Cass. sez. VI, 20 marzo 2024 (dep. 19 aprile 2024), n. 16668, Pres. Fidelbo, rel. Giordano
1. L’arresto differito: la novella. Con la pronuncia n. 16668 del 2024 la Sez. VI della Corte di legittimità interviene, per la prima volta, sul tema dell’arresto in flagranza differita introdotto dall’art. 10 della l. n. 168 del 2023 (cd. Legge Roccella) per alcune fattispecie di reato.
La decisione, del tutto condivisibile, ha preso posizione in tema di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. e afferma che il nuovo meccanismo processuale presuppone degli elementi legittimanti che non vanno confusi con i gravi indizi di colpevolezza necessari ai fini dell’applicazione delle misure cautelari.
La pronuncia consente di formulare qualche prima riflessione sulla valutazione spettante alla polizia giudiziaria, prima, e sui criteri di valutazione del giudice della convalida, poi.
Invero, sul punto, va, innanzitutto, ricordato che, a fronte della grave perpetrazione dei reati contro le donne e di violenza domestica, con la legge 24 novembre 2023, n. 168 il legislatore è (nuovamente) intervenuto su tale delicata materia, da tempo oggetto di attenzione normativa, per costruire un sistema idoneo a contrastare, in via fortemente anticipata, il costante emergere di tali fatti criminosi[1].
La legge, tesa a fronteggiare questo grave e allarmante fenomeno criminale[2], succede alla l. 8 settembre 2023, n. 122[3] che si è occupata – a fronte della standardizzata delega assegnata dal Procuratore competente alla polizia giudiziaria nello svolgimento delle indagini per gli indicati reati – di assicurare lo svolgimento “tempestivo” da parte del Procuratore dell’audizione della persona offesa e/o denunciante entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, quale atto funzionale per disporre ogni provvedimento teso all’immediata protezione della vittima e/o dei minori coinvolti nell’attività criminosa.
Invero, la legge n. 122 si è mossa potenziando il rimedio “interno” e gerarchico, tutto sviluppato sui rapporti fra la Procura della Repubblica presso il Tribunale e le Procure Generali (d’Appello e di Cassazione), tanto da sollevare più di un dubbio circa la sua idoneità ad assicurare la pronta protezione e valutazione della sequela procedimentale da intraprendere per prevenire ed evitare ulteriori attività criminose a danno della persona offesa.
La legge n. 168 del 2023 si caratterizza, al contrario, per la forte anticipazione della protezione e tutela della vittima anche al fine di colmare i vulnus applicativi censurati, in più occasioni dalla giurisprudenza europea, contro l’Italia[4]
Si muove entro tale binario, l’art. 10 della legge che ha inserito lo strumento dell’arresto differito nel codice di rito penale, sulla scorta di quanto già previsto per i reati di violenze negli stadi e per gli atti di violenza contro persone o cose durante le manifestazioni pubbliche: segnatamente, la disposizione prevede che l’autore del reato venga considerato in stato di flagranza, e possa dunque essere arrestato, entro 48 ore dal “fatto” anche sulla base delle documentazione videofotografica in grado di ricostruire la realtà naturalistica, o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica (messaggi e-mail, sms, WhatsApp, ecc.) e spontaneamente offerta dalla persona offesa.
Rilevante è l’intervento normativo collocato nel contesto precautelare, che costituisce il campo elettivo per rispondere a quell’urgenza “a provvedere” che spesso gli organi di polizia si trovano a dover attuare a fronte della richiesta d’intervento nell’immediatezza di fatti che spesso sono stati appena tentati o consumati e cessati o interrotti all’arrivo della polizia sul luogo del fatto: è questa l’urgenza che caratterizza le fattispecie più comuni e reiterate della violenza nei confronti delle donne: lo strumento arricchisce, dunque, i preventivi mezzi che l’ordinamento processuale offre alle forze dell’ordine e si colloca prima e accanto all’allontanamento dalla casa familiare (art. 384-bis c.p.p.).
