Trib. Roma, Sez. V pen., sent. 6 luglio 2023, giud. dott.ssa Bonaventura
*Contributo pubblicato nel fascicolo 11/2023.
1. Con la sentenza che può leggersi in allegato, il Tribunale di Roma ha assolto un bidello accusato di violenza sessuale nei confronti di una studentessa minorenne. La pronuncia, che ha suscitato un notevole interesse mediatico, si segnala, da un lato, per conformarsi alla costante giurisprudenza della Corte di legittimità riguardante le condotte «repentine» o «a sorpresa»; dall’altro lato, e soprattutto, per aver valorizzato, ai fini dell’assoluzione, la mancanza di prova in ordine all’elemento soggettivo del reato.
2. Ma partiamo da una breve ricostruzione dei fatti dai quali ha preso origine il giudizio. Durante il dibattimento, la vittima ha dichiarato che, mentre stava salendo le scale a scuola e nell’attimo in cui si stava sistemando i pantaloni, che le erano un poco scesi dalla vita, aveva avvertito delle mani «entrarle nei pantaloni, sotto gli slip»; mani che dapprima «le toccavano i glutei, e poi la afferravano per le mutandine e la tiravano su, sollevandola di circa due centimetri». Sempre secondo le affermazioni della vittima, la condotta durava dai cinque ai dieci secondi. Il Tribunale ha ritenuto le dichiarazioni della ragazza pienamente credibili e il suo racconto è stato confermato da altri testimoni, tra cui un’amica che aveva assistito direttamente alla scena. Da parte sua, l’imputato ha ammesso di aver toccato la studentessa, negando tuttavia di averle messo le mani nei pantaloni o sotto le mutande. In particolare, questi ha dichiarato che, mentre la studentessa si alzava i pantaloni, lui si era limitato ad accompagnare il movimento e ad afferrarla da dietro attraverso i passanti degli stessi, sollevandola leggermente da terra. Notando il disagio della ragazza, il bidello l’aveva poi seguita per sincerarsi delle sue condizioni e dirle che era stato solo uno scherzo.
3. Nella motivazione della sentenza, il Tribunale ha affermato anzitutto che l'atto compiuto dall'imputato, ossia il toccare improvvisamente la studentessa sui glutei, anche se in modo repentino, integra indubbiamente l'elemento oggettivo del reato di violenza sessuale, previsto dall'art. 609-bis c.p.
3.1. La decisione in esame si uniforma così a tre consolidati orientamenti della Corte di cassazione in questa materia. In primis, la sentenza del Tribunale di Roma ribadisce il principio secondo cui gli atti compiuti «all'improvviso» o «a sorpresa» sono concepiti come una forma di violenza, che incide sulla libertà sessuale della vittima, in quanto le impedisce di maturare o esprimere un'opinione in merito[1]. Il provvedimento in commento si colloca altresì nel solco di quel filone giurisprudenziale che considera la durata dei toccamenti irrilevante ai fini della valutazione dell'atto come violenza sessuale: anche un’esecuzione insidiosamente rapida può costituire comunque una violenza sessuale ex art. 609-bis c.p.[2]. Infine, i giudici – nell’affermare la ricorrenza degli elementi oggettivi del reato – hanno adottano il c.d. modello di consenso affermativo, secondo cui il consenso è considerato presente solo a fronte di una manifestazione positiva, espressa attraverso segni chiari e univoci[3].
4. La sentenza si è soffermata quindi sulla ricostruzione dell’elemento soggettivo, attribuendo particolare rilevanza alla valutazione del contesto in cui gli eventi sono accaduti.
4.1. Da un lato, le circostanze in cui si sono svolti i fatti, secondo il Tribunale, hanno reso «convincente la tesi difensiva dell’atto scherzoso»; dall’altro lato, i giudici hanno escluso che lo scopo sessuale dell'atto potesse essere dedotto da alcune frasi pronunciate precedentemente dall'imputato all'adolescente, come ad esempio «se avessi la tua età mi risarei sposato».
