Trib. Milano, decr. 10.12.2024 (dep. 7.1.2025), Gip Iannelli
*Contributo pubblicato nel fascicolo 3/2025.
1. Il decreto di archiviazione che può leggersi in allegato affronta un caso singolare, fatalmente tragico e per più aspetti interessante. Mentre si trova in un parco a Milano, percorrendo a piedi un vialetto sterrato accompagnata da una ‘badante’, un’anziana signora di 85 anni viene urtata dalla bicicletta condotta da un bambino di cinque anni[1]. Il bambino, accompagnato dal papà che lo (in)seguiva a piedi, stava imparando ad andare in bicicletta usandone una piccola senza pedali (metodo alternativo alle rotelle di una volta, funzionale ad acquisire l’equilibrio). La signora cade, sbatte la schiena e la testa e, dopo essere stata soccorsa dal padre del bambino e dalla sua ‘badante’, si rialza e viene accompagnata al pronto soccorso. Il giorno successivo muore, per una emorragia cerebrale post traumatica.
Viene avviato un procedimento penale nei confronti dei genitori del bambino, per il delitto di omicidio stradale (art. 589 bis c.p.).
2. Il pubblico ministero chiede l’archiviazione (v. il provvedimento allegato) non ravvisando gli estremi del reato contestato, sotto il profilo dell’assenza di colpa: “l’evento sinistro è frutto di una sfortunata, causale fatalità, senza che vi sia stata alcuna violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale”. L’evento, in particolare, sarebbe stato causato da una perdita di controllo della bicicletta in prossimità della signora e il padre, che pure stava seguendo il bambino da vicino, non avrebbe potuto far nulla per impedire la disgrazia. Quanto alla madre, non era presente al momento dell’incidente ed è stata perciò ritenuta del tutto estranea al fatto.
I parenti della vittima non hanno presentato opposizione alla richiesta di archiviazione.
3. Il Gip, con il decreto che può leggersi in allegato, ha archiviato il procedimento escludendo la possibilità di formulare una ragionevole previsione di condanna.
In premessa il gip osserva, incidentalmente, che può dubitarsi della configurabilità del delitto di omicidio stradale (in luogo dell’omicidio colposo comune), atteso che non è pacifico che un vialetto sterrato interno a un parco pubblico costituisca una ‘strada’ ai sensi di legge. Non è però un tema decisivo, atteso che, in ogni caso, la rilevanza penale del fatto di omicidio deve escludersi.
Quanto alla madre, non presente al momento del fatto, la responsabilità penale deve escludersi perché, a differenza del criterio di imputazione della responsabilità civile ex art. 2048 c.c. (culpa in educando dei genitori per il fatto dannoso commesso dal figlio minorenne convivente), nel diritto penale opera il principio di personalità della responsabilità, che può essere ascritta al genitore per una omissione (art. 40, co. 2 c.p.) solo sul presupposto della possibilità di intervenire per evitare l’evento causato dal figlio minore; possibilità evidentemente esclusa in assenza della madre sul luogo dell’evento.
Quanto al padre del bambino, il fatto di omicidio è integrato, sotto il profilo oggettivo e dell’imputazione ex art. 40, co. 2 c.p.; senonché difetta la colpa: l’evento è stato causato dallo sbandamento repentino della bicicletta, che si è verificato in modo “improvviso, non prevedibile né prevenibile”.
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4. Cosa ci insegna questa vicenda giudiziaria? Per un verso, richiama i principi elementari in tema di imputabilità (per escludere la responsabilità del bambino), di responsabilità omissiva nei reati di evento e di imputazione oggettiva del fatto penalmente rilevante al titolare di una posizione di garanzia, che postula la possibilità di intervenire per evitare l’evento (ad impossibilia nemo tenetur) e di colpa. Un caso da manuale che si presta ad essere proposto agli studenti nelle lezioni di diritto penale. Decisiva, rispetto alla posizione del padre, è l’assenza di colpa. Il genitore-agente modello è quello che segue il figlio mentre impara ad andare in bicicletta, concentrando la sua attenzione sul bambino e sull’area circostante. La regola cautelare, per esperienza, richiede di stare vicino al bambino, cosa che il papà ha fatto. La perdita di equilibrio è stata improvvisa e, per quanto vicino, il papà non avrebbe potuto evitare l’evento.
La vicenda è talmente drammatica – anche per la ‘pena naturale’ inflitta alla famiglia del bambino – che, saggiamente, non vi è stata l’ansia di individuare un colpevole e, di conseguenza, una penetrante ricerca di profili di colpa. Non era il caso. Si sarebbe forse potuto dire che l’evento era prevedibile: la stabilità di un’anziana accompagnata di una badante è normalmente precaria, e quando si insegna a un bambino ad andare in bici è buona regola guardare se la strada è libera o da chi è impegnata. E si sarebbe potuto forse dire che il papà avrebbe dovuto arrestare la corsa della bici facendo passare la signora. Uno spunto in tal senso si trare da dichiarazioni del padre ritenute però dal Gip inutilizzabili, nelle quali emerge la consapevolezza della presenza dell’anziana signora sulla strada.
Opportunamente, non si è però andati alla ricerca della colpa: né di quella del papà, né di quella dei medici del pronto soccorso che hanno prestato assistenza alla vittima, deceduta il giorno seguente.
Ecco allora cosa insegna la vicenda: possono accadere delle disgrazie rispetto alle quali il diritto penale e la pena non rappresentano una risposta socialmente adeguata. La punizione del papà – in termini di anni di reclusione, eventualmente con pena sospesa o sostituita – sarebbe apparsa eccessiva, ingiusta, non funzionale al perseguimento di una finalità rieducativa rispetto a un fatto che sarebbe potuto accadere a tanti altri genitori. Un fatto il cui peso resta come un macigno nella vita familiare e rispetto al quale i parenti della vittima, rinunciando all’opposizione alla richiesta di archiviazione, hanno mostrato di non cercare giustizia nel procedimento penale. Altro è il discorso di una possibile responsabilità civile, sempre che sia configurabile.
[1] Per un errore materiale il decreto indica l’età del bambino in dieci anni; si trattava tuttavia, come indicato nella richiesta di archiviazione, di un bambino di soli cinque anni.