI, Napoli, 2025, p. 60.
[11] G. Fiandaca, Punizione, il Mulino, Bologna, 2024, p. 28 ss.; G.L. Gatta, La giustizia riparativa: una sfida del nostro tempo, in questa Rivista, 10/2024, p. 59; F. Palazzo, Relazione introduttiva. Il significato dell’apertura del sistema penale alla riparazione, in Riparazione e giustizia riparativa, cit., p. 19.
[12] G. Ubertis, Sistema di procedura penale I. Principi generali, Giuffrè, Milano, 2025, p. 233.
[13] A. Ceretti, I nuovi orizzonti della giustizia riparativa nella riforma Cartabia, in La disciplina organica della giustizia riparativa, cit., p. 58.
[14] T. Greco, Sul diritto della fiducia nella mediazione e nella riparazione, in M. Martello (a cura di), Il senso della mediazione dei conflitti. Tra diritto, filosofia e teologia, Giappichelli, Torino, 2024, p. 86.