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  Scheda  
18 Maggio 2021


Actio finium regundorum tra incidente di esecuzione e rescissione del giudicato

Cass., Sez. un., sent. 26 novembre 2020, (dep. 23 aprile 2021), n. 15498, Pres. Cassano, Est. Boni, ric. Lovric



1. Premessa. – Il recente deposito della motivazione della sentenza 15498/21, resa dalle Sezioni Unite penali in data 26 novembre 2020, contribuisce a delineare, con ulteriore precisione, il quadro interpretativo dell’istituto della rescissione del giudicato.

A breve distanza dalla pronuncia della V sezione penale nel caso Ramadze[1] – che aveva applicato alla disciplina della rescissione del giudicato i principi di diritto già affermati dalle precedenti SU Ismail Darwish[2] – le Sezioni Unite si sono infatti pronunciate sui rapporti intercorrenti tra l’istituto di recente conio e lo strumento dell’incidente di esecuzione. Attraverso quest’ultimo, infatti, non di rado, sono veicolate – sull’onda lunga della previgente disciplina contumaciale –istanze di mancata conoscenza dell’atto introduttivo del giudizio, da parte del condannato assente, per nullità della notificazione.

In questa breve scheda riassuntiva le questioni sottoposte alla composizione plenaria della Corte e i principi da questa stabiliti.

 

2. La vicenda. – Il ricorso aveva ad oggetto l’ordinanza, pronunciata dal Tribunale di Pordenone, di rigetto della istanza formulata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 670 c.p.p., al fine di lamentare la nullità della notificazione del decreto che aveva disposto il giudizio a carico della medesima, vizio che, a dire di quest’ultima, avrebbe inficiato la regolare formazione del titolo esecutivo. Ritenendo non deducibile la lamentata invalidità attraverso lo strumento dell’incidente di esecuzione, poiché coperta dal giudicato, la corte locale reputava tuttavia la convertibilità dell’atto in richiesta di rescissione del giudicato, ai sensi dell’art. 629 bis c.p.p., e lo trasmetteva, per competenza, alla Corte d’appello di Brescia.

Il ricorso avverso l’ordinanza impugnata era stato originariamente assegnato alla prima sezione della Corte di cassazione, che ne aveva poi disposto la rimessione alle Sezioni Unite, riconoscendo l’opportunità di chiarire definitivamente l’esistente contrasto giurisprudenziale circa i rapporti tra gli istituti della rescissione del giudicato e dell’incidente di esecuzione, ritenuto in una certa interpretazione utile veicolo di denuncia di vizi della conoscenza della vocatio in ius che, pur occorsi nel giudizio ormai definito, impedirebbero il formarsi del titolo esecutivo.

La pronuncia che si segnala ripercorre, dunque, i passaggi salienti dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale che è seguita all’entrata in vigore della l. 67/2014 (e alla conseguente abrogazione della previsione della notifica del c.d. estratto contumaciale), in forza della quale la celebrazione del processo in absentia si basa sul requisito – accertato dal giudice – dell’effettiva conoscenza del processo o del procedimento, da parte dell’imputato, che impedirebbe di dedurre, poi, con incidente di esecuzione, vizi relativi alla procedura di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio. Del resto, la nuova disciplina, poi emendata dal d.lgs. 11/2018, ha proprio introdotto uno strumento ad hoc per incidere sul giudicato che si sia formato nonostante la incolpevole mancata conoscenza del processo da parte dell’imputato[3].

Tuttavia, rilevava la prima Sezione, l’affinarsi degli orientamenti giurisprudenziali in tema di effettiva conoscenza che legittima il giudice a procedere in absentia ha portato a chiarire che è proprio la conoscenza formale della vocatio in ius – e non di altro atto del procedimento, come, ad esempio, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari – a integrare la conoscenza che giustifica il procedere senza imputato, suggerendo che i vizi del suo processo di notifica possano effettivamente incidere sulla corretta formazione del giudicato. Non mancano, infatti, pronunce di sezioni semplici della Corte di cassazione che riconoscono l’esperibilità dell’incidente di esecuzione proprio ai fini di denuncia del vizio della notificazione dell’atto introduttivo.

Oltre a chiarire gli effettivi limiti di operatività dell’art. 670 c.p.p., la rimessione alle Sezioni unite era altresì orientata a prevenire il verificarsi di un contrasto legato alla possibile concorrenza tra i due istituti, quello generale, dell’incidente di esecuzione, e quello specifico, della rescissione del giudicato, ora ricollocato nell’art. 629 bis c.p.p.

È interessante sottolineare che la Procura Generale aveva concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato, per via dell’anomala ‘conversione’/riqualificazione operata dal giudice a quo che, nel dichiarare infondato l’incidente di esecuzione, contestualmente lo riqualificava in istanza di rescissione del giudicato, mandandolo alla corte ritenuta territorialmente competente. Anche su questo specifico profilo, come si vedrà poco oltre, le Sezioni Unite hanno formulato un principio di diritto.

