Pubblichiamo in allegato, per l'interesse, il parere formulato dalla Commissione Diritto e Procedura penale dell'ANM sul disegno di legge C. 2528 in materia di “Introduzione del delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime”.
Il parere - approvato ieri, 14 ottobre 2025 - costituisce una integrazione e un aggiornamento a quello già approvato dal Comitato Direttivo Centrale dell’ANM nella seduta del 23 maggio 2025, già pubblicato in questa Rivista.
Come può leggersi nella premessa, «A seguito delle modifiche apportate dal Senato della Repubblica (che l’ha approvato nella seduta del 23 luglio 2025), il testo passato all’esame della Camera dei Deputati si differenzia in alcune parti da quello in precedenza analizzato dalla Commissione, con conseguente opportunità di evidenziarne il portato e la rilevanza».
Il testo integrale del parere è consultabile in allegato, riportiamo di seguito le conclusioni formulate dalla Commissione.
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Lo spirito della nuova legge – come già la l. n. 168/2023 è indubbiamente quello di fornire una tutela rapida ed effettiva alle persone offese dei reati in oggetto. Prova ne è che è stato introdotto un termine entro il quale il pubblico ministero deve richiedere una misura cautelare e uno per il giudice per provvedere su detta richiesta (come è noto, rispettivamente 30 e 20 giorni); si tratta di una previsione non riscontrabile in altri settori, che impone di ritenere la assoluta centralità del problema “tempo” in un’ottica generale di tutela.
Come sopra evidenziato, il nuovo testo prevede numerose novità positive, tra le quali quelle in tema di misure cautelari, di intercettazione, di avviso delle persone offese, di confisca, di sequestro conservativo e soprattutto in tema di obblighi del pubblico ministero di procedere direttamente all'audizione della persona offesa.
Restano due punti critici, di differente natura.
In primo luogo, i dubbi sull'introduzione della fattispecie di femminicidio - pure in parte modificati, nell’ottica di una maggiore precisione di alcune delle ipotesi contemplate nella fattispecie - rimangono tuttavia significativi, con riguardo alla necessità di introdurre una nuova, specifica figura di reato, nonché sulla struttura della stessa, sul rispetto del principio di eguaglianza e sul rigido regime delle circostanze previsto nei commi terzo quarto dell’art 577 bis c.p..
In secondo luogo, permangono le preoccupazioni conseguenti alla estensione della competenza collegiale per un numero elevatissimo di reati, solo in parte ridotta con la nuova versione del d.d.l., come sopra precisato. Una modifica in conseguenza della quale i tempi dei procedimenti e dei processi saranno enormemente e progressivamente dilatati.
Se per un numero elevato di processi sarò competente il Tribunale in composizione collegiale si creerà un “intasamento” di ardua gestione nei Tribunali medio-piccoli e rilevante anche in quelli maggiori dimensioni. Avremo, per forza di cose, decisioni di primo grado che arriveranno sempre più a distanza rispetto ai fatti oggetto di accertamento.
La scelta del d.d.l. di privilegiare la competenza collegiale appare indubbiamente motivata dalla preoccupazione di demandare la valutazione sulla libertà personale a un organo in grado di fornire le massime garanzie (valutazione che ha peraltro suscitato in dottrina in passato anche autorevoli perplessità, laddove si è ritenuto che la collegialità «stimola un metabolismo dialettico molto utile, quale antidoto agli errori, ma talvolta abbassa l’impegno intuitivo e raziocinante dei singoli componenti» considerando anche che «il rischio è più alto dove le premesse della decisione, emessa sulle carte, non emergano da avvenimenti vissuti nel dibattimento; al relatore compete una leadership talvolta acriticamente subita» - così F. Cordero, Guida alla procedura penale, Torino, 1986, 109).
Tale scelta, tuttavia, sposta in avanti, in termini progressivi ingravescenti, le decisioni, non considerando la realtà attuale di numerosi sedi giudiziarie, con organici ridotti, i cui dirigenti che potrebbero dover affrontare situazioni in concreto di problematica risoluzione, anche alla luce delle incompatibilità che potranno determinarsi.
Si rileva, inoltre, che la competenza collegiale rende impossibile la presenza in udienza di magistrati onorari, che nei casi più semplici possono sostituire anche per questi reati i P.M. togati avanti al Tribunale in composizione monocratica (si consideri che molti casi ad es. di atti persecutori sono fondati su prove testimoniali e documentali che rendono di non particolare complessità la gestione del dibattimento).
Se un procedimento è “istruito” in modo corretto e completo, il ruolo del P.M. di udienza è meno rilevante, mentre le indagini possono essere coordinate e gestite solo da PM togati.
A fronte di aumento significativo dei reati di competenza collegiale (in assenza di incrementi di organico nei Tribunali), è pertanto certo che vi sarà una progressiva ed inevitabile dilatazione del tempo intercorrente tra l’udienza preliminare e la celebrazione del dibattimento.
Non potrà così essere fornita una risposta adeguata in termini temporali ai problemi dei nuclei familiari coinvolti in questo settore.
Non solo: potranno moltiplicarsi i problemi derivanti dal necessario rispetto dei termini di fase delle misure cautelari, con il conseguente rischio di cessazione delle stesse prima ancora della celebrazione dei processi e conseguente esposizione al pericolo delle persone offese.