2. Le caratteristiche della flagranza differita. Il nuovo istituto a beneficio della polizia giudiziaria è disciplinato all’art. 382-bis c.p.p. che configura una fattispecie di flagranza differita, consentendo alla polizia giudiziaria di procedere, in determinati casi, all’arresto[5]. In particolare l’art. 382-bis c.p.p. prevede che si consideri “comunque” in stato di flagranza colui che, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente che è stato commesso il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.), ovvero di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) o di atti persecutori (art. 612-bis c.p.). La previsione si colloca all’interno dell’'art. 382 c.p.p. che delinea una nozione unitaria di "stato di flagranza" a cui sono riconducibili la cd. flagranza "propria", o in senso stretto ("chi viene colto nell'atto di commettere il reato") e la c.d. flagranza "impropria," o quasi flagranza ("chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima"). Lo stato di flagranza, che integra la situazione legittimante il “nuovo” potere di arresto, si riferisce, pertanto, a situazioni diverse pur se ricollegabili, in ragione di un rigoroso rapporto spazio-temporale, come hanno declinato puntualmente le Sezioni Unite della Cassazione[6] chiamate a tratteggiare l’esatta determinazione delle coordinate concettuali della nozione di “quasi flagranza”, con particolare riferimento alla fattispecie rappresentata dall’“inseguimento” a seguito delle dichiarazioni rilasciate -appunto- dalla persona offesa. Nell’esaminare il significato della “quasi flagranza”, le Sezioni unite sono giunte alla conclusione che quel concetto non può essere dilatato al di là della lettera della legge. Esso, in altri termini, non può ricomprendere accezioni più late, di tipo figurato e metaforico, pena il conflitto con il fondamentale diritto alla libertà personale, cardine attorno al quale deve ruotare la disciplina relativa all’istituto dell’arresto in flagranza (anche differito).
La flagranza di reato in senso proprio implica, quindi, che il soggetto “sia colto” nell'atto di commettere un reato: l’ipotesi ricomprende, chiaramente, non solo il caso in cui la commissione del reato sia in itinere, ma anche quella in cui il reato si è appena consumato, la quasi flagranza appunto di «chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima» A legittimare la restrizione anticipata soccorre, in tal caso, l’"essere sorpresi" con cose o tracce del reato consente di rilevare la contiguità spazio-temporale tra fatto e soggetto ricavandola dal possesso di ciò che, ancora, evidenzia la recente commissione dell'illecito[7]: è, dunque, la percezione diretta della condotta criminosa ovvero dei suoi immediati risultati che rappresenta il fil rouge che lega le varie ipotesi descritte dall’art. 382 c.p.p. Non potendo ricondurvi, cos’, l’ipotesi contemplata dall’art. 382-bis c.p.p. si è reso necessario inserire nel codice di procedura penale una norma espressa (arg. ex artt. 13 e 25 Cost.)
Finora previsto solo dalla legislazione speciale, il meccanismo precautelare della flagranza c.d. tecnologica, che trova dignità nella peculiare documentazione, da cui si ricavi “inequivocabilmente” la commissione del fatto, la novità legislativa supera, così, la preclusione segnata dalla pronuncia delle Sezioni unite. L’intervento normativo è ispirato alla selettività garantista, in considerazione dell’eccezionalità del potere che, in materia di libertà personale, può essere attribuito all’autorità di pubblica sicurezza: tale tipo di arresto differito già conosciuto dal sistema, assume ora rilievo codicistico limitatamente ai reati di violazione del provvedimento di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.)[8], del reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) e di stalking (art. 612-bis c.p.). La limitazione ad alcuni dei cd. “reati spia” della violenza ha, tuttavia, già suscitato alcuni dubbi fra i primi commentatori[9] da dissipare, a nostro avviso.
Il richiamo normativo, infatti, da un lato – vale a dire in un’ottica astratta – rinvia alle fattispecie penali più consuete e statisticamente frequenti, dall’altro lato – in un’ottica dinamica – si lega a doppio filo al riconosciuto potere di adozione delle misure cautelari in sede di convalida, ammesse, ora, nel caso della integrazione del reato stabilito all’art. 387-bis c.p. a norma dell’art. 391, comma 5 c.p.p. – modificato proprio dall’art. 13, comma 1, lett. c) dalla l. n. 168 del 2023 –, tenuto conto, peraltro, dell’agevolazione, a tal fine, che discende dalle sostanziali modifiche che hanno interessato gli artt. 275-bis, 280, 282-bis e 282-ter c.p.p.: lo scopo è chiaro, consentire l’avvio di una procedura rapida che garantisca la persona offesa.