4.2. Cionondimeno, il Tribunale ha osservato che la natura ludica dell'azione non è incompatibile, in astratto, con il dolo della fattispecie. A questo riguardo, la Cassazione ha infatti escluso che il dolo necessario ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 609-bis c.p. richieda che la condotta persegua come finalità la soddisfazione del desiderio sessuale dell'agente, essendo, invece, sufficiente la consapevolezza della natura oggettivamente sessuale dell'atto che è stato volontariamente compiuto, anche quando tale atto ha un fine di gioco o addirittura di umiliazione della vittima[4]. Senonché, la sentenza in esame ha valorizzato gli elementi contestuali per sollevare il ragionevole dubbio circa la ricorrenza del dolo dell'agente, così come ricostruito dal citato orientamento della Cassazione. Secondo il Tribunale, la dinamica di due persone in movimento che si trovavano a livelli diversi di una scala, ha potuto plausibilmente determinare un’azione accidentale e fortuita, che ha portato allo sfioramento dei glutei della persona offesa: accadimento, quest’ultimo, che, tuttavia, non corrispondeva alle intenzioni iniziali dell’agente.
4.3. La sentenza sembra allora ritenere che l'intenzione iniziale dell'imputato fosse quella di mettere in atto uno scherzo, consistente nel sollevare la studentessa dai pantaloni. Al momento dell'inizio dell'azione, quindi, l'intenzione del soggetto era orientata verso un comportamento lecito (sollevare la studentessa dai pantaloni) e non verso l'atto illecito (la realizzazione di un atto sessuale, anche se realizzato per uno scopo ludico), che si è poi inavvertitamente verificato.
5. La decisione del Tribunale di Roma è naturalmente discutibile, ma occorreva fare chiarezza sulle ragioni che hanno condotto all’esito assolutorio. Come ovvio, affinché sia legittimo il ricorso alla sanzione penale, non è sufficiente che il fatto realizzato dall'agente corrisponda alla descrizione tipica fornita dalla fattispecie, ma è altresì necessario che la condotta realizzata possa essere attribuita soggettivamente alla persona che l'ha posta in essere e – nel caso dell’art. 609-bis c.p. – che quanto accaduto sia conseguenza della sua azione volontaria.
Il dibattito mediatico sulla stampa e sui social network ha erroneamente dato adito all’idea che la sentenza in commento avesse affermato il principio che «una palpata di meno di dieci secondi non è reato»[5]. In realtà – come abbiamo mostrato – la motivazione alla base dell'assoluzione pronunciata dal Tribunale di Roma si è concentrata piuttosto sul difetto della prova del dolo, ritenendo che le risultanze probatorie non abbiano potuto dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, che l'intenzione dell'imputato fosse effettivamente quella di compiere l'atto sessuale. A nostro avviso, è, dunque, solo su quest’ultimo aspetto che la sentenza in esame può esser oggetto di critica.
[1] Cass, pen. sez. III, 19/11/2021, n. 1559; Cass. pen., sez. III, 18/07/2014, n. 46170
[2] Cass. pen. sez. III, 06/02/2013, n. 15044; Cass. Pen., sez. III, 26/09/2012, n. 44480
[3] Cass., pen., sez., III, 17/06/2022, n.32846; Cass. pen. sez. III, 20/11/2019, n.10372
[4] Cass. pen., sez., III, 13/05/2021, n. 24872; Cass. pen. sez. III, 02/02/2021, n. 9399
[5] G. Mengolini, Sapete quanti sono 10 secondi?": il trend social contro la sentenza sulla "palpata breve", Sky tg24, 14 luglio 2023, in https://bit.ly/3QKdgcR; G. De Santis,. La «palpata breve» non è reato. Il bidello assolto a Roma perché durava solo «una manciata di secondi», Corriere della Sera, 8 Luglio 2023, in https://bit.ly/47cBnpR; Indignación en Italia por la decisión de un juez que dice que los toqueteos de menos de 10 segundos no cuentan, BBC News Mundo, 12 luglio 2023, in https://bit.ly/40CbXA5; E. Provoleto, ‘10 Seconds’: Outrage Follows Acquittal in Italy Abuse Case, New York Times, 14 luglio 2023, in https://bit.ly/3Mwcbmf