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24 Ottobre 2024


Il quinto rapporto di valutazione del GRECO sull’Italia: la prevenzione della corruzione e la promozione dell’integrità nell’ambito dei governi centrali e nelle forze dell’ordine


*Contributo pubblicato nel fascicolo 10/2024. 

 

1. Lo scorso 22 marzo 2024 il GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione) – organo del Consiglio d’Europa istituito nel 1999 – ha approvato il quinto rapporto di valutazione sull’Italia[1]. Tale documento rappresenta l’esito di una procedura di valutazione volta a verificare lo stato del diritto italiano in materia di contrasto alla corruzione. Il quinto rapporto, in particolare, si concentra sulla prevenzione della corruzione e la promozione dell’integrità nell’ambito dei governi centrali (funzioni esecutive di alto livello) e nelle forze dell’ordine[2]. Da precisare, preliminarmente, che il rapporto rappresenta l'esito di un lungo processo di valutazione e monitoraggio e non ha potuto tener conto delle recenti riforme che hanno portato all'abolizione dell'abuso d'ufficio e alla riscrittura del traffico di influenze illecite. 

 

2. La finalità del GRECO – come è noto – è quella di “monitorare il rispetto da parte degli Stati degli standard anticorruzione dell’organizzazione[3] e in particolare la conformità alla Convenzione penale sulla corruzione[4]. I principali obiettivi sono (1) contrastare la corruzione attraverso il monitoraggio della conformità della normativa interna agli standard anticorruzione del Consiglio d’Europa[5]; (2) identificare le carenze nelle politiche nazionali anticorruzione; (3) condividere best practices nella prevenzione ed individuazione della corruzione. La procedura di monitoraggio si fonda sulla reciproca valutazione da parte degli Stati partecipanti ed è articolata in due fasi: nella prima, tutti i membri sono sottoposti ad un ciclo di valutazione (c.d. “Evaluation round”) che si conclude con la formulazione di raccomandazioni finalizzate ad indicare allo Stato quali misure adottare per adeguare la propria legislazione alla normativa del Consiglio d’Europa (il documento oggetto del presente commento rappresenta l’esito di questo primo momento); nella seconda fase, invece, si verifica l’idoneità di queste misure a raggiungere gli obiettivi indicati. Tale giudizio viene poi sintetizzato in un rapporto (c.d. “compliance report”)[6]. Fino ad oggi, il GRECO ha avviato cinque cicli di valutazione. Il primo round”, varato il 1° gennaio 2000, ha trattato il tema dell’indipendenza, della specializzazione e dei mezzi a disposizione degli organismi nazionali impegnati nella prevenzione e nella lotta contro la corruzione, nonché la portata delle immunità. Il secondo, iniziato il 1° gennaio 2003, ha avuto ad oggetto l’individuazione, il sequestro e la confisca dei proventi di corruzione, nonché i meccanismi anticorruzione nella P.A., la prevenzione nell’uso di persone giuridiche come scudo per la corruzione, la legislazione fiscale e finanziaria per contrastare la corruzione ed i legami tra corruzione, criminalità organizzata ed il riciclaggio di denaro. Il terzo ciclo (1° gennaio 2007) ha riguardato le incriminazioni previste dalla Convenzione penale sulla Corruzione, dal relativo Protocollo addizionale e dal principio guida n. 2, nonché la trasparenza del finanziamento dei partiti. Il quarto “round” (1° gennaio 2012) ha focalizzato l’attenzione sulla prevenzione della corruzione nei confronti dei membri del Parlamento, dei giudici e dei pubblici ministeri (con particolare riferimento ai principi etici, alle regole di comportamento, alle norme in materia di conflitto di interesse). L’Italia è stata valutata per i primi quattro, implementando positivamente circa il 70% delle raccomandazioni del primo, secondo e terzo Ciclo. Con riferimento al quarto Ciclo, è ancora in corso la procedura di conformità (al momento, il nostro Paese ha implementato circa il 42% delle raccomandazioni) (§6).