A fronte della convalida si potrà, infatti, non solo ottenere un provvedimento restrittivo della libertà, ma dare, eventualmente, l’avvio celere all’accertamento del fatto, con la richiesta di giudizio direttissimo o di giudizio immediato, nel pieno rispetto di quella “pronta” protezione della vittima a cui è orientata la più recente legislazione in materia di violenza di genere (arg. ex art. 132-bis disp. att. c.p.p.).
Ne discende, in primo luogo, che il “nuovo” arresto impone alla polizia giudiziaria di accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni legittimanti la misura (“gravità del fatto” e “pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto”); in secondo luogo agli organi di pubblica sicurezza spetta la dirimente valutazione, non semplice, riguardante la condotta tenuta e la sua funzionalità alla realizzazione dell'evento sia che si tratti di atti persecutori, maltrattamenti e/o avvicinamento alla persona offesa. Orbene, se in quest’ultimo caso la valutazione non comporta particolari difficoltà d’accertamento, un diverso discorso pare formulabile rispetto agli altri reati.
In tal caso, infatti, la polizia giudiziaria dovrà esporre gli elementi dai quali ha desunto i fatti menzionati così da consentire al giudice, in sede di convalida, di effettuare la verifica circa la legittimità del suo operato, anche rispetto allo “stato di flagranza” che, come detto, si può fondare sulla documentazione “tecnica” ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerge inequivocabilmente il fatto, ne risulta l’autore, sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto. In altri termini, come ha indicato attento commentatore[10] il legislatore – data la delicatezza del mezzo pre-cautelare – ha posto quattro condizioni alla possibilità di arresto differito, segnatamente: 1) la valutazione deve avvenire sulla base di documentazione video fotografica o ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica; 2) tale documentazione deve essere legittimamente ottenuta, in quanto in tali casi è ragionevolmente possibile risalire alla data esatta di formazione delle immagini, anche per data e provenienza; 3) deve essere tale da far sì che emerga inequivocabilmente “il fatto” riferibile al soggetto che potrà essere arrestato; 4) l'arresto deve essere compiuto non oltre il tempo necessario all’ identificazione del (presunto) autore e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto.
Parrebbe, dunque, che è dalla menzionata documentazione che si possa (e debba) consentire di risalire “inequivocabilmente” all’autore e agli elementi che consentono di accertare la commissione del fatto.
3. Il primo caso. I delineati requisiti, non alternativi, ma cumulativi, nel caso sottoposto per la prima volta innanzi al giudice di legittimità sono stati, invero, esclusi dal giudice per le indagini preliminari che, chiamato a convalidare l'arresto di O.Z., eseguito il 13 dicembre 2023 per il reato di maltrattamenti in danno della compagna convivente, ha negato la legittimità della misura pre-cautelare ritenendo di essere in presenza di una semplice conflittualità reciproca e di un atteggiamento provocatorio della presunta parte lesa. Negata la convalida ed esclusa la ricorrenza del reato, a fronte del ricorso da parte del Procuratore della Repubblica, la Cassazione ha, invece, accolto il ricorso annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Nella decisione la Corte ha, in un primo momento, ripercorso la ratio sottesa alla possibilità – per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica – di posticipare l’arresto fino a 48 ore dalla commissione di reati in situazioni specifiche, fra cui, da ultimo quella disciplinata all' art. 10 della cd. Legge Roccella. Successivamente, la Corte ha riconosciuto che un «istituto della periferia della legislazione complementare è stato trapiantato al centro del sistema», con evidenti ricadute sul versante della sua applicazione.
La prima novità ricavabile dalla decisione, che merita piena condivisione, è che per i giudici di legittimità i presupposti del contesto, quali quello della necessità e urgenza, che facoltizzano l'arresto ritardato, sono insiti nella fattispecie e non vanno, dunque, dimostrati, a dispetto di quello che ha, invece, affermato il giudice di legittimità relativamente al caso delle manifestazioni sportive[11]: è questo un passaggio di grande importanza. Il giudice di legittimità è consapevole del fatto che, quando si verte in tema di reati tipici della costellazione della violenza famigliare e di genere, i presupposti del contesto della necessità e urgenza, non vanno dimostrati, come sono superflue – questo lo aggiungiamo noi – quelle ragioni di ‘sicurezza o incolumità pubblica’, presenti nei menzionati decreti sicurezza, perché non trasfuse nella norma del 2023.
