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  Scheda  
23 Aprile 2021


La non punibilità per gli eventi dannosi da vaccino anti Covid-19


1. Requisiti costitutivi. – Una neonata fattispecie di non punibilità è entrata a far parte della famiglia del diritto penale della medicina.

È prevista dall’art. 3 d.l. 44/2021: «Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione».

Se smembriamo la fattispecie, ci compaiono i suoi requisiti costitutivi:

  • evento morte o lesioni del vaccinato da SARS-CoV-2
  • rapporto di causalità fra la somministrazione del vaccino e l’evento
  • conformità della somministrazione alle relative regole cautelari

Ancora più in sintesi ne ricaviamo: è esclusa la punibilità per gli eventi dannosi da corretta somministrazione del vaccino.

La fattispecie abbraccia qualunque evento dannoso, anche quelli frequenti di febbre, astenia, algie muscolari e articolari. Non abbraccia quindi solo gli eventi avversi, che sono una sottocategoria degli eventi dannosi e che, secondo la definizione ministeriale[1], sono caratterizzati dall’essere inattesi, ad es., shock anafilattico mortale o emiparesi secondaria a ischemia cerebrale da tromboembolo.

All’evidenza non sono coperti i rischi da somministrazione scorretta, ad es., non preceduta da un’accurata raccolta anamnestica, che avrebbe rivelato controindicazione. O somministrazione seguita da consigli scorretti, ad es., per contrastare l’elevata febbre post vaccino si consiglia di superare il dosaggio di un grammo di Tachipirina anche in un’unica soluzione, con successivi danni epatotossici. O si prescrive a paziente ulceroso un farmaco antinfiammatorio non stereoideo per mitigare i dolori muscolari post vaccino, senza associazione di farmaco inibitore di pompa protonica, con successiva emorragia gastrica.

 

2. Funzione. – Così inquadrata la fattispecie, ci possiamo chiedere ora: che strumento è nelle mani dei pratici l’art. 3 d.l. 44/2021?

Uno strumento inutile.

Se infatti non ci fosse, la non punibilità deriverebbe dall’applicazione dell’art. 43 alinea III c.p., trattandosi di condotta osservante le regole cautelari contenute nell’autorizzazione d’immissione in commercio e nelle circolari ministeriali sulla vaccinazione anti Covid-19[2].

Non solo è strumento inutile, ma è anche dannoso: impone infatti al giudice di prosciogliere perché trattasi di persona non punibile, anziché di prosciogliere sul fatto. Indebolisce quindi le barriere difensive, anziché fortificarle.

È anche strumento confusiogeno, perché può indurre a dubitare che l’osservanza di altre circolari ministeriali Covid-19 non escluda la responsabilità penale. Ad es., ad un paziente Covid-19, non presentante diatesi trombotica e mobilizzato, non viene somministrata eparina in osservanza della circolare sulle terapie di trattamento Covid-19[3] e si verifica un danno ischemico per trombosi: è punibile l’omessa somministrazione eparinica? La risposta dovrebbe essere comunque negativa, ancora in applicazione dell’art. 43 alinea III c.p., anche se non è prevista una fattispecie di non punibilità parallela a quella prevista dall’art. 3 cit.

Ci sono però da considerare anche effetti extragiuridici. Nella relazione al disegno di legge per la conversione del d.l. 44/2021 si scrive che l’art. 3 “…mira a rassicurare il personale sanitario e in genere i soggetti coinvolti nell’attività di vaccinazione[4].

Una finalità ansiolitica, benzodiazepinica, un Valium legislativo.

Che dire? Se funziona, ben venga il mantenimento nella legge di conversione.

Ma sorgono inevitabili perplessità: affinché funzioni è ovviamente necessario che il personale addetto alla vaccinazione non s’informi sul piano giuridico-penale, mentre tende invece a informarsi.

 

3. Natura giuridica. – La natura giuridica della neonata fattispecie è quella di una causa di esclusione della colpa, per l’osservanza di certe regole cautelari. Detto in altri termini, almeno seguendo la concezione bipartita del reato, si profila un fatto atipico. Non quindi una causa di non punibilità, che presuppone invece che la colpa ci sia. Come avviene nell’art. 590 sexies c.p., che pone l’imperizia fra i suoi requisiti costitutivi.

L’art. 3 cit. non ha nulla a che vedere con l’art. 590 sexies c.p. C’è rapporto d’incompatibilità fra le due fattispecie: la prima prevede una condotta non colposa e la seconda prevede invece una condotta imperita. Non è quindi condivisibile l’opinione espressa e non motivata nella relazione legislativa citata, secondo la quale l’art. 3 cit. è speciale rispetto all’art. 590 sexies c.p.[5]

Infine sul punto: qualunque discussione sul grado della colpa, lieve o grave, non appare appropriata con riferimento alla neonata fattispecie, perché appunto prevede una condotta non colposa.

 

4. Si può limitare l’iscrizione nel registro degli indagati? – Il tenore letterale dell’art. 3 cit. non contiene alcuna limitazione al riguardo, nonostante sia un’esigenza molto, molto sentita. Sotto questo profilo la fattispecie è deludente, perché il primo timore del personale sanitario è proprio quello di un procedimento penale a carico.