 

3. Ma veniamo ora al rapporto oggetto del presente commento. L’obiettivo di tale documento – lo abbiamo già anticipato poco sopra – è quello di valutare l’efficacia delle misure adottate dalle autorità italiane per prevenire la corruzione e promuovere l'integrità nell’ambito dei governi centrali e nelle forze dell’ordine. La prima parte del Report si concentra quindi sulla prevenzione della corruzione tra coloro che hanno posizioni dirigenziali di alto livello (i c.d. “PTEF”): il Report fa riferimento in particolare al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri con e senza portafoglio, ai Sottosegretari di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai Sottosegretari di Stato, ai Commissari Straordinari del Governo e Speciali, nonché al personale degli Uffici di Diretta Collaborazione, che forniscono consulenze al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri (§1)[7]. In tale settore il documento evidenzia alcune carenze con riguardo ai meccanismi di segnalazione dei conflitti di interesse e delle incompatibilità dei membri del Governo. Segnatamente, dopo una analisi del sistema di governo italiano (struttura, status e remunerazione dei ministri, capi gabinetto…etc.), il Gruppo di valutazione (c.d. GET) segnala che, sia i membri del Governo, sia i membri degli Uffici di diretta collaborazione non sono soggetti a controlli specifici della propria integrità al momento della loro nomina. In particolare, i membri degli Uffici di diretta collaborazione vengono assunti ad assoluta discrezione del Ministro presso il cui Ministero andranno ad operare[8] (§ 33). Sempre con riferimento a tali soggetti, non è presente, inoltre, alcun obbligo di esclusività per alcune funzioni di supporto al Ministero (§ 34): per esempio, quelle svolte sulla base di contratti a termine o di consulenza. Relativamente alla verifica dell’incompatibilità del soggetto dirigente rispetto alla carica proposta, il GET segnala altresì che la normativa italiana richiede al funzionario di autodichiararsi estraneo a qualsiasi forma di incompatibilità, ma tali autodichiarazioni non considerano tutti i tipi di conflitti di interessi (§ 34)[9]. Il Report raccomanda quindi all’Italia di fare sì che la legislazione possa prevedere una valutazione sulla integrità per tutti i PTEF, oltre che una analisi sistemica dei rischi di corruzione che li riguardano(§48); al momento presente per la sola presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il documento del GRECO lamenta poi l’assenza di un Codice di condotta per alcuni PTEF[10] (i Ministri, i Viceministri, i Sottosegretari di Stato e i Commissari), raccomandando quindi l’adozione di tale strumento, affinché possano essere disciplinati in questa sede i potenziali conflitti di interessi e altre questioni che riguardano l’integrità (ad esempio, i regali, contatti con terzi, attività esterne, contratti con autorità statali, gestione delle informazioni confidenziali) (§57)[11].

Molto rilevanti sono inoltre le raccomandazioni in materia di trasparenza del processo legislativo e conflitto di interessi. Con riguardo al primo tema, il documento segnala la mancanza di una cornice normativa generale in grado di fornire indicazioni chiare sulla consultazione pubblica[12](§72). In particolare, il Report si concentra sul fenomeno del lobbying, sottolineando come non esista una disciplina generale di tale attività, ma solo regole specifiche adottate da singoli enti (§73)[13]. Con riferimento, invece, alla seconda tematica sopramenzionata, quella del conflitto di interessi, il GRECO segnala inoltre come ad oggi non esista nella legislazione italiana una definizione generale di conflitto di interessi e come, anche in questo ambito, la disciplina risulti frastagliata in base all’ambito d’interesse (§ 78 ss.). A questo proposito, va ricordato che tale criticità era stata evidenziata dal GRECO già nel rapporto relativo al Quarto Ciclo di Valutazione (§82).

Il documento in esame si concentra altresì sulla necessità di regolamentare la possibilità per alcuni PTEF di svolgere incarichi ulteriori rispetto a quelli assegnati dal Governo. In particolare, nel Report si segnala che, mentre i membri del Governo non possono esercitare altre funzioni o attività durante il proprio mandato, non esistono norme o restrizioni in vigore sull’esercizio di attività accessorie da parte dei membri degli Uffici di diretta collaborazione, tranne nel caso in cui venga applicato loro un Codice di condotta adottato dalla singola amministrazione. La disciplina relativa alle attività lavorative ulteriori rispetto agli incarichi di governo non sembra poter essere applicata alla generalità dei PTEF senza ambiguità e ciò risulta problematico[14](§ 85).