Da questo punto di vista emerge, con chiarezza, che la ratio dell’arresto in flagranza differita ex art. 382-bis c.p.p. consiste nella protezione della vittima: tale interpretazione permette, in primo luogo, di inquadrare l'istituto dal punto di vista sistematico in modo coerente rispetto alla finalità complessiva della L. n. 168 del 2023 che è quella di rendere più stringente ed efficiente l'attuale disciplina in materia di contrasto della violenza di genere e domestica.
In secondo luogo, i giudici confermano la necessità della presenza della documentazione video o delle immagini fotografiche, o ancora delle registrazioni di telefonini o altri mezzi informatici, purché ottenuta nel rispetto della normativa relativa alla protezione di dati personali (possiamo richiamare qui il Regolamento UE n. 679 del 2016 e il d.lgs n. 193 del 2003, con tutti i successivi aggiornamenti), di quella sul trattamento dei dati a fini di prevenzione, indagine, accertamento e quant'altro, di cui al d. lgs n. 51 del 2018.
Ebbene, tale assunto pare interdire lo sviluppo ulteriore della giurisprudenza in tema di bilanciamento degli interessi, laddove si utilizzasse una documentazione ottenuta mediante accessi abusivi o attività non autorizzate.
Se, dunque, l’arresto differito ex art. 382-bis c.p.p. delinea un istituto che ammette l’impiego, il più ampio, dei risultati dedotti da dispositivi informatici o telematici (adeguandosi, in tal modo, alla natura e alle caratteristiche endofamiliari dei reati per cui è ammesso) è necessario, a nostro avviso, che ricorrano almeno una serie di atti idonei a dimostrare il fatto. In altri termini, a legittimare questo specifico arresto extra-flagranza, oltre agli indicati termini, è la presenza di una documentazione "autoevidente" di carattere tecnico purché ottenuta nel rispetto della normativa relativa alla protezione di dati personali e di prevenzione, indagine, accertamento e quant'altro.
Riguardo alla documentazione ottenuta si può ipotizzare l'insorgere di una problematica legata all'attendibilità della medesima e al momento nel quale essa è stata effettuata. L’art. 382-bis c.p.p. richiede, infatti, che dalla documentazione in questione si evinca "inequivocabilmente" sia il fatto di reato sia l'identità dell'autore della condotta[12]: pare, così, necessario, in altri termini, un quantum di documentazione in grado di dimostrare il fatto per il quale è compiuto l’arresto ovvero una sua qualità, rappresentata anche dal dato “temporale e finalistico”, essendo escluso che si tratti di documentazione anteriore, ammessa solo in quanto vada a corroborare quella “contestuale” al fatto che dovrà essere provato anche se nei limiti e spazi richiesti per l’arresto. Invero, vertendosi in materia di libertà personale, è, dunque, in ossequio all’art. 13 Cost., richiesta, in ogni caso, anche una sua “contestualità cronologica”, al pari di quanto ammesso rispetto alla quasi-flagranza, qui tipizzata nei criteri ed elementi delineati dall’art. 382-bis c.p.p. Come si è evidenziato nei primi commenti[13] “seppur l’intento perseguito dal legislatore è lodevole, la disciplina concreta che ne deriva si espone a diverse critiche: da un lato, difficilmente la vittima potrà fornire una documentazione che, da sola, sia idonea a rappresentare la flagranza propria; dall’altro, vi sono fondati dubbi che la disposizione possa passare indenne il vaglio della legittimità costituzionale. In altri termini, “nonostante le migliori intenzioni – e qualche innovazione indubbiamente condivisibile – preme tuttavia osservare come l’ordito normativo del testo di legge tradisca una impostazione ancora legata a categorie di intervento astratte, riconducibili all’ampliamento al ricorso degli istituti cautelari e al generale inseverimento della loro disciplina”[14].