 

 

3. Gli incerti confini tra incidente di esecuzione e rescissione del giudicato, alla luce della recente successione normativa. – Quanto ai rapporti tra incidente di esecuzione e rescissione del giudicato ex art. 629 bis c.p.p., la decisione muove dalla ricostruzione della connotazione normativa e della funzione dell’istituto di cui all’art. 670 c.p.p., che si colloca nel territorio dell’esecuzione, estraneo alla rivalutazione di ogni questione attinente alla fondatezza del giudizio di responsabilità del condannato, ma anche alla determinazione della pena e alla definizione di vizi procedurali verificatisi prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Non appartenendo al novero delle impugnazioni, l’incidente di esecuzione trova precisa collocazione nel limitato ventaglio di ipotesi che possono incidere sulla effettiva formazione del titolo esecutivo, in senso materiale o giuridico. La sentenza ripercorre le ipotesi, riconosciute in giurisprudenza, di inesistenza del titolo esecutivo e di ‘ineseguibilità’, rimarcando la distinzione tra autorità di cosa giudicata ed esecutività della decisione (recentemente ribadita da Cass. SU. 29.10.2020, n. 3423, Gialluisi)[4]. Tale passaggio è certamente fondamentale, nella struttura della pronuncia, per introdurre la questione che ha in concreto dato luogo al divario giurisprudenziale risolto: se l’eseguibilità presuppone l’irrevocabilità, dovuta all’esaurimento dei rimedi ordinari avverso la sentenza, l’acquiescenza a quest’ultima dovuta alla mancata conoscenza del processo da parte dell’imputato può essere considerata tale da incidere sulla formazione del titolo esecutivo?

Rammenta il Supremo Collegio che alla base dell’incidente di esecuzione - come ribadito dalla giurisprudenza maggioritaria – si trova un potere, attribuito alla giurisdizione di esecuzione, di verifica formale e sostanziale della correttezza dell’esecuzione penale, che esclude un’attività di emenda o integrazione del giudicato, anche quando l’incidente di esecuzione sia promosso per ovviare a una perdurante compressione di diritti soggettivi, dovuta alla successione di leggi (non necessariamente incriminatrici) nel tempo o per dar seguito ad una pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo[5].

Esclusa, dunque, la possibilità di far valere, con l’incidente di esecuzione, vizi relativi agli atti del procedimento di cognizione, anche se attinenti all’instaurazione del rapporto processuale stesso, la pronuncia che si segnala ripercorre l’evoluzione della disciplina contumaciale e la sua trasformazione nel diverso istituto dell’assenza, attraverso la novella del 2014[6], che rimette al giudice della cognizione la puntale verifica circa l’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato. Sulla scorta della già ricordata sentenza nel caso Ismail Darwish[7], le Sezioni Unite sottolineano come tale verifica debba essere condotta in concreto, ai fini della delibazione della effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato, di cui i fattori indicati nell’art. 420 bis c.p.p. non sono indici presuntivi, ma solo elementi propedeutici per l’accertamento. Dato il peculiare oggetto di tale accertamento, ovvero la certezza della conoscenza che, sola, può consentire la celebrazione del processo in absentia, il legislatore ha introdotto lo specifico rimedio della rescissione del giudicato, fondato proprio sulle ipotesi in cui, nonostante l’accertamento operato dal giudice della cognizione, l’imputato non abbia avuto in nessun momento la necessaria conoscenza del processo, per ragioni non ascrivibili a sua colpa. Diversamente dall’incidente di esecuzione, tale istituto è un mezzo di impugnazione ed è specificamente congegnato per rilevare, pur dopo il passaggio in giudicato della sentenza, un particolare vizio verificatosi nel giudizio di cognizione. Posta, dunque, l’abrogazione dell’art. 548 co., 2 c.p.p. ad opera dell’art. 10 l. 67/2014, l’incidente di esecuzione ha perso uno specifico ambito applicativo, legato appunto alla notificazione dell’estratto contumaciale.