Una ulteriore tematica oggetto di attenzione è rappresentata dalla regolamentazione delle regalie. Il GET segnala lacune nella disciplina degli obblighi di dichiarazione dei redditi e degli interessi finanziari[15]. Secondo gli esaminatori del GRECO le disposizioni relative a questa materia andrebbero razionalizzate: mancano infatti regole univoche applicabili a tutti i funzionari, in particolare con riguardo alle situazioni in cui questi ricevono regali, utilità o inviti durante l’esercizio delle proprie funzioni (§ 90 ss.)[16]. Da ultimo, trattando il tema dell’accertamento della responsabilità e dell’esecuzione delle conseguenti sanzioni, il documento del GRECO si sofferma sui meccanismi di sanzionatori extra-penali. Il GET ha infatti avuto modo di rilevare che le sanzioni extra-penali, in particolare quelle disciplinari, non risultano applicate a tutti i PTEF in maniera uniforme ed effettiva. Conseguentemente il Report ribadisce la necessità di sanzionare i comportamenti quali la mancanza di integrità, il conflitto di interessi e la violazione degli obblighi di dichiarazione dei redditi percepiti[17].

 

4. Veniamo ora alla seconda parte del Report, relativa alla prevenzione della corruzione nell’ambito delle forze dell’ordine (personale della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, §1). In tale settore, il GRECO critica in primis l’assenza di un codice di comportamento specifico per la Polizia di Stato[18] (la cui applicazione sia poi resa effettiva)[19]. Si segnala altresì la necessità di introdurre procedure per fornire consulenza confidenziale al personale delle forze dell’ordine in su questioni etiche e di integrità (§ 195). Sebbene sia prevista una formazione iniziale relativa alla legislazione anticorruzione, all’etica della polizia, ai reati contro la pubblica amministrazione, ai doveri degli appartenenti alle forze dell’ordine e al comportamento da tenersi nella vita privata, il GET evidenzia l’assenza di canali istituzionalizzati per affrontare tali questioni durante l’effettivo esercizio delle funzioni[20]. Il GRECO rileva, infine, la necessità di conformarsi alla nuova direttiva europea in tema di whistleblowing, raccomandando lo svolgimento di attività di formazione e sensibilizzazione specifiche sulle misure di protezione dei whistleblowers all’interno delle forze dell’ordine (§ 299). Su quest’ultimo aspetto è importante sottolineare l’entrata in vigore del d.lgs. n. 24 del 10 marzo 2023, che ha recepito la direttiva (UE) 2019/1937 in materia di whistleblowing, innovando il panorama normativo in materia.

 

5. Prima di concludere questa breve sintesi dei contenuti del Report, ci pare significativo evidenziare come la Relazione del GRECO si apra con la presente constatazione: “l’Italia ha un quadro legale e istituzionale per la prevenzione e la lotta alla corruzione consistente che, tuttavia, risulta difficile da dominare, ciò andando a scapito della sua efficienza”. L’assenza di una regolamentazione specifica per il lobbying ed il conflitto di interessi è stata, per lungo tempo, al centro del dibattito pubblico[21], così come i progetti di legge in materia, i quali tuttavia non sono mai riusciti a superare il vaglio del Parlamento. La situazione risulta altresì aggravata dalla circostanza – non ancora conosciuta al momento della stesura del Report – dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio e della modifica – di carattere restrittivo[22] – dell’ambito di applicazione del reato di traffico di influenze illecite[23], entrambe per mano della legge Nordio (l. n. 114/2024). Quest’ultimo intervento, innestato in un ordinamento “di difficile dominazione”, non aiuta la creazione di un sistema anticorruzione uniforme ed efficiente. Il Report del GRECO mette infatti in evidenza come la legislazione anti-corruzione del nostro Paese si trovi quasi del tutto sprovvista di meccanismi preventivi di controllo del fenomeno corruttivo in ambito politico. D’altra parte, le recenti riforme in materia penale mostrano un sistema repressivo in arretramento[24]. In conclusione, la riduzione dell’ambito applicativo delle norme penali si innesta in un ambito in cui mancano gli strumenti preventivi di carattere extra-penale, specialmente con riferimento ai soggetti apicali. Tale quadro risulta allora estremamente critico e impone, una volta di più, una riflessione sull’indirizzo ultimamente imboccato dal nostro legislatore in questa materia.

 

 

 

[2] V. Report.

[3] Il funzionamento del GRECO è disciplinato dal suo Statuto e dal suo regolamento interno. Ciascuno stato membro può nominare fino a due rappresentanti (un capo delegazione ed un sostituto). L’Italia ha aderito nel 2007 ma la costituzione del gruppo trova la sua origine nel 1998, per maggiori informazioni: https://www.coe.int/en/web/greco/about-us/background.