4. L’ alternativa del fermo del P.M. Invero, le difficoltà ricognitive, che anche la pronuncia mette correttamente in evidenza, ben sarebbero state superate se il legislatore avesse accolto gli emendamenti tesi ad introdurre, in luogo dell’istituto fin qui esaminato, un’ipotesi “speciale” di fermo che prescindesse dal requisito del pericolo di fuga, muovendo, infatti, proprio dal rilievo della mutuazione dell’ istituto, qual è quello dell’arresto differito, impiegato in caso di violenza negli stati ove, com’è intuibile, la documentazione appare più facilmente reperibile posto che si tratta di luoghi pubblici o aperti al pubblico.
Un tale rilievo è, infatti, emerso nel corso delle audizioni tenute innanzi alla commissione Giustizia della Camera. In particolare, si è evidenziato come si sarebbe, in questo caso, “preteso che la vittima di violenza, mentre subisce il delitto in luoghi chiusi, in assenza di testimoni o di chi la possa aiutare, si adoperi per documentarla, così ponendosi in pericolo, depotenziando il valore probatorio della sua denuncia ed escludendo le persone anziane o prive di supporti informatici”. Ma se l’obiettivo della riforma del 2023, come si è premesso, è rappresentato dall’immediata cessazione delle violenze e la tutela della vittima dall’escalation che potrebbe condurla a patire ulteriori sofferenze o la alla morte meglio si sarebbe, allora, prestato il fermo del P.M.: in tal caso, il pubblico ministero avrebbe verificato, anche sulla scorta della documentazione fornita dalla persona offesa e delle indagini di polizia giudiziaria, la sussistenza della gravità indiziaria e avrebbe avuto a disposizione uno strumento che, in caso di urgenza, avrebbe consentito l’immediata tutela della persona offesa. Si sarebbe anche potuto immaginare un intervento d’urgenza della polizia giudiziaria, sulla scorta delle ipotesi di fermo della polizia già previste nel codice di rito[15]. Una tale opzione meglio sembra adattarsi al delitto di maltrattamenti e stalking per i quali occorre la prova di più condotte e quando è carente non vi è possibilità di tutelare immediatamente la vittima; spesso, peraltro, poiché non ci sono tracce del reato sull'indagato, ma sulla persona offesa, non può operare l'art. 382 c.p.p.
La stessa decisione afferma che l’abitualità è difficilmente evincibile dal solo dato documentale. tanto che, nel caso concreto, il Gip aveva escluso che i video prodotti dalla donna fornissero elementi idonei a ritenere configurabili i maltrattamenti e non dei singoli episodi violenti. Ma, per il giudice di legittimità, sono elementi che non devono essere considerati in sede di convalida dell’arresto in flagranza differita. In questo contesto, infatti, il giudice, verificato il rispetto del termine di 48 ore dal fatto (escludendo ogni apprezzamento di merito), deve valutare l’operato della polizia giudiziaria ergo, l’ipotizzabilità del reato di maltrattamenti in famiglia e il fatto documentato, attribuibile alla persona arrestata, affinchè -in linea con la natura del reato- esso risulti non isolato, ma rappresenti l’ultimo anello di una catena di comportamenti violenti o lesivi. D’altro canto, in questo senso è orientata la Cassazione quanto alla flagranza di reato[16].
Di qui la maggiore congenialità del fermo. L’art. 6 della Relazione al disegno di legge della XVIII legislatura chiariva le ragioni dell'intervento teso alla previsione di un'ulteriore ipotesi di fermo, che prescinde dal pericolo di fuga e dalla flagranza, disposto dal pubblico ministero, con decreto motivato, nei confronti della persona gravemente indiziata di uno dei delitti previsti dagli artt. 572, 582 e 612-bis c.p. o di delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per i1 quale la legge prevede la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni quando sussistono specifici elementi per ritenere grave e imminente il pericolo che la persona indiziata commetta gravi delitti con l’uso di armi o di altri mezzi di violenza personale. Detta disposizione, nell'ottica di una pronta ed efficace tutela dell'incolumità della persona offesa, permette l'intervento tempestivo alla polizia giudiziaria qualora l'urgenza della situazione, valutata sulla base di specifici elementi, non consenta di attendere il provvedimento cautelare del giudice” per tutelare soggetti deboli e vulnerabili già sottoposti a prevaricazioni e che hanno subito in precedenza comportamenti lesivi della persona e dignità e che, pertanto, necessitano di una “tutela rafforzata” in ragione delle offese di cui sono stati destinatari a cui si sarebbe potuto ovviare con quello strumento.
