Segnaliamo ai lettori la decisione assunta dalla Corte costituzionale all’esito della camera di consiglio del 22 luglio, in cui sono state affrontate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Magistrato di Sorveglianza di Spoleto in relazione all’art. 2 d.l. 29/2020 «nella parte in cui, onerando il magistrato di sorveglianza della rivalutazione, prevede un procedimento senza spazi di adeguato formale coinvolgimento della difesa tecnica dell’interessato, senza alcuna comunicazione formale dell’apertura del procedimento e con una conseguente carenza assoluta di contraddittorio, rispetto alla parte pubblica, qui rappresentata in modo inedito dal Procuratore Distrettuale antimafia individuato in relazione al luogo del commesso reato, che deve fornire un obbligatorio, seppur non vincolante, parere sulla permanenza dei presupposti di concessione della misura».
Nel riportare di seguito il comunicato stampa con cui è stata data notizia della decisione, ricordiamo che l’ordinanza di rimessione è stata oggetto in questa Rivista di un ampio commento a firma di Mitja Gialuz.
«La Corte costituzionale ha esaminato oggi le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto sull’articolo 2 del decreto-legge 10 maggio 2020 n. 29 relativo alle scarcerazioni, connesse all’emergenza COVID, di detenuti condannati per reati di particolare gravità.
In attesa del deposito dell’ordinanza, l’Ufficio stampa della Corte fa sapere che il Collegio ha deciso di restituire gli atti al Magistrato di sorveglianza di Spoleto per verificare se, alla luce delle modifiche introdotte con la successiva legge n. 70 del 2020, le questioni sollevate siano ancora non manifestamente infondate.
La norma censurata prevede un meccanismo di periodica rivalutazione, da parte della magistratura di sorveglianza, dei provvedimenti con cui è stata concessa la detenzione domiciliare o il differimento della pena per ragioni legate alla pandemia. La rivalutazione deve essere effettuata sulla base di una serie di pareri e di informazioni che il giudice è tenuto ad acquisire, tra l’altro, dal Procuratore nazionale antimafia e dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Se risulta che non sussistono più le condizioni che hanno giustificato la scarcerazione, questa dev’essere revocata.
Secondo il Magistrato di sorveglianza di Spoleto, questa disciplina violerebbe il diritto di difesa e la parità delle armi nel procedimento, oltre al principio di eguaglianza, dal momento che i documenti e le informazioni utilizzati ai fini della rivalutazione restano ignoti alla difesa.
La Corte ha osservato che, successivamente al d.l. 29/2020, è stata approvata la legge n. 70 del 2020 secondo cui, quando il Magistrato di sorveglianza ha disposto in via provvisoria la revoca, e il condannato è tornato in carcere, il Tribunale di sorveglianza è tenuto a pronunciarsi in via definitiva sull’istanza di scarcerazione entro il termine perentorio di 30 giorni, nell’ambito di un procedimento in cui la difesa ha pieno accesso agli atti.
Il Magistrato di sorveglianza di Spoleto dovrà dunque rivalutare se i diritti costituzionali del condannato siano ora adeguatamente garantiti. L’ordinanza sarà depositata nei prossimi giorni».