Osserva, tuttavia la Corte che, a fronte dell’eliminazione dell’obbligo di notifica dell’estratto contumaciale e, dunque, della restrizione degli spazi di deducibilità della mancata conoscenza del processo, si è sviluppato un orientamento giurisprudenziale che, proprio facendo leva sulla peculiarità dell’art. 629 bis c.p.p., ammette l’incidente di esecuzione per denunciare i vizi di notificazione dell’atto introduttivo. Infatti, in linea generale, la rescissione del giudicato trova spazio solo laddove l’imputato sia stato legittimamente giudicato in assenza, cosa che non si verifica nei casi di nullità della notificazione dell’atto introduttivo. In tali casi infatti, si è proceduto illegittimamente in assenza e ciò parrebbe consentire il ricorso ad un rimedio differente dalla rescissione del giudicato, ovvero l’incidente di esecuzione. Tale è appunto, l’impostazione che ha ispirato la posizione interpretativa[8] che ha dato luogo al contrasto in questione. Anche in dottrina, del resto, si è osservato come, nell’avvicendamento di disciplina normativa, la situazione appena descritta sia rimasta priva di copertura[9].

La difficile delimitazione dei confini tra istituti – amplificata dall’imprecisa successione normativa che, pur con l’introduzione di uno specifico mezzo di impugnazione, lascia prive di rimedio le ipotesi di erronea celebrazione in assenza, per vizi della notificazione dell’atto introduttivo – emerge in modo evidente dal passaggio di una pronuncia della prima sezione, richiamata dalle Sezioni Unite, ove si afferma, piuttosto contraddittoriamente, che «sono estranee al tema della conoscenza del processo le questioni, regolate dall’art. 420 co. 2 cod. proc. pen., concernenti la regolare costituzione delle parti, cui corrisponde correlativamente nella fase esecutiva, il rimedio di cui all’art. 670 cod. proc. pen.»[10].

Invero, l’accennato orientamento giurisprudenziale sembra spingersi al di là dei confini del tema dell’effettiva conoscenza del processo, estendendo il ricorso all’incidente di esecuzione anche per la denuncia di vizi, verificatisi nel giudizio di cognizione, relativi alla continuità della difesa, in ipotesi di inosservanza dell’art. 97 co. 1 c.p.p.[11].

 

4. La rescissione del giudicato come mezzo coerente di denuncia dei vizi di mancata conoscenza. – A fronte dell’accurata ricostruzione di tale specifico orientamento interpretativo, la pronuncia rileva come sia assai ampia la giurisprudenza di segno opposto, che esclude la rilevanza di nullità verificatesi nel giudizio di cognizione ai fini della esperibilità dell’incidente di esecuzione.

Nel confermare la correttezza di tale orientamento, le Sezioni Unite fanno richiamo agli approdi già raggiunti nei casi Ismail Darwish e Ramadze, per ribadire la specificità della rescissione del giudicato, quale rimedio impugnatorio volto a sindacare tutte le situazioni di effettiva mancata conoscenza di tutto il processo, non ascrivibili all’imputato, determinando il superamento della originaria visione che voleva l’art. 629 bis c.p.p. esperibile solo quando si fosse legittimamente proceduto in assenza dell’imputato. Tale superamento, sancito, appunto dalla pronuncia Ramadze, prende spunto dal deciso rigetto dell’interpretazione che intende gli indici dell’art. 420 bis c.p.p. come presunzioni di conoscenza del processo che legittimano, di per sé, la celebrazione del processo in assenza dell’imputato. Data l’esperibilità dell’istituto di nuovo conio a prescindere dalla correttezza delle valutazioni effettuate dal giudice della cognizione, il regolamento di confini con l’incidente di esecuzione rimane certamente più netto e, come sottolineano le Sezioni Unite, la rescissione del giudicato diviene certamente fruibile «in tutti i casi in cui la mancata partecipazione non sia stata addebitabile a libera determinazione e non abbiano operato i meccanismi preventivi, attivabili nel giudizio di cognizione»[12], rimanendo poi ferma l’applicabilità dell’art. 175 co. 1 c.p.p. alle ipotesi in cui la mancata conoscenza si riferisca non già a tutto lo svolgimento del processo, ma soltanto alla fase dell’appello, come recentemente ribadito dalla quinta sezione, in relazione proprio a vizi attinenti alla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado[13].

Né, si osserva, tale lettura rende del tutto superflua la sopravvivenza dell’art. 670 c.p.p., il quale rimane applicabile alle ipotesi di vizi delle notificazioni attinenti al decreto penale di condanna, all’inosservanza degli obblighi di notificazione del ritardato deposito ex art. 548 c.p.p., nonché in tutti i procedimenti in cui, ratione temporis, sia ancora applicata la disciplina della contumacia e, dunque, l’estratto della sentenza debba ancora essere notificato all’imputato[14].

La decisione sottopone altresì le conclusioni raggiunte alla cartina di tornasole dei parametri convenzionali, osservando che la maggior forza ‘demolitiva’ del giudicato, conseguente alla rescissione, pare certamente più idonea dell’incidente di esecuzione ad assicurare all’interessato un rimedio in linea con i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza di Strasburgo[15].

