C. eur. dir. uomo, sez. I, 10 luglio 2025, Gullotti c. Italia
Con una sentenza dello scorso luglio, la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per aver limitato il diritto di una persona detenuta in regime di 41 bis o.p. a intrattenere una corrispondenza con i propri cari in assenza di una motivazione adeguata.
Il ricorrente, recluso in regime di c.d. carcere duro dalla fine degli anni Novanta per fatti di mafia, lamentava un’ingerenza nel proprio diritto alla vita privata e familiare, a causa di una limitazione ulteriore rispetto alle restrizioni imposte dal regime carcerario speciale. Al ricorrente, infatti, era stato applicato l’ulteriore vincolo di poter intrattenere una corrispondenza soltanto con i parenti autorizzati alle visite familiari, in considerazione del ruolo di primo piano ricoperto all'interno dell'organizzazione di tipo mafioso.
La Corte ha rilevato che tale restrizione aggiuntiva imposta alla persona reclusa ha costituito senza dubbio una compressione del diritto sancito dall’art. 8 CEDU. Secondo l’ordinario test di legittimità delle misure adottate, la Corte ha anzitutto rilevato che tale ingerenza è prevista nella nostra legge sull’ordinamento penitenziario e persegue lo scopo legittimo di tutelare la sicurezza pubblica.
Tuttavia, l’ha ritenuta non adeguata ed eccedente lo scopo perseguito a scapito del diritto riconosciuto al ricorrente dalla Convenzione. In mancanza di una valutazione esplicita e autonoma circa la necessità di consentire alla persona reclusa la corrispondenza con i soli parenti ammessi alle visite familiari, come richiesto dall'articolo 18 ter o.p., la restrizione applicata si risolve in una misura abusiva e in una violazione dell’art. 8 CEDU.
(Ilaria Giugni)