Accantonato ingiustamente quel mezzo, l’attuale normativa è certo molto più problematica[17]. Ad essa, come sottolinea correttamente la decisione occorre procedere con estrema cautela nella valutazione della denuncia – che, peraltro, è da escludere che sia di per sé satisfattiva – o delle informazioni delle persone presenti, soprattutto nei casi in cui il materiale a disposizione, oltre alle dichiarazioni della persona offesa, consista il più delle volte nella richiamata documentazione.
Solo così possono evitarsi gli ampi rischi che una non corretta comprensione del mezzo può determinare sulla libertà delle persone ma anche, di converso, sulla tutela della persona offesa. Va ricordato come i reati di maltrattamenti e di atti persecutori sono reati abituali soggetti all’arresto in flagranza, per cui all’arresto differito pare potersi procedere a fronte dell’assenza sul luogo del fatto del trasgressore, purché si proceda entro le quarantotto ore dal fatto[18].
Merita, infine, sul versante sostanziale, evidenziare quanto alla distinzione tra violenza domestica e liti familiari il recente intervento della Cassazione[19] che, confermando l’opera ricostruttrice e richiamando le fonti sovranazionali, la Convenzione di Istanbul e i principi fondamentali dell’art. 3 Cost., ha affermato che “la linea distintiva tra violenza domestica e liti familiari è netta: si consuma il delitto quando un soggetto impedisce ad un altro, in modo reiterato, persino di esprimere un proprio autonomo punto di vista se non con la sanzione della violenza – fisica o psicologica – della coartazione dell’offesa, e quando la sensazione di paura per l’incolumità riguarda sempre e solo uno dei due, soprattutto attraverso forme ricattatorie o manipolatorie rispetto ai diritti sui figli della coppia; mentre ricorrono le liti familiari quando le parti sono in posizione paritaria e si confrontano, anche con veemenza, riconoscendo ed accettando, reciprocamente, il diritto di ciascuno di esprimere il proprio punto di vista”. In altri termini, ciò che qualifica la condotta come maltrattante, in un necessario quadro d’insieme, è che i comportamenti reiterati, anche solo minacciati, operanti a vari livelli, siano deliberatamente volti a ledere la dignità della persona offesa. Ancora, si è affermato, sul versante processuale, che è provato il delitto di maltrattamenti alla luce dei riscontri ottenuti dalle dichiarazioni logiche, coerenti e dettagliate, della persona offesa, dalle quali emerga una reiterata ed abituale condotta di vessazione nei suoi confronti e/o dei figli, sostenuta anche dall'abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, che la polizia può, dunque, ottenere anche sul luogo e nell’immediatezza dei fatti (salvo riscontri) realizzando così un sistema di vita familiare usualmente connotato da offese, minacce e lesione della dignità delle persone.
Il carattere coerente e non contraddittorio delle dichiarazioni della donna vittima di maltrattamenti e violenza sessuale da parte del marito, con riguardo al numero, alla natura ed al tempo degli episodi, la spontaneità e l'autonomia delle stesse parole, costituiscono un’affidabile prova del reato[20].
[1] L. Della Ragione, Le nuove misure pre-cautelari: l’arresto in flagranza e l’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare del P.M., in AA. VV., Codice rosso, 2° ed., aggiornata e integrata, a cura di B. Romano-A. Marandola, Pacini, Pisa, 2024, 215; P. Spagnolo, Le nuove disposizioni processuali in materia di contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza domestica, in Leg. pen., 2024, 1 ss.
[2] V., Circolare 3/2023 della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, Orientamenti in materia di violenza di genere, pubblicata in questa Rivista, 4 maggio 2023.
[3] Per tutti, A. Marandola, Codice rosso rafforzato, in Dir. pen. proc., 2023, 1420.