In conclusione, dunque, la Corte afferma che «il condannato con sentenza pronunciata in assenza che intenda eccepire nullità assolute ed insanabili, derivanti dall’omessa citazione in giudizio propria e/o del proprio difensore nel procedimento di cognizione, non può adire il giudice dell’esecuzione per chiedere ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen in relazione ai suddetti vizi, la declaratoria della illegittimità del titolo di condanna e la sua non esecutività. Può invece proporre richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629 bis cod. proc. pen., allegando l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che possa essere derivata dalle indicate nullità».

 

5. Inapplicabilità dell’art. 568 co. 5 c.p.p. nei rapporti tra incidente di esecuzione e rescissione del giudicato. – Come già anticipato, le Sezioni Unite si soffermano, da ultimo, sulla questione relativa alla possibilità di riqualificazione dell’incidente di esecuzione ex art. 670 c.p.p., in istanza di rescissione del giudicato ex art. 629 bis c.p.p.

Innanzitutto, si ribadisce come la descritta situazione sia estranea alla previsione dell’art. 568 co. 5 c.p.p., applicabile in via esclusiva alle impugnazioni, ai fini di rimediare ad eventuali errori nell’individuazione del nomen iuris da parte degli impugnanti. Altra e diversa ipotesi, ricordano le Sezioni Unite, è quella della conversione dell’appello e del ricorso per cassazione, prevista per le diverse ipotesi dell’art. 580 c.p.p. e dell’art. 569 co. 2 e 3, cui non è certamente riferibile il caso di specie.

Esclusa la pertinenza del concetto di ‘conversione’, ma denegata altresì l’applicabilità dell’art. 568 co. 5 c.p.p., riferito ai soli mezzi di impugnazione, le Sezioni Unite formulano pertanto uno specifico principio di diritto secondo cui «la richiesta formulata dal condannato perché sia dichiarata la non esecutività della sentenza ai sensi dell’art. 670 c.p.p. in ragione di nullità che abbiano riguardato la notificazione della citazione a giudizio nel procedimento di cognizione non è riqualificabile come richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 568 co. 5 cod. proc. pen».

 

 

[1] Cass, Sez. V, 15 settembre 2020 (dep. 9 novembre 2020), n. 31201, in questa Rivista, 2 marzo 2021.

[2] Cass., Sez. Un., 28 novembre 2019 (dep. 17 agosto 2020), n. 23948, imp. Ismail Darwish, in questa Rivista, 7 settembre 2020.

[3] Per alcune recenti ricostruzioni v. N. Rombi, Il diritto alla presenza processuale. Garanzie, limiti, rimedi, Cedam, Padova, 2020, 252: A. Procaccino, Informazione e consapevolezza dell’imputato per la presenza al suo processo. Suggestioni europee e problemi nazionali, in www.lalegislazionepenale.it, 16 dicembre 2020.

[4] V,. però, F. Caprioli – D. Vicoli, Procedura penale dell’esecuzione, II ed., Giappichelli, 2011, p. 64,

[5] Di recente, sul punto, v. F. Cerntorame, La cognizione penale in fase esecutiva, Giappichelli, Torino, 2018, p. 40 ss.

[6] Sulla riforma, tra gli altri, v. M. Bargis, La rescissione del giudicato ex art. 625 ter c.p.p.: un istituto da rimeditare, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 1/2015, p. 160 ss.; H. Belluta, Le impugnazioni come rimedi ripristinatori: verso il giusto processo in assenza dell’imputato, in M. Daniele, P.P. Paulesu (a cura di), Strategie di deflazione penale e rimodulazioni del giudizio in absentia, Torino, 2015, p. 249 ss.; G. Garuti, Ius superveniens e ‘nuovo’ processo in assenza, in Giur. it., 2014, p. 1507 ss.; P. Spagnolo, Un istituto nuovo ed uno vecchio: la rescissione del giudicato e la restituzione nel termine, in Leg. pen., 2014, p. 64o; G. Ubertis, ‘Truffa delle etichette’ nel processo penale: la ‘contumacia’ è diventata ‘assenza’, in Id., Argomenti di procedura penale, IV, Milano, 2016, p. 220 ss.

[7] V. nt. 2.

[8] Cass, sez. V, 27 novembre 2018, n. 7818, Viti, rv. 275380; Cass., sez. I, 18 ottobre 2019, n. 48723, Piccolo, rv. 2778722;

23 giugno 2020, n. 20989, Barsotti, rv., 279329.

[9] N. Rombi, Il diritto alla presenza processuale, cit., p. 252.

[10] Cass. Sez. I, 12 febbraio 2019, n. 13647, Triglia.

[11] Cass. Sez. I, 28 febbraio 2028, n. 16958, Esposito, rv. 272604.

[12] § 8.2.

[13] Cass. Sez. V., 15 settembre 2020, n. 29884, Nocera.

[14] § 8.4.

[15] § 8.3.