Diamo notizia ai lettori del comunicato stampa con cui la Corte costituzionale informa della decisione assunta all’esito della camera di consiglio del 4 novembre 2020 a proposito delle questioni di legittimità, sollevate per diversi profili di contrasto con gli artt. 3, 24, secondo comma, 32 e 111 Cost., relative all’art. 2 d.l. 29/2020 e all’art. 2-bis del (convertito) d.l. 28/2020 — disposizioni facenti parte delle articolate e discusse norme “anti-scarcerazioni” adottate dal Governo a seguito di alcuni controversi provvedimenti da parte della magistratura di sorveglianza che, nel contesto dell'emergenza covid, aveva concesso ad alcuni esponenti della criminalità organizzata, anche molto noti, la possibilità di eseguire la pena in regime di detenzione domiciliare).
Nel riportare di seguito il comunicato stampa con cui è stata data notizia della decisione, ricordiamo che in questa Rivista possono leggersi una nota di Jacopo Della Torre all’ordinanza di rimessione del Magistrato di Sorveglianza di Spoleto (che aveva inteso riproporre i dubbi di costituzionalità dopo che a un primo atto di promovimento aveva fatto seguito la restituzione degli atti da parte della Consulta con sent. 185/2020) e una nota di Andrea Cabiale all’ordinanza di rimessione del Tribunale di Sorveglianza di Sassari.
«La Corte costituzionale, riunita oggi in camera di consiglio, ha esaminato le questioni sollevate dal Tribunale di sorveglianza di Sassari e dai Magistrati di sorveglianza di Spoleto e di Avellino sul decreto legge n. 29 del 2020 e sulla legge n. 70 del 2020 relativi alle scarcerazioni, connesse all’emergenza COVID, di detenuti condannati per reati di particolare gravità.
In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Corte fa sapere che le questioni sono state ritenute infondate.
La disciplina censurata impone ai giudici di sorveglianza di verificare periodicamente la perdurante sussistenza delle ragioni che giustificano la detenzione domiciliare per motivi di salute. A tal fine, i giudici sono tenuti ad acquisire una serie di documenti e di pareri, in particolare da parte dell’Amministrazione penitenziaria, della Procura nazionale antimafia e della Procura distrettuale antimafia.
La Corte ha ritenuto che questa disciplina non sia in contrasto con il diritto di difesa del condannato né con l’esigenza di tutela della sua salute né, infine, con il principio di separazione tra potere giudiziario e potere legislativo.
La motivazione della sentenza sarà depositata nelle prossime settimane».
(F.L.)