L’iscrizione nel registro degli indagati è già una pena. L’iscrizione fa male. È noto come all’iscrizione seguano sempre spese e spesso stress psicologico, anche forte, talvolta di non agevole gestione.

Il legislatore non si è fatto carico di questa nota esigenza[6], e allora: è possibile limitare l’iscrizione de iure condito?

Sì, è possibile grazie allo strumento della c.d. consulenza lampo, già collaudato in genere per la responsabilità sanitaria[7]. Come avviene?

La salma viene posta a disposizione dell’Autorità giudiziaria. Tramite delega alla polizia giudiziaria si sequestra o si acquisisce in copia conforme la documentazione sanitaria e si sentono a sommarie informazioni le persone informate sui fatti, in primis il medico di famiglia, rectius medico di medicina generale o di assistenza primaria, che può fornire l’anamnesi patologica, prossima, remota e familiare del paziente, spesso preziosa ai fini dell’accertamento della causa di morte. Si nomina poi un consulente medico legale, perché indichi, solo esaminati gli atti e quindi con atto ripetibile, quale è stata la storia clinica recente del paziente, anche con riferimento e linee guida e buone prassi cliniche, e quale causa di morte può ipotizzarsi. Solo avuta la risposta del consulente, si procede alle iscrizioni nel registro degli indagati, valutati tutti gli atti d’indagine ora a disposizione.

L’iscrizione non è un atto dovuto, come talvolta si sente dire, ma è un atto a ragion veduta. Non è un atto di acritico automatismo: ha avuto in cura il paziente e quindi lo iscrivo; non basta l’assunzione della posizione di garanzia. L’iscrizione è invece un atto di creazione intellettuale: lo iscrivo solo se ho quantomeno indizi d’inosservanza cautelare; almeno un fumus di colpa. Se gli indizi, ad indagini ormai sostanzialmente concluse, non ci sono, perché iscrivere? In tale frequente ipotesi si può mantenere il fascicolo con l’iscrizione contro ignoti. Solo a questo punto si procede all’esame autoptico, che dovrebbe essere l’ultimo atto d’indagine. D’altra parte, può succedere che l’autopsia sia superflua, risultando chiara la causa di morte da quanto si ha ormai in mano.

Tutto questo solitamente si può fare in 10-12 giorni, che è un tempo entro il quale non ne soffre l’esame autoptico, se la salma è stata correttamente conservata a circa 0 gradi, la c.d. temperatura neve. Le pressioni dei familiari per avere la salma sono talvolta angoscianti, ma di solito vengono contenute quando capiscono che si vuole garantire qualità delle indagini. Può succedere che l’autopsia riveli sorprese, che cioè emergano durante la stessa indizi a carico di chi ha avuto in cura il paziente. In tal caso si deve ovviamente interrompere l’esame, ricollocare la salma in cella frigorifero e fare le iscrizioni. Ma sono casi rarissimi, almeno nell’esperienza di chi scrive.

Questo modus operandi può essere seguito anche nel caso di morte dopo il vaccino anti Covid-19. Si deve accertare se la morte sia stata causata dalla somministrazione del vaccino, perché non è detto che sia così, ci potrebbe essere stata anche solo una casuale coincidenza temporale, ad es, un infarto del miocardio che comunque ci sarebbe stato per occlusione coronarica da placca ateromasica. Ma comunque in 10-12 giorni c’è tutto il tempo per accertare se la somministrazione è stata conforme all’autorizzazione d’immissione in commercio e alle circolari ministeriali sulla vaccinazione.

E se la somministrazione è stata conforme, il discorso sulla causa di morte è superato: qualunque diagnosi tanatologica non cancella l’innocenza del medico. Per lei/lui, una volta osservate le regole cautelari sulla vaccinazione, la causa di morte dovrebbe essere solo una curiosità intellettuale. Certo ci può essere dispiacere, anche profondo, per la perdita del paziente, ma non ci dovrebbero essere perniciosi patemi d’animo giudiziari.

 

 

[1] Ministero della Salute, Linee guida per gestire e comunicare gli eventi avversi in sanità, giugno 11. Viene data questa definizione di evento avverso: “Evento inatteso correlato al processo assistenziale e che comporta un danno al paziente, non intenzionale e indesiderabile”.

[2] In questo ordine di idee anche E. Penco, “Norma-scudo” o “norma-placebo”? Brevi osservazioni in tema di (ir)responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, in questa Rivista, 13 aprile 2021, 8 “…il nostro ordinamento penale possiede già gli anticorpi per fronteggiare il rischio di una epidemia di responsabilità, senza che si rivelino necessarie nuove inoculazioni di “scudi” normativi…”

[3] Ministero della Salute, Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2, 30 nov. 20, 13

[4] Relazione tecnica per la conversione in legge del decreto 44/2021, 5

[5] Relazione tecnica per la conversione in legge del decreto 44/2021, 5

[7] È anche un modo per accogliere il frequente invito della dottrina alla cautela nelle iniziative giudiziarie in epoca di emergenza Covid-19. Per tutti, F. Palazzo, Pandemia e responsabilità colposa, in questa Rivista, 26 aprile 2020.