[5] Sono tre i documenti costituenti la base normativi per l’individuazione degli standard normativi a cui gli Stati Membri devono conformarsi: (1) la Convenzione penale sulla corruzione (STE n. 73); la Convenzione di diritto civile sulla corruzione (STE n. 174) ed il Protocollo addizionale alla Convenzione penale sulla corruzione (STE N.191). In ambito penale, è rilevante la Risoluzione 24 sui venti principi guida per la lotta contro la corruzione, adottata nel 1997 dal Comitato dei Ministri.

[6] In linea con la prassi del GRECO, le raccomandazioni vengono indirizzate, tramite il Capo delegazione GRECO, alle autorità italiane, che stabiliscono le istituzioni/organismi nazionali responsabili per l’attuazione dell’azione richiesta. Entro 18 mesi dall’approvazione del presente rapporto, l’Italia invia un rapporto sulle azioni intraprese in risposta alle raccomandazioni del GRECO.

[7] I soggetti inclusi nelle valutazioni del quinto ciclo, secondo la definizione del Report, solo coloro che partecipino regolarmente allo sviluppo e/o all’esecuzione di funzioni governative, o forniscano consulenza al Governo su tali funzioni (queste ultime possono includere la determinazione e l’applicazione di politiche, l’applicazione delle leggi, la proposta e/o l’implementazione di misure legislative, l’adozione e l’implementazione di regolamenti/decreti normativi, le decisioni relative alle spese del Governo, le decisioni relative alla nomina di soggetti nell'ambito di funzioni esecutive dirigenziali di alto livello) – Cfr. Report, §17.

[8]In particolare perché il GET ha avuto la netta impressione, a seguito delle sue discussioni on site, che siano

maggiormente presi in considerazione i rischi per l’integrità e i conflitti di interessi a livello manageriale e finanziario

nell’ambito del quadro normativo italiano, di quelli connessi alle attività politiche” – Cfr. Report, §48.

[9] Per completezza, la verifica sul conflitto di interessi, incompatibilità e inconferibilità è presente solo per i membri del Governo. – Cfr. Report, §30.

[10] In quanto titolari di cariche politiche non sembrano essere soggetti al Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, ma a specifici codici adottati dalle amministrazioni competenti, evidenziando un sistema normativo frastagliato e non uniforme. – Cfr. Report, §48.

[11]l GRECO nota che i Ministri, i Viceministri, i Sottosegretari di Stato e i Commissari, in quanto titolari di cariche politiche, non sono soggetti al Codice di comportamento per i dipendenti pubblici, valido a livello nazionale, né ai codici specifici adottati dalle pubbliche amministrazioni. I membri degli Uffici di diretta collaborazione non sono direttamente sottoposti a questi codici, ma solo nella misura decisa dalle singole amministrazioni, che sono tenute a estendere a questa categoria l’applicazione di un codice, nella misura massima possibile. Questa situazione eterogenea non è soddisfacente. Il GRECO ha costantemente sostenuto che i PTEF debbano essere sottoposti a un codice che descriva la condotta che ci si aspetta da loro durante il processo decisionale del Governo. – Cfr. Report, §57.

[12]I rappresentanti della società civile che il GET ha incontrato hanno avuto esperienze divergenti nell’ambito della consultazione pubblica, in base ai ministeri con cui hanno lavorato. Hanno sottolineato che la scelta di effettuare la consultazione pubblica e i portatori di interessi invitati alle consultazioni pubbliche selettive erano troppo discrezionali.

Sembrava mancare un quadro generale in grado di fornire indicazioni chiare e la piattaforma per la partecipazione aperta, a quanto è stato detto, era sottoutilizzata. – Cfr. Report., §72.

[13] Alcuni ministeri (Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il Ministero dello Sviluppo Economico e il Dipartimento della Funzione Pubblica) hanno introdotto volontariamente registri dei lobbisti, alcuni hanno introdotto codici di condotta che i lobbisti sono tenuti a firmare. Alcuni Ministri e altri PTEF, inoltre, pubblicano volontariamente i propri ordini del giorno. – Cfr. Report, §73-74.

[14] A seguito della visita, le autorità hanno citato l’art. 53 del Decreto Legislativo 165/2001, che prevede che l’esecuzione di attività esterne debba essere autorizzata e che le attività autorizzate debbano essere pubblicizzate, ma questa norma non sembra applicabile a tutto il personale degli uffici senza ambiguità. Questa mancanza di norme comuni è considerata preoccupante dal GRECO.  – Cfr. Report, §89. Considerazioni relative alla mancanza di regole e trasparenza è fatta anche per il regime post- incarico (§97) e per quello di dichiarazione dei redditi (§112).

