Abstract. L’istituto del whistleblowing è stato (timidamente) introdotto nell’ordinamento nazionale, quale strumento di tutela dell’integrità della pubblica amministrazione, con la cd. “legge Severino” del 2012, intervenuta con un approccio minimalista, innestandone la disciplina in soli quattro commi del nuovo articolo 54-bis del “Testo unico del pubblico impiego”. Successivamente, ha trovato più ampia regolamentazione con la legge n. 179 del 2017, che ne ha esteso l’applicazione anche al settore privato. Da ultimo, con il decreto legislativo n. 24/2023, in attuazione della direttiva europea n. 1937 del 2017, è stata adottata una disposizione normativa organica finalizzata a una maggiore tutela del segnalante, introducendo la possibilità di rendere noti illeciti a sua conoscenza anche in modo anonimo e ricevere, se in seguito identificato e vittima di ritorsioni, una tutela analoga a quella riservata al whistleblower che dichiara (da subito) le proprie generalità. Lo scritto esamina la disposizione in questione, ad oggi passata quasi sotto silenzio, individuandone le problematiche applicative e i possibili effetti sull’intero sistema che, nelle originarie intenzioni, avrebbe dovuto promuovere la cultura della trasparenza e della legalità, squarciando il velo dell’omertà.
SOMMARIO: 1. Il whistleblowing nello scenario internazionale – 2. Il primo approccio del legislatore italiano; le normative del 2012 e del 2017 – 3. Le scelte della direttiva eurounitaria n. 1937/2019 – 4. Il decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24 di recepimento della direttiva – 5. Il regime giuridico delle propalazioni anonime; il comma 4 dell’art. 16 del d.lgs. n. 24 del 2023 – 6. I presupposti per poter beneficiare delle misure di protezione – 7. Considerazioni conclusive.
*Il contributo è stato sottoposto in forma anonima, con esito favorevole, alla valutazione di un revisore esperto.