ISSN 2704-8098
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  Recensione  
12 Ottobre 2020


V. Manes e M. Caianiello, Introduzione al diritto penale europeo, Fonti, metodi, istituti, casi, Giappichelli, 2020


1. Con “L’introduzione al diritto penale europeo”, Vittorio Manes e Michele Caianiello ci accompagnano in un percorso di studio e di ricerca al quale molti guardano con interesse crescente, anche per gli impetuosi sviluppi registrati nel corso dei più recenti anni. La metafora del cammino, da subito indicata nella prefazione all’opera – che fornisce una guida per uscire da quel ‘labirinto’ così bene descritto dal primo dei coautori qualche anno addietro – restituisce infatti al lettore l’immagine di un movimento del sistema penale, iniziato già molto tempo addietro ma iscritto tuttora in una dinamica complessa e inarrestabile.

Uno dei più grandi Maestri del diritto penale segnalava, oltre cinquant’anni addietro, come “la creazione delle Comunità europee abbia fatto emergere una serie di beni o interessi, taluni dei quali, soprattutto attinenti alla sfera privata, trovano adeguata tutela tramite le norme penali dei singoli Stati membri, mentre altri, soprattutto di natura pubblicistica e più rigorosamente connessi alla struttura istituzionale delle Comunità, appaiono privi di uno strumento di tutela penale, posto che le norme dei singoli Stati membri sono circoscritte al perseguimento di scopi rigorosamente statuali. Il vuoto di tutela che, di conseguenza, si viene a determinare è abbastanza evidente” (F. Bricola, Alcune osservazioni in materia di tutela penale degli interessi delle Comunità europee, in Ind. Pen., 1968, p. 5; ora anche in id., Scritti di diritto penale, vol. II, tomo I, Milano, 1997, pp. 2357 e ss., pp. 2359-2360). Da allora, molta strada è stata percorsa e se la constatazione conclusiva non ha più la medesima pregnanza, è pur vero che ancora oggi siamo dinanzi ad un quadro giuridico estremamente variegato e non facilmente riconducibile a sistema.

La sfida da raccogliere per inquadrare in chiave manualistica una materia così fluida e sfuggente era anzitutto questa: individuare i connotati essenziali delle interrelazioni estremamente articolate tra sistema penale e fonti europee, imbrigliando una materia magmatica in categorie sufficientemente certe e definite, e così fornendo a studiosi e operatori del diritto una prima sistematica. D’altronde, sia pur con un’estrema varietà di accenti e di impostazioni, la manualistica in altri paesi europei si è già cimentata con il tema: in Germania, con i volumi di Satzger e Ambos, ma anche nel Regno Unito, in Olanda, in Francia e da ultimo in Spagna. Chi sfogli l’opera di Manes e Caianiello si renderà conto che, con un gioco sapiente, i due autori, attenti studiosi da tempo delle prospettive europee del diritto e della procedura penale, hanno saputo consegnarci uno strumento di grande utilità teorica e pratica. Alcune caratteristiche dell’opera consentono di gettare una luce su struttura e contenuti.

 

2. In primis, si opta fin dal titolo per la formula icastica di “diritto penale europeo”. L’espressione, per quanto incerta e polisenso, ha oramai ragion d’essere – anche nella prospettiva della didattica universitaria – e consente di superare e inglobare al contempo tutte le diverse angolazioni da cui il tema può essere riguardato, oggetto di una sterminata mole di saggi e di un numero crescente di monografie. Gli autori optano per quello che Alessandro Bernardi ha ben definito un ossimoro e lo fanno con piena consapevolezza, come sta a testimoniare il ricco cammino di studio e ricerca che ha preparato questo volume e l’apparato bibliografico, sempre essenziale ma ben tarato per chi voglia verificare e approfondire.

Basta sfogliare l’indice del volume per rendersi conto che la formula di sintesi racchiude le principali declinazioni del concetto. Due parti, rispettivamente dedicate a “Unione europea e giustizia penale” e al “Sistema convenzionale di tutela dei diritti dell’uomo”, ‘fanno giustizia’ degli approcci che vedono UE e CEDU come due universi paralleli la cui disamina va operata disgiuntamente. L’Europa è il faro, sia essa la grande ou la petite Europe, senza alterare le diversità strutturali che ineriscono all’una e all’altra, ma senza al contempo dimenticare le interrelazioni profonde che, essenzialmente per il tramite dei diritti umani, si stabiliscono tra di esse.

Più ampiamente, la scelta sottolinea felicemente la prospettiva culturale in cui il volume si inserisce, quell’humus che ha finito, in maniera carsica, per impregnare la scienza e la coscienza del penalista nel corso dell’ultimo ventennio. Il libro parla all’operatore e allo studioso, come già detto, segnalandogli, ove ve ne fosse ancora la necessità, e più ampiamente ribadendo con forza quanto già oramai consacrato nella vita reale del sistema penale: il diritto europeo, nelle sue componenti, non è solo una branca a sé stante ma si irradia nelle classiche discipline e impone un cambio di prospettiva, un’apertura rispetto alle categorie, che supera i particolarismi nazionali e li ‘contamina’.

 

3. Il taglio è volutamente pedagogico e prende le mosse – nella sezione I, che apre la parte sulle incidenze del diritto dell’Unione europea – dalle diverse ‘interferenze’ che nel tempo sono state evidenziate, prime tra tutte l’interpretazione conforme e la disapplicazione. Quest’ultima, notoriamente capace di indurre anche effetti sfavorevoli per il reo, si conclude coerentemente con la disamina della c.d. saga Taricco e con il ricorso prospettato dalla Consulta, ma non realmente azionato, alla teoria dei controlimiti. La Sezione II tratta del fenomeno dell’armonizzazione – altrove definito degli effetti espansivi – che, specularmente alla neutralizzazione, estende l’area del penalmente rilevante, secondo prospettive oramai delineate con una certa ampiezza nel Trattato di Lisbona. Si passa poi al ‘cammino della cooperazione giudiziaria’, tema riguardato ovviamente nella prospettiva del processualpenalista. Dagli albori di tale cantiere della europeizzazione dei sistemi penali, l’analisi si sposta rapidamente alla dimensione del mutuo riconoscimento, con le due principali prospettive applicative, rappresentate notoriamente dal mandato d’arresto europeo e dal più recente ordine di indagine europeo. Gli organismi di indagine, nuovi attori nello scenario europeo della giustizia penale, vengono a completare il quadro: tra questi spicca, come intuibile, l’ufficio della Procura europea (European Public Prosecutor Office), di recentissima istituzione e potenzialmente destinato ad innovare in profondità gli assetti dei poteri e degli equilibri in ambito penale.

Il lettore si avvede già, in questa prima parte, che l’intento del volume – esplicitato nel sottotitolo generale – è quello di combinare un approccio tradizionale alle fonti, ai metodi e agli istituti del diritto penale europeo, con l’approccio casistico che ha fatto oramai irruzione nella configurazione del diritto penale, proprio sotto la spinta europeistica.

 

4. Dove il case law assume importanza crescente è tuttavia nella parte II del volume, dedicata non più al sistema eurounitario ma a quello convenzionale, dagli autori in premessa ritenuto dotato di maggiore capacità di penetrazione nei sistemi penali interni. Prendendo le mosse dalla collocazione della CEDU nel sistema delle fonti, esplicitata oramai da tempo dalla Corte Costituzionale, il lettore è condotto in questo complesso spaccato mediante indicazioni di metodo che illuminano il modus operandi della Corte: margine nazionale di apprezzamento, effetti erga omnes e nozioni autonome rappresentano profili emergenti di tale inquadramento. A quest’ultimo riguardo, l’attenzione è ovviamente concentrata sul celeberrimo concetto di materia penale (secondo i criteri Engel, a dire il vero oramai profondamente rimaneggiati dalla Corte europea medesima), proiettando lo sguardo anche ‘oltre’ la stessa, per approdare ai recenti arresti in tema di misure di prevenzione.

Conclude il volume un’amplissima sezione che, intrecciando Convenzione europea e Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e quindi realizzando quella saldatura di cui si è dato atto in apertura, passa in rassegna i singoli diritti di natura sostanziale e processuale profondamente rimaneggiati, e talvolta fortemente espansi, per il convergere di tali strumenti nell’ordinamento giuridico italiano. Equo processo e legalità penale, il cuore delle questioni di natura processuale e sostanziale che nel panorama penal-europeistico sono state maggiormente toccate dal ‘ripensare la ragion di stato’ – nelle parole di Mireille Delmas-Marty – imposto dall’esistenza delle corti superiori a Strasburgo e a Lussemburgo, vengono descritti – insieme agli altri – in maniera plastica e puntuale, riconducendo a sistema tante complesse decisioni con le quali il penalista è diventato da tempo famigliare.

 

5. È un cammino, quello intrapreso dagli autori, nel quale il lettore viene guidato con chiarezza espositiva e solidità di argomenti, rendendo l’opera, al contempo agile e curata, uno strumento di grande utilità per accompagnare lo studio nelle tappe – non sempre luminose ma non per ciò trascurabili – del diritto penale europeo.