[15] Tale lacuna viene segnalata, in particolare, per il personale degli Uffici di diretta collaborazione.

[16]Il GET nota che non sono in vigore norme e riferimenti comuni per tutti i PTEF sul modo in cui gestire le situazioni in cui i regali, le utilità o gli inviti vengano offerti durante l’esercizio delle rispettive funzioni. Le sole norme esistenti sono quelle sui regali di rappresentanza (ma non su altri regali o inviti), che valgono per i membri del Governo, e quelle contenute nel codice di comportamento nazionale che, come precedentemente evidenziato, non è direttamente applicabile ai membri degli Uffici di diretta collaborazione. Inoltre, entrambi i regolamenti si concentrano unicamente sul valore dei regali e non sul contesto in cui vengono offerti” – cfr. Report, §92.

[17]Il GET nota che varie norme sopra descritte non prevedono sanzioni per i Ministri, un fatto che è stato confermato dalle discussioni in loco. Ciò avviene, in particolare, nell’ambito delle norme sull’incompatibilità previste dalla Legge n° 215/2004 e dal Decreto Legislativo n° 39/2013. Sia l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che l’ANAC hanno evidenziato il fatto che violazioni da loro accertate nei confronti di Ministri vengono comunicate ai presidenti di entrambe le Camere del Parlamento, ma non hanno conseguenze sui Ministri coinvolti.– Cfr. Report, §127.

[18]La Polizia di Stato non ha un codice di comportamento specifico. Il Piano per la prevenzione della corruzione e la trasparenza del Ministero dell’Interno fa riferimento al Codice di comportamento per i dipendenti del Ministero dell’Interno, che integra e specifica le misure contenute nel Codice di comportamento per i dipendenti pubblici a livello nazionale. Tuttavia, le autorità hanno segnalato che questo codice non è pienamente osservato e che ha solo un valore di ispirazione per la Polizia di Stato” – Cfr. Report (§182).

[19] Cfr Report, §182.

[20] Il personale, infatti, può solamente rivolgersi ai propri superiori e agli uffici centrali di ciascuna forza.

[21] S. Giavazzi – V. Mongillo – P.L. Petrillo (a cura di), Lobbying e traffico di influenze illecite. Regolamentazione amministrativa e diritto penale, Torino, 2019; G. De Nozza, Il delitto di traffico d’influenze illecite ed il confine con il lobbying, in questa Rivista, 22 settembre 2023.

[22] La dottrina in tema sembra unanime nel riferire che le modifiche del d.d.l. Nordio abbiano portato ad una “restrizione” dell’ambito applicativo dell’art. 346-bis c.p. Sul punto s. veda: M. Gambardella, L’abrogazione dell’abuso d’ufficio e la riformulazione del traffico d’influenze nel “disegno di legge Nordio”, in questa Rivista , 26 settembre 2023; R. Cantone – A. Milone, Le modifiche al traffico di influenze da parte del DDL Nordio; tutt’altro che mere precisazioni!, in questa Rivista, 10 gennaio 2024; V. Mongillo, Splendore e morte del traffico di influenze illecite, in questa Rivista, 22 marzo 2024; M. Gambardella, Abrogazione dell’abuso d’ufficio e rimodulazione del traffico d’influenze illecite nel d.d.l. “Nordio” (la versione approvata dal Senato nel febbraio 2024), in questa Rivista, 11 aprile 2024.

[23] Per una analisi della fattispecie di reato e delle sue criticità ante riforma si veda: V. Mongillo, Il traffico di influenze illecite nell’ordinamento italiano: crisi e vitalità di una fattispecie  a tipicità impalpabile, in questa Rivista, 2 novembre 2022; Per una analisi del disegno di legge: M. Pelissero, sulla proposta di abolizione dell’abuso d’ufficio e di riformulazione del traffico d’influenze illecite, in questa Rivista, 18 settembre 2023; R. Cantone, Ancora in tema di abuso d’ufficio e traffico di influenze illecite (d.d.l. Nordio), in questa Rivista, 19 settembre 2023.

[24] Da ultimo e in sintesi, si vedano i punti rilevati da G. Gatta, Abuso d’ufficio e traffico di influenze dopo la l. n. 114/2024: il quadro dei problemi di diritto intertemporale e le possibili questioni di legittimità costituzionale, in questa Rivista, 7-8/2024, (§2.2.).