[4] La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha condannato il nostro Paese per la violazione dell’art. 2, 3 e 14 CEDU: v., Corte europea Talpis c. Italia; Landi c. Italia; De Giorgi c. Italia; M.S. c. Italia. Per maggiori approfondimenti, v. P. De Franceschi, Violenza domestica: dal caso Rumor al caso Tapis cosa è cambiato nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo?, in www.giurisprudenzapenale.it. Per la Corte, pur a fronte di una legislazione completa, si accredita all’autorità giudiziaria italiana l’incapacità di salvaguardare la persona offesa. È questa la base da cui muove, peraltro, la legge Roccella che ha inteso sviluppare un nuovo modello di tutela fondato, prevalentemente, sul contenimento della pericolosità (generica) del soggetto e sul successivo binomio efficienza/efficacia degli strumenti di salvaguardia sul versante cautelare, rafforzando -ed è questo il tratto rilevante del provvedimento- i rapporti fra organi della prevenzione con quelli giudiziari
[5] L. Algeri, L’arresto in flagranza differita per reati di violenza di genere e domestica, in Dir. pen. proc., 2024, 181 ss.
[6] Cass. Sez. Un., 24 novembre 2015, n. 39131, Proc. Rep. Trib. Locri c. Ventrice.
[7] Cass. Pen., Sez. II, 6 settembre 2019 (ud. 14 giugno 2019), n. 37303, in CED, n. 276823, secondo cui deve ritenersi la “quasi flagranza” nel caso in cui sulla base di indicazioni rese da terzi la polizia giudiziaria abbia comunque acquisito gli elementi che inducano a ritenere con elevata probabilità la responsabilità dell'arrestato - nella specie la vittima descriveva l'abbigliamento del reo e la polizia giudiziaria su tali basi aveva identificato l'arrestato, rinvenendo, nei pressi del luogo dell'identificazione, la borsa oggetto della rapina.
[8] Si sottolinea che, oggi, la previsione include anche la violazione degli ordini di protezione adottati in sede civile.
[9] Per più ampi approfondimenti v., L. Della Ragione, op. e loc. cit.,
[10] C. Parodi, Arresto in flagranza differita, cit., 36 ss.
[11] V., Cass. Sez. VI, 16 dicembre 2015, n. 2633.
[12] V., I. Boiano, Il quadro normativo in tema di violenza nei confronti delle donne e violenza domestica a seguito della legge 24 novembre 2023, n. 169, in Quest. Giust., 11 aprile 2024, 6.
[13] L. Algeri, L’arresto in flagranza differita per reati di violenza di genere e domestica, cit., 181 ss.
[14] Testualmente R. Muzzica, La specificita’ della violenza di genere nell’ambito del subprocedimento cautelare, in questa Rivista, 19 dicembre 2023, 21
[15] V., in tal senso, Circolare 3/2023 della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, Orientamenti in materia di violenza di genere, cit., 5, sia nelle Linee guida della Procura di Tivoli – contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica 6.12.2023), cit., 48. Sul punto v. A. Marandola, I nuovi presidi a tutela della vittima: rimedi pre-cautelari, cautelari e obblighi informativi, in Dir. pen. proc., 2024, 188; F. Menditto, op. cit., p. 49.
[16] Cfr. Cass. Sez. VI, 16 gennaio 2019, n. 7139; l'arresto in flagranza deve ritenersi legittimamente eseguito non solo quando gli agenti della polizia giudiziaria hanno assistito a una frazione di quelle condotte maltrattanti che costituiscono l’elemento oggettivo del delitto, ma anche quando siano intervenuti subito dopo la commissione di tale illecito e abbiano accertato che l'autore si sia dato alla fuga ovvero sia stato trovato con cose o tracce dimostrative della immediatamente precedente commissione del reato: Cass. Sez. VI, 27 maggio 2020, n. 17853.
[17] Cfr., sempre, F. Menditto, op. cit., 50. V., anche, per le ripercussioni sull’art. 13 Cost.: G. Amara, Legge 24 novembre 2023, n. 168 “disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”, in Giust. Insieme, 11 dicembre 2023, 6.
[18] Gius. Amato, Strumenti cautelari d’urgenza, arresto differito e via dalla casa, in Guida al dir., 9 dicembre 2023, 79.
[19] Cass. pen. Sez. VI, dep. 3 maggio 2024, n. 17656.
[20] Cass. pen., Sez. III, 14 maggio 2024, n